Fonte: Corriere della Sera
di Dino Martinaro
Il presidente del Senato: «È nel programma del Pd». Ma tra centristi e Forza Italia cresce la protesta. Orfini (Pd): «Un patto per le correzioni ? Io non l’ho fatto»
Altolà del presidente del Senato Pietro Grasso a chi, in Forza Italia e tra i centristi, ma anche nel Pd, chiede al governo un decreto correttivo del nuovo codice antimafia con l’intento di mettere in sicurezza i «colletti bianchi» indiziati di corruzione dalle misure di prevenzione antimafia. «Se si tratta di valutare l’applicazione della legge nessun problema — ha detto Grasso —. Se però arriva un decreto che tra due settimane cambia la legge allora sarebbe un segnale negativo, un boomerang per le forze politiche che l’hanno approvata». Ricordando che il codice antimafia è «nel programma del Pd», il presidente del Senato — che da magistrato è stato giudice a latere dello storico maxi processo contro Cosa nostra — ha voluto comunque rassicurare chi teme un’ondata giustizialista: le misure di prevenzione si applicano «quando si tratta di un sistema corruttivo, quando c’è una rete e una reiterazione delle condotte», perché «si tratta di bloccare i soldi che finiscono nei paradisi fiscali e poi non si trovano più».
Brunetta: «Aberrazione giuridica»
Col nuovo codice antimafia varato mercoledì, dunque, si estendono le misure di prevenzione personali e patrimoniali anche agli indiziati di associazione a delinquere finalizzata ai reati contro al pubblica amministrazione (corruzione, concussione, peculato). «Un’aberrazione giuridica», per il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, che dice di essere «molto preoccupato perché si consente di confiscare beni senza sentenze passate in giudicato ma solo con attività istruttorie». Mentre Ernesto Auci, deputato di Scelta civica, parla di «follia» perché «basta il solo sospetto di corruzione prima ancora del rinvio a giudizio per vedersi sequestrare i propri beni». Negativo anche il giudizio di Fabrizio Cicchitto (Ap) che, unito ai mille mal di pancia interni al Pd, ha prodotto un ordine del giorno dem, approvato dalla Camera, che impegna il governo a monitorare l’applicazione della legge e, semmai, ad aprire la strada a un decreto correttivo.
Finocchiaro: gli effetti andranno monitorati
Ma Matteo Orfini, presidente del Pd, frena: «Se c’è un patto non l’ho fatto io». E il ministro per i rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, rassicura i suoi interlocutori: «Ora si estende la possibilità del sequestro e della confisca dei beni ai casi in cui i reati contro la pubblica amministrazione sono collegati a un’associazione criminale, quando esiste una organizzazione che si occupa ad esempio di pilotare appalti o si impossessa di denaro pubblico, spesso con la partecipazione di pubblici funzionari». Certo — rassicura — «la legge andrà monitorata nei suoi effetti e sarà l’applicazione anche prudente che verrà fatta dai magistrati a consentire di verificare la sua efficacia». Rimane però l’interrogativo sull’efficacia di una riforma che estende le misure di prevenzione a molti potenziali soggetti indiziati (ci sono pure gli stalker e i foreign figthers) i cui fascicoli potrebbero intasare, se non paralizzare, le sezioni specializzate dei tribunali distrettuali chiamate a trattare in via esclusiva i procedimenti previsti dal codice antimafia.