19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Aldo Cazzullo

Ci fu un tempo in cui la Francia era la «fille aînée de l’Eglise», la primogenita della Chiesa; e il suo sovrano era il «re cristianissimo». I cavalieri francesi presero Gerusalemme; e il sangue scorreva fino alle ginocchia. Negli stessi anni vennero innalzate le grandi cattedrali gotiche. Poi, certo, i rivoluzionari ridussero Notre-Dame in rovina, e vagheggiarono di farne un tempio alla dea Ragione; ma poi a ricostruirla, prima dell’architetto Viollet-le-Duc, arrivò un romanzo, l’amore impossibile di un gobbo per una zingara, scritto da un giovane di 29 anni, Victor Hugo. Quando Nizza divenne francese — pagata con il sangue versato per la causa italiana a Magenta e a Solferino — come prima cosa si decise di costruirvi una cattedrale gotica. Il modello fu ovviamente Notre-Dame di Parigi, con il rosone e tutto; e Notre-Dame de Nice fu chiamata (l’abside è invece copiato dall’abbazia di Angers, capitale degli Angioini).La legge sulla laicità dello Stato è del 1905. E il Novecento è stato per la Francia un secolo laico. Ma quando padre Hamel fu sgozzato sull’altare (26 luglio 2016), quando Notre-Dame bruciò e parve sul punto di crollare (15 aprile 2019), allora la Francia ha ritrovato la sua infanzia cattolica, le sue radici spirituali. Perché c’è un filone che da san Luigi, il re morto di peste a Tunisi nell’ultima crociata (non prima di aver portato in patria la corona di spine della crocifissione), arriva sino alla croce di Lorena simbolo del cattolicissimo de Gaulle, attraverso il mito della santa che salvò il popolo, Giovanna d’Arco; e il boia inglese che frugò tra le ceneri del rogo di Rouen trovò il suo cuore intatto (o almeno così si insegna ai bambini francesi). Quando nel ’65 Mitterrand fu battuto al ballottaggio da de Gaulle, sui manifesti elettorali aveva una ciminiera fumante; ma quando nel 1981 vinse, dietro lo slogan «la force tranquille» aveva il campanile di una chiesa. E l’unico laico invitato al Concilio Vaticano II fu Jean Guitton, che Paolo VI — legatissimo anche a Jacques Maritain — chiamava Guittone, italianizzandone il nome come se fosse un santo o un filosofo medievale.
L’assassinio nella cattedrale, da Thomas Becket a Canterbury sino a monsignor Romero in Salvador, non è solo una suggestione letteraria, non è solo un vile atto sacrilego; stavolta è anche un attacco all’anima profonda del Paese cui l’Italia è storicamente più vicino, in una città, Nizza, già violata dal terrorismo islamico nel giorno della festa nazionale del 14 luglio. Anche per questo — e non solo per il vergognoso dettaglio dell’approdo a Lampedusa dell’assassino e della sua partenza indisturbata verso il delitto — la campana di Notre-Dame de Nice suona pure per noi.

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