19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

nizza-camion-attentato

di Massimo Nava

L’attacco moltiplica all’infinito i bersagli possibili, abbassa le difese. È lecito chiedersi perché un camion di tali dimensioni si trovasse nel centro della città

L’odio, il calcolo vile, lo spregio della vita, oltre l’immaginabile e purtroppo oltre il prevedibile. Questo ci racconta la terribile notte di Nizza, una notte che era di festa, nazionale e popolare, perché cosi i francesi celebrano il 14 luglio, fra balli nelle strade e fuochi d’artificio, nel cuore assolato delle vacanze nel Midi, un altro simbolo di un modo di vivere che il terrorismo ha voluto trasformare in simbolo di morte. Forse i paragoni con altri attacchi e altre tragedie, pensando alla discoteca Bataclan di Parigi o all’aeroporto di Bruxelles, possono sembrare fuori posto e in ogni caso superflui di fronte a tante vittime innocenti, ma la strage sulla Promenade des Anglais suggerisce considerazioni immediate, nonostante la ricostruzione ancora approssimativa di quanto avvenuto. La prima è l’evidente cambio di passo del terrorismo, che sembra avere scelto bersagli più facili, operazioni tecnicamente più perseguibili, proprio nel momento in cui le misure di sicurezza, il lavoro dell’intelligence, la maggiore sorveglianza dei luoghi sensibili, soprattutto nella capitale, hanno ristretto le maglie e le capacità offensive di cellule tutt’ora presenti sul territorio.
È oggettivamente più facile lanciare un camion su una folla in festa che non penetrare in un aeroporto. È oggettivamente più facile colpire una città minore rispetto alla capitale o ad altre città — da Marsiglia a Lione, da Tolosa a Lilla — dove si erano concentrate le forze di sicurezza in occasione degli europei di calcio.
La seconda considerazione riguarda appunto la scelta di una città come Nizza, bersaglio si é detto più facile, ma messaggio più devastante per chi ha come obiettivo la diffusione del panico e la distruzione della convivenza civile. Seminare morte nel corso di una festa popolare, colpire cittadini francesi, ma anche turisti e luoghi emblematici delle vacanze, le spiagge, i grandi alberghi, i lungomare entrati nella memoria di generazioni, significa pianificare un cinico disegno che va oltre l’attacco al cuore dello Stato e di un Paese. Perché l’attacco é indiscriminato, moltiplica all’infinito i bersagli possibili, abbassa drammaticamente le difese individuali e collettive, a prescindere dalla risposta dello Stato e dalle misure di sicurezza che, sia detto per inciso, forse anche questa notte hanno manifestato qualche falla. È troppo presto trarre indicazioni, mentre il bilancio della strage sale di ora in ora, ma è lecito chiedersi perché un camion di tali dimensioni si trovasse nel centro della città, in una zona transennata per la festa nazionale e appunto in un giorno festivo, in cui il transito di mezzi pesanti dovrebbe essere vietato.
Nizza colpita a morte non é soltanto un’attacco alla Francia. Senza tirare in ballo reminiscenze risorgimentali e garibaldine, Nizza é un po’ nostra perché abitata da tanti italiani, perché si parla italiano, perché é frequentata da italiani durante le vacanze, perché sapremo oggi se ci sono anche italiani fra le vittime. Ma Nizza non é soltanto turismo, grand hotel, casinò e spiagge affollate. A Nizza, come in tanti centri della Costa Azzurra, si sono moltiplicati nel corso degli anni i fenomeni di criminalità, emarginazione giovanile, proselitismo religioso e radicalismo islamico che tante volte abbiamo raccontato nelle periferie di Parigi. È una realtà sociale devastata, che appena si percepisce osservando i mostruosi casermoni di cemento lungo l’Autoroute du Midi, e che ha alimentato l’insicurezza della popolazione, soprattutto anziana, e il successo del Front National di Marine Le Pen. È in questa miscela esplosiva che il terrorismo è probabilmente riuscito a infiltrarsi.
La strage di Nizza é un colpo terribile per la Francia. Dopo gli attentati dello scorso anno, il Paese cominciava a ritrovare la forza di andare avanti, se non proprio la normalità della vita quotidiana. Si può e si deve convivere anche con l’emergenza, con il dolore, con la memoria delle sofferenze. Gli Europei di calcio, sia pure intristiti dalla beffa della sconfitta finale, si erano svolti complessivamente con ordine e serenità, ad eccezione delle intemperanze degli hooligans inglesi e croati a Marsiglia. Stadi pieni, folle nelle piazze davanti ai maxischermi, la festa di popolo determinata da uno dei piccoli miracoli del calcio, che aveva regalato anche l’illusione dello scampato pericolo.
La Francia ferita arrotola con mestizia il tricolore del 14 luglio, trasformato in giornata di lutto nazionale. Ma é bene ricordare che l’anniversario della Bastiglia é anche il contenitore ideale della dichiarazione dei diritti dell’uomo, di valori cui si ispira la costruzione dell’Europa, di un’Europa debole e discussa alla quale i morti di questa notte chiedono di ritrovare subito coesione, capacità operativa, volontà di costruire almeno un’intelligence comune. Potrebbe già essere tardi.

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