22 Novembre 2024
meloni funerali berlusconi

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Nel Duomo di Milano raccolta la storia politica dell’ultimo trentennio. La leader pubblica un video in cui promette: ti renderemo orgoglioso. La liturgia è rispettata. Renzi: le manca solo di salire su un predellino

Nel Duomo di Milano è raccolta la storia politica dell’ultimo trentennio. Il volto di ogni leader è come lo stendardo di altrettante battaglie, vissute da una parte e dall’altra della barricata. Come reduci di guerra si accomiatano da Silvio Berlusconi e da un pezzo della loro vita. Insieme voltano la pagina che hanno contribuito a scrivere, in attesa di capire come verrà riempita la prossima. Perciò l’attenzione è concentrata su Meloni, che simbolicamente tende la mano per raccogliere il testimone. I segni sono inequivocabili. La premier — dopo la lettera al Corriere — pubblica sulla rete un video commemorativo del Cavaliere in cui promette che non lo dimenticherà e che lo renderà orgoglioso. E in attesa di varare in sua memoria il pacchetto di riforme sulla giustizia, sul sagrato del Duomo abbraccia e bacia i figli del fondatore del centrodestra.
La liturgia è rispettata fino in fondo, «le manca solo di salire su un predellino», sussurra Renzi. Ma per assumere l’eredità politica di Berlusconi anche un solo passo non sarà piccolo e nemmeno facile, siccome il Cavaliere è stato il sistema metrico-decimale della Seconda Repubblica «e ora — spiega il governatore ligure Toti — bisognerà inventare un’altra unità di misura per andare avanti». Bisognerà capire come reagirà Fratelli d’Italia e come reagirà Forza Italia che — visti i presenti alla funzione religiosa — è un mondo molto più vasto e composito della percentuale che detiene. Resistenze personali si sommeranno a differenze politiche e culturali, pertanto non è scontato l’esito dell’operazione. Se si darà vita a una variante e l’intesa con Meloni sarà mediata da una lista alleata ancorata al Ppe. Una cosa è certa: ora che il numero di Arcore non squilla più, in tutti si scorge l’urgenza. Quasi fosse una emergenza.
Ma per due ore l’assillo resta fuori dal portone del Duomo. In chiesa ognuno si raccoglie pensando ai suoi trascorsi con Berlusconi. Chissà se la premier avrà ricordato quando — da giovane ministro — aderì alla battaglia del Cavaliere contro i «mostri architettonici» disegnati dalle «archistar di sinistra». «Mi hanno messo in croce con una serie di appelli per le villette che ho fatto allestire a l’Aquila dopo il terremoto. Ma Giorgia mi fa notare che sono gli stessi che hanno progettato quartieri come lo Zen a Palermo». E in pieno Consiglio dei ministri si sentì «Giorgia» esclamare: «Bravo presidente, buttali in mezzo alle tende ‘sti falsi potenti». O forse Meloni — da capo del governo — avrà pensato all’ultimo litigio con Berlusconi a causa della guerra: «Silvio ma non mi puoi dire certe cose. Mi sembra di sentire la propaganda russa». La telefonata finì male. Poi arrivò la ricomposizione.
La storia di Berlusconi incrocia le storie dei presenti. Casini, che fu contemporaneamente alleato e avversario del Cavaliere, avrà rammentato le parole che gli giunsero dal vertice del centrodestra quando il suo partito volle e ottenne una crisi lampo di governo. «E va bene, dovrei mandarvi a quel paese. Ma siccome sono una persona educata — sorrise a denti stretti Berlusconi — manderò a voi e al vostro amico Pier delle cartoline dalle Bermuda». Il fatto è che, a volte, la realtà aumentata del Cavaliere si trasformava in verità che non coincideva con la realtà. La nomina di Draghi alla Bce, per esempio, faceva parte del catalogo. Non si sa se all’ex governatore la cosa sia passata per la testa durante la cerimonia. Berlusconi ha sempre detto di essere stato lui ad indicarlo ai partner europei e «Supermario» non ha mai sconfessato la versione. Sebbene la proposta fosse arrivata da Sarkozy.
La cerimonia degli addii si consuma tra ricordi e sospiri. E quando Mattarella entra nel Duomo tutti capiscono che la storia si è compiuta definitivamente. Il capo dello Stato rende omaggio a trenta anni di confronti politici e di legittimi conflitti, che si intersecano nei passaggi della bicamerale per le riforme ai tempi di D’Alema e si concludono con l’elezione al Quirinale. Ma il suo ruolo è stato fondamentale nella vicenda politica del Cavaliere.
Se Berlusconi è diventato Berlusconi lo deve a Mattarella, alla sua legge elettorale: il Mattarellum che pose fine alla stagione proporzionale. Fu il Mattarellum che consentì infatti al Cavaliere di arrivare a Palazzo Chigi e di diventare l’alfiere del sistema bipolare, l’interprete di una stagione che non è più finita, nonostante il cambio di modello per il voto. E sarà una coincidenza ma sul sagrato, per dare l’ultimo saluto a Berlusconi, Mattarella e Meloni sono fianco a fianco: da una parte chi con la sua legge elettorale aprì la sua fase politica; dall’altra chi vorrebbe ereditarla.

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