Al Consiglio europeo è iscritta all’ordine del giorno al possibilità di realizzare barriere. Ma Tajani frena: “Serve intervenire in Africa”. Palazzo Chigi avrebbe contrattato la possibilità di azioni militari congiunte delle forze navali
Costruire muri per fermare i migranti, con i soldi dell’Unione europea. Su quello che sembrava un tabù infrangibile, si apre una prima ma molto larga crepa. Oggi, sarà il Consiglio europeo a discuterne formalmente la possibilità. Il via libera all’inserimento nell’ordine del giorno della riunione straordinaria è arrivato ieri dall’incontro degli ambasciatori che preparano i lavori del summit.
E l’Italia non si è opposta. Palazzo Chigi ha dato esplicitamente il via libera. Nessuna contrarietà. Anzi, la scelta è stata studiata. Un “do ut des”: per avere in cambio qualcosa. In particolare, il riconoscimento che le vie marittime della migrazione, quelle che toccano direttamente il nostro Paese, hanno una loro «specificità».
Una formula su cui l’esecutivo Meloni ha insistito. E non a caso. È considerata la porta principale da cui far passare una “svolta”, anche militare, nel controllo dei flussi migratori. Un modo per conquistare uno spazio rispetto alle richieste di partenza della destra italiana e non rompere quel filo ideale che ha sempre legato Fdi e Lega ai sovranisti di Ungheria e Polonia. Anche se la linea sta provocando una frattura nell’esecutivo. Il ministro degli esteri, Antonio Tajani, ha infatti fatto sapere che «non dobbiamo finanziarie muri ma un’azione forte in Africa».
Nella bozza del documento finale, però, compare sia il percorso “edile” già invocato in passato soprattutto dall’ungherese Viktor Orban – in passato decisamente in sintonia con Giorgia Meloni – sia il concetto della «specificità» marittima. «È probabile – ammette allora lo staff della presidenza del Consiglio europeo – che il dossier sul finanziamento dei muri sia sul tavolo del summit europeo».
Già nei mesi scorsi, nonostante la netta contrarietà politica della Commissione e della sua guida, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, aveva chiarito che non esiste alcun divieto giuridico in merito alla possibilità di finanziare barriere mobili o permanenti contro l’ingresso clandestino di extracomunitari. E stavolta un fronte molto ampio, dall’Ungheria all’Austria, ha insistito che proprio in virtù dell’assenza di una proibizione legale, si inserisse nelle conclusioni del vertice straordinario l’ipotesi di pagare con i soldi di tutti i cittadini europei la costruzione dei muri anti-migranti.
Una «formulazione specifica» che arriva sull’onda di una situazione che viene considerata emergenziale. Di certo, la guerra in Ucraina ha amplificato l’urgenza. In secondo luogo, nonostante i proclami del centrodestra, i numeri degli arrivi in Europa e in Italia sono di nuovo in crescita e hanno superato i dati del 2015-2016.
Resta il fatto che la presidente del consiglio italiana ha dato il suo ok all’idea di costruire un muro nel cuore d’Europa, barattandolo con l’idea di poter conquistare uno spazio comune nel Mediterraneo. Nel documento finale è scritto esplicitamente che la migrazione «necessita una risposta europea». Sebbene la momento Palazzo Chigi ritenga di sfruttare l’apertura sulla «specificità» delle vie marittime dei migranti chiedendo interventi “mirati” dal punto di vista del sostegno economico, da quello giuridico connesso al Paese di primo approdo e quindi alla redistribuzione degli extracomunitari, nel dossier italiano c’è anche una seconda e successiva possibilità. Quella di misure operative in mare. Dalla rivalutazione della missione “Sophia” con navi militari europee fino al famigerato “blocco navale”, di cui spesso ha parlato l’attuale premier. Una soluzione da tenere pronta all’occorrenza.
E la «specificità» marittima è giudicata il grimaldello per future opzioni di questo tipo. Anche sul piano delle misure economiche e del sostegno alle imprese europee, il via libera italiano allo scambio tra flessibilità sull’uso dei fondi europei e più aiuti di Stato, rientra nello schema.
Poi certo l’agenda, come ha scritto Charles Michel nel suo invito ai leader, si concentrerà «sulla dimensione esterna della migrazione, migliorando i rimpatri e le riammissioni, controllando meglio le nostre frontiere esterne». Il punto cruciale è che può essere violato, per la prima volta dopo il 1989 berlinese, un principio che sembrava inviolabile: mai più nuovi muri.