Il 2% dell’occupazione globale è in pericolo a causa d’inflazione, rallentamento economico e carenze di approvvigionamento. Digitalizzazione e transizione energetica offrono nuove opportunità, ma urge una riqualificazione professionale. L’intelligenza artificiale? Minaccia le mansioni impiegatizie e di segreteria, ma avrà un impatto globale positivo
Il 2% dell’occupazione globale è in pericolo a causa d’inflazione, rallentamento economico e carenze di approvvigionamento. Digitalizzazione e transizione energetica offrono nuove opportunità, ma urge una riqualificazione professionale. L’intelligenza artificiale? Minaccia le mansioni impiegatizie e di segreteria, ma avrà un impatto globale positivo
Nei prossimi cinque anni quasi un quarto dei posti di lavoro è destinato a subire modifiche per adattarsi alle incombenti transizioni gemelle, digitale ed energetica. La trasformazione non sarà indolore: di qui al 2027 nasceranno 69 milioni nuovi impieghi nel mondo, ma ne scompariranno 83 milioni. Il saldo sarà quindi negativo per 14 milioni, pari al 2% dei 673 milioni di posti di lavoro.
La stima è frutto di un sondaggio svolto dal World Economic Forum all’interno di un campione rappresentativo: 407 aziende che impiegano oltre 11,3 milioni di lavoratori in 45 Paesi. C’è quindi di che preoccuparsi, anche perché la fosca previsione sui dati occupazionali proviene da un’organizzazione influente e tradizionalmente ottimista.
A dispetto dei timori di Elon Musk, però, la colpa non sarà dell’intelligenza artificiale, ma dell’inflazione, del rallentamento della crescita economica e delle carenze di approvvigionamento. Il progresso tecnologico e la conseguente digitalizzazione, certo, imporranno un radicale mutamento del lavoro.
Ruoli impiegatizi e di segreteria – come sportellisti di banca, cassieri e addetti all’inserimento di dati – sono destinati a essere progressivamente automatizzati. Nuovi sistemi di AI come ChatGpt hanno poi dimostrato di poter svolgere anche mansioni comunicative che in passato sembravano appannaggio dell’umanità.
L’impatto non va però sovrastimato. Secondo le imprese sondate, circa un terzo delle mansioni è oggi automatizzato, appena l’1% in più di tre anni fa. Rispetto all’ultimo rapporto sul futuro del lavoro del Wef, inoltre, le aspettative di ulteriore automazione sono state riviste al ribasso: se nel 2020 si prevedeva che i robot avrebbero svolto il 47% delle mansioni già nel 2025, oggi si è scesi al 42% entro il 2027.
Il 50% delle imprese prevede in ogni caso che l’intelligenza artificiale finirà per aumentare l’occupazione, mentre solo il 25% teme la sostituzione massiccia di dipendenti. Stesso discorso vale per la transizione energetica che pure creerà più posti di lavoro di quanti ne distruggerà. In entrambi i casi, però, il bilancio positivo dipenderà dalla capacità di governi e imprese di favorire la riqualificazione della forza-lavoro.
Le aziende segnalano che le lacune nelle competenze e l’incapacità di attrarre talenti sono i principali ostacoli alla trasformazione. Sei lavoratori su 10 avranno inoltre bisogno di formazione prima del 2027, ma si ritiene che oggi solo la metà dei dipendenti abbia accesso a opportunità adeguate. I Paesi che riusciranno a fornirne godranno di un indubbio vantaggio competitivo.
I posti di lavoro in più rapida crescita sono infatti legati anzitutto all’intelligenza artificiale, nei suoi lati positivi e negativi: serviranno più specialisti dei dati per addestrarla, più esperti di cybersicurezza per difendersi dai suoi utilizzi impropri. La domanda di questi professionisti aumenterà del 30% al 2027, creando competizione fra le imprese per accaparrarsi competenze al momento scarse sul mercato del lavoro.
Gli investimenti nella transizione energetica apriranno invece nuove opportunità per specialisti della sostenibilità, ingegneri delle rinnovabili, professionisti della protezione ambientale. In questo ambito si creeranno oltre un milione di posti di lavoro nei prossimi cinque anni, il secondo maggior incremento in percentuale dopo quello previsto nel campo del commercio digitale. Di nuovo, ciò richiederà un potenziamento della formazione non solo delle nuove generazioni ma anche del personale già in attività.
Non stupisce allora che l’occupazione nell’istruzione sia destinata a salire di 3 milioni in parte proprio per rispondere alle esigenze di riqualificazione professionale. In assoluto, però, la maggior crescita si registrerà nel settore dell’agricoltura: in particolare gli operatori di macchine agricole, i selezionatori e i cernitori, registreranno un aumento del 15%-30%, con un conseguente aumento di 4 milioni di posti di lavoro.