Il candidato ultraliberista ha sconfitto Massa senza avere un vero partito alle spalle. Ora promette una rivoluzione
Javier Milei sarà il prossimo presidente dell’Argentina. Il candidato ultraliberista ha sconfitto con un margine ben oltre le previsioni il peronista Sergio Massa, con una valanga di voti arrivati soprattutto dalle provincie rurali e dai grandi centri urbani. Con il 92% dei voti scrutinati Milei ha ottenuto il 55% dei consensi, mentre Massa si è fermato al 45%.
Una differenza enorme, un numero che nessuno sondaggio della vigilia aveva pronosticato. L’exploit del candidato antisistema è straordinario, se si considera che ha iniziato la sua carriera politica solo due anni fa e che non dispone di una struttura di partito capillare in un paese dalle grandi dimensioni. Si è trattato soprattutto di un gigantesco voto castigo rispetto al governo peronista, travolto da una delle peggiori crisi economiche che si ricordi, con un’inflazione del 140% e la metà delle famiglie sprofondate sotto la soglia della povertà. Una Waterloo senza precedenti per il partito che ha governato durante il 72% del tempo dal ritorno della democrazia, nel 1983, ad oggi.
Sergio Massa ha riconosciuto la sconfitta ancor prima della diffusione dei primi dati ufficiali. L’attuale ministro dell’economia aveva davanti a sé una sfida quasi impossibile proprio a causa della gravissima recessione in corso. Non potendo fare molto davanti ai numerosi impietosi della sua gestione, ha impostato tutta la sua campagna sulla difesa della democrazia e del Welfare, a partire dall’educazione e dalla salute pubblica che Milei ha promesso di sostituire con un sistema privato di vouchers per i cittadini. Il peronismo ha messo in moto tutto il suo apparato di partito-Stato e su Massa sono confluiti anche gli appoggi diretti di vari leader progressisti mondiali come Lula da Silva, il colombiano Petro e il neopremier spagnolo Pedro Sanchez.
Ma più dell’ideologia e dei principi, gli argentini hanno votato con la pancia, stanchi di un sistema di potere basato sull’assistenzialismo di Stato che ha portato ad avere il 40% della popolazione dipendente da redditi di cittadinanza, sussidi sociali, pensioni o impieghi pubblici. A pesare sono stati anche i numerosi scandali di corruzione che hanno coinvolto l’entourage della leader del peronismo Cristina Kirchner, l’erosione continua dei salari e l’insicurezza in aumento un po’ ovunque. Milei ha promesso una vera rivoluzione, ma non avrà vita facile, anche perché non dispone di una maggioranza in Parlamento.
Vuole dollarizzare l’economia argentina, mettendo in pensione lo svalutatissimo peso per adottare la moneta statunitense ma il suo è un piano di difficile attuazione, visto la cronica mancanza di riserve e il debito estero ancora alto accumulato da Buenos Aires con il Fondo Monetario Internazionale. Entrerà in carica il prossimo 10 dicembre e da qui ad allora si prevede un ulteriore aumento dei prezzi e della svalutazione del peso. Uno scenario di potenziale caos sociale per l’outsider che è riuscito a compiere un’impresa che pareva ai più impossibile.