Le utopie e la storia: parole che hanno rappresentato la speranza per l’umanità sono state tradite e negate nella pratica
Lungo la storia dell’umanità, sono apparsi ideali possenti, che si sono rivelati capaci di catturare aspirazioni e sogni, entusiasmare e mobilitare generazioni, per la creazione di un mondo che appariva migliore. Sono state parole attorno alle quali quasi si è aggregato il meglio dell’umanità. Spesso questi ideali e queste parole sono riusciti a contribuire a cambiare il mondo, offrendo all’umanità una straordinaria forza di liberazione. Questi stessi ideali, nel volgere della storia, sono poi spesso stati usati per opprimere, mantenere il dominio, spesso creando miseria e sofferenza. La forza progressista che ha permesso a questi ideali di migliorare il mondo, e portare nuove strutture al potere, si è spesso evoluta in una forma di legittimazione ideologica che il nuovo potere ha usato per conservarsi e opprimere. Ecco qualche esempio, preso qui e là a caso nella storia.
Nei secoli in cui si diffonde nell’impero romano, il cristianesimo porta con sé una forte carica sociale: il riconoscimento dell’umanità e della dignità dei deboli. Secoli dopo, lo stesso cristianesimo, ora saldamente al potere, servirà come copertura ideologica grazie a ideali come la diffusione della verità e della carità cristiana, o la salvezza delle anime, per giustificare il diritto degli europei a soggiogare e distruggere con estrema violenza vaste popolazioni non cristiane nelle Americhe. In Cina, il Confucianesimo nasce come dirompente rottura della esclusività del potere della corte: per la prima volta, chiunque può diventare un uomo di lettere, un erudito, con lo studio e il rispetto. In questo modo chiunque può accedere per merito fino ai gradini più alti delle scale gerarchiche. Dopo essere stato adottato, poi respinto, poi perseguitato, e infine adottato di nuovo come ideologia dal potere imperiale, il Confucianesimo diventa l’etica che legittima la gerarchia sociale e lo stesso potere imperiale: da progressivo si è ribaltato in conservatore.
Nel formarsi della civiltà del Medioevo europeo, ideali di onore e fedeltà strutturano e tessono la vita sociale del continente, rendendola più civile, ma diventano poi strumenti di legittimazione ideologica dell’aristocrazia, che si considera la portatrice della civiltà. Nel 1789 l’Assemblea Nazionale francese vota la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. «Gli uomini nascono e rimangono liberi ed eguali nei diritti». È l’universalismo della Rivoluzione Francese, a cui il mondo moderno deve molto. Nasce come atto politico rivoluzionario contro il potere oppressivo dell’aristocrazia dell’Ancient Regime. Mobilità la popolazione francese, i «citoyens», i «cittadini», contro questa oppressione, e costruisce una nuova società, più egualitaria. Due secoli dopo, l’universalismo francese viene denunciato dalla decolonizzazione come strumento oppressivo di legittimazione del colonialismo.
Durante il diciannovesimo secolo, nazionalismo e idea di Patria sono forze ideali che trascinano generazioni a ribellarsi a opprimenti poteri stabiliti, e costruire le nazioni moderne. Mazzini e Garibaldi li incarnano in Italia. «Si fa l’Italia o si muore», «La patria prima di noi stessi», sono generose incitazioni a collaborare per il bene comune. Lo stesso nazionalismo, evolve rapidamente nel fascismo in Italia, Spagna e Germania, con esiti catastrofici ben noti. L’ideale della libertà, bandiera della resistenza nel nostro paese e della lotta contro il totalitarismo nazi-fascista, e poi qualche decennio dopo massimo ideale della mia generazione e della sua piccola rivoluzione culturale, si trasforma un paio di decenni più tardi nell’idea affaristica della libertà di occuparsi solo di se stessi e non pagare le tasse. Lungo tutto il diciannovesimo secolo, un profondo anelito di giustizia sociale si incarna negli ideali del socialismo e del comunismo. Il comunismo va al potere in Russia grazie a un grande afflato ideale per la costruzione di una società giusta e di un «uomo nuovo», migliore. Nel giro di poco tempo, questi stessi ideali vengono usati per reprimere duramente dissenso interno e nelle aree del mondo controllate dal potere sovietico.
E oggi? Oggi, l’ideale della democrazia, con il sistema di diritti associati, come libertà di parola, libertà di stampa, libertà individuali eccetera, giusto vanto dei paesi occidentali, è diventato il nuovo argomento per legittimare il potere armato e il dominio politico di poche nazioni sulle molte altre, e per attaccare o contenere con le armi chiunque non si inchini al dominio politico di questo piccolo gruppo di nazioni. L’ideale della democrazia è sbandierato continuamente per legittimare la gestione meno democratica possibile della comunità mondiale.
Tutto questo non toglie valore alle grandi parole che hanno rappresentato e rappresentano i grandi ideali dell’umanità: fratellanza, giustizia, libertà, uguaglianza, democrazia, socialismo, comunismo, patria, onore, fedeltà, e molti altri. Ma queste considerazioni ci devono, io penso, rendere consapevoli della complessità dei nostri rapporti politici e culturali, e, spero, un po’ meno allocchi nel ripetere pappagallescamente il nome di qualche grande ideale, senza chiederci come venga usato. O, almeno, un po’ più smaliziati nello vedere l’ipocrisia. Quella dei cristiani che si sono impossessati delle Americhe per la gloria di Cristo, quella dell’Europa che ha soggiogato il mondo per portare la luce dei suoi valori universali, quella delle purghe dello stalinismo eseguite in nome del bene della collettività. E, certo non ultima, quella dell’attuale sbandierare parole come Democrazia e Libertà, per dare una ipocrita giustificazione ideologica alla aggressiva difesa armata di quello che rimane del predominio economico sul mondo, erede del colonialismo, del piccolo gruppo dei paesi oggi più ricchi.