20 Febbraio 2025
europa

La situazione internazionale non ci consente di fuggire dalla realtà. L’Europa ora deve imparare ad aiutarsi da sola

Adesso che l’incubo è diventato realtà, adesso che Trump e soci hanno mandato in pezzi i rapporti inter-atlantici e l’Europa si ritrova nuda alla meta, il pericolo più grave che corriamo è che le opinioni pubbliche di diversi importanti Paesi europei, quali che siano gli allarmi lanciati dai leader, cerchino di nascondere la testa sotto la sabbia, si rifiutino di guardare in faccia la realtà. Naturalmente non può essere il caso (per riferirci solo a Paesi dell’Unione europea) delle opinioni pubbliche di Polonia, Finlandia, Svezia, Baltici, che, per collocazione geografica, potrebbero essere, dopo l’Ucraina, le prossime vittime di Putin. Sono le opinioni pubbliche di altri Paesi europei (Italia compresa) il problema. Il pericolo maggiore, nonostante le apparenze, non è rappresentato dai rumorosi avversari del sostegno occidentale all’Ucraina che si sono dati tanto da fare fin dai primi giorni dell’invasione russa. Costoro si dividevano (e si dividono) in due categorie. La prima era ed è composta dagli antioccidentali (filorussi e, tradizionalmente, antiamericani). Di destra e di sinistra. Per inciso, molti di coloro a cui oggi piace Trump lo apprezzano proprio perché va contro all’America che era sempre stata difesa dai filoamericani europei.
La seconda categoria era ed è composta dai Peter Pan, quelli che credono che basti dichiarare che non vogliamo nemici perché i nemici scompaiano di colpo, quelli che non vogliono crescere, che non vogliono abbandonare l’isola che non c’è. Per inciso, i membri di entrambe le categorie strilleranno come aquile quando bisognerà passare dalle parole ai fatti, ossia aumentare massicciamente le spese militari. Ma non sono loro il vero pericolo.
Il vero pericolo è rappresentato da ciò che, nelle nuove condizioni, passerà per la testa del cittadino comune. Tranne i vecchissimi, la schiacciante maggioranza dei cittadini europei non solo non è mai stata coinvolta in una guerra ma non ha nemmeno mai pensato che un giorno avrebbe potuto rischiare di doversi assoggettare ai voleri di una potenza autoritaria, a sua volta assoggettata a un tiranno. Che è quanto potrebbe accadere a diversi Paesi europei nei prossimi anni se gli europei non riusciranno (e in fretta) a correre ai ripari. L’antico sponsor delle democrazie (gli Stati Uniti) sembra deciso ad abbandonarci in pasto ai lupi. La nuova Amministrazione americana la pensa, sull’Europa, come Putin. L’Europa (come ha chiarito benissimo il vicepresidente americano James David Vance) deve mettersi a cuccia. Il rischio è che il cittadino comune dica «Perché mai tutto ciò dovrebbe riguardarmi?», che non si renda conto che anche la sua vita quotidiana potrebbe essere sconvolta per effetto del nuovo «grande gioco» fra le grandi potenze, impegnate in una spartizione delle zone di influenza (in cui l’Europa diventa o può diventare merce di scambio). Venuta meno la solidarietà euro-atlantica, da un lato cresceranno i pericoli di una guerra generale (che, come mostra la storia, è spesso l’esito di quel tipo di gioco internazionale) e , dall’altro, le nostre democrazie, avendo perduto l’ancoraggio internazionale degli ultimi ottanta anni, si troveranno a navigare in acque sempre più turbolente. Come l’economia europea. La questione dei dazi va al di là dei dazi. Segnala che l’alleato europeo non è più tale. Il benessere economico dell’Europa potrebbe non essere più garantito. Con effetti politici destabilizzanti.
Naturalmente, la reazione del cittadino comune va compresa.Le persone non hanno voglia di sentirsi dire che sono a rischio le condizioni che hanno garantito loro, fino ad oggi, una vita tranquilla. Mettere la testa sotto la sabbia serve a dominare l’ansia. Ma se non si riuscirà a convincerle che il mondo è cambiato, i leader europei non disporranno della forza che serve per innovare, per trovare le soluzioni utili al fine di ridare sicurezza all’Europa.
Tanto più che non solo quello che ho chiamato, con una espressione generica, «cittadino comune», ma anche settori della opinione pubblica che si suole definire «qualificata», rischiano di adottare lo stesso atteggiamento, di scegliere la fuga dalla realtà. Fuga dalla realtà significa tentare di nascondere a se stessi i tanti rischi che nelle nuove condizioni l’Europa può correre (rischi di nuove guerre convenzionali, aumento del terrorismo, possibilità di cadere nell’area di influenza russa). Ci sono persone con elevato livello di istruzione e con una discreta attenzione ai fatti pubblici (leggono giornali, cercano, in vari modi, di essere informati) che — anche loro nel tentativo di dominare l’ansia — faticano a valutare in modo realistico le novità. Sono quelli che, ad esempio, dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina hanno pensato (irrealisticamente) che una volta cessato il fuoco, il mondo, il loro mondo, sarebbe tornato ad essere quello di prima. Sono quelli che non colgono quanto la stabilità delle nostre democrazie sia fin qui dipesa dalla stretta alleanza fra Europa e Stati Uniti. Sono gli stessi, per inciso, che fanno di tutto per non vedere quali rischi mortali comportino per le nostre società l’estremismo islamico nonché il fatto che, in questa fase, alla Russia e alla Cina faccia comodo che esso minacci le società europee. La fuga dalla realtà non riguarda dunque solo i pubblici più o meno disinformati. Riguarda anche una parte di coloro che, almeno in teoria, possiedono gli strumenti per capire che cosa sia diventato il mondo nuovo.
Si potrebbe suggerire ai sondaggisti di porre al pubblico italiano la seguente domanda: sareste favorevoli a dirottare i fondi del Pnrr non ancora investiti per rafforzare la difesa missilistica del Paese? Naturalmente, bisognerebbe anche specificare a quali altri beni (asili nido, eccetera) l’Italia dovrebbe in tal caso rinunciare.
Occorre, come tanti giustamente dicono, che l’Europa impari ad aiutarsi da sola (visto che non può più contare, almeno finché Trump governerà, sull’aiuto americano). Ma i leader europei non potranno nulla se non riusciranno a trascinarsi dietro le opinioni pubbliche.
All’epoca della Guerra fredda una «cortina di ferro» (Winston Churchill dixit) separava l’Europa occidentale dal nemico. Nessuno poteva immaginare che, un giorno, al posto del ferro ci sarebbe stato il burro.

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