Fonte: La Stampa
Bersani: «Basta con questo teatro»
«Basta con questo teatro, ci vediamo dopo le elezioni». Pier Luigi Bersani lo dice chiaro e tondo: margini per trattare con Piero Fassino un’alleanza con il Pd non ce ne sono. Il 3 dicembre Mdp, Si e Possibile lanceranno la lista unitaria e «alternativa» con cui andranno al voto. Con la guida, auspicano, di una personalità dal profilo civico come Pietro Grasso. Ma così, avverte Campo progressista, si preparano a rifare la «Cosa rossa» per poi dividersi dopo le elezioni. «Ci ripensino», è l’appello di Giuliano Pisapia, che con il Pd – garante Romano Prodi – ha avviato un dialogo per una coalizione di centrosinistra. E anche Piero Fassino non demorde: a inizio settimana vedrà una delegazione di Mdp, Si e Possibile. Ma spiragli ad ora non se ne vedono: «Renzi è un nome del passato, non del futuro», chiude Roberto Speranza.
Da Bologna, dove i prodiani Giulio Santagata e Franco Monaco rilanciano lo spirito ulivista, Pisapia spiega che l’esito del confronto avviato con Renzi «non è scontato». Campo Progressista si aspetta segnali sui superticket in manovra, su ius soli e biotestamento e solo alla fine, se tutto andrà bene, Pisapia vedrà Renzi per siglare l’accordo. L’idea è quella di una lista con Verdi e Radicali da affiancare al Pd e a un soggetto centrista (ma senza – chiede Pisapia – Alfano). E Fassino, che con Maurizio Martina tiene le fila del dialogo, assicura che la coalizione si costruisce «aprendo una nuova stagione». Su chi dopo sarà premier in caso di vittoria, «non c’è automatismo», dice Andrea Orlando: non è detto che sia il leader Pd Renzi. «Non è scontato che Renzi sia leader», dice da `fuori´ Carlo Calenda: «Abbiamo perso fiducia nel Paese per eccessiva semplificazione».
Fassino intanto non demorde, nel pomeriggio chiama Speranza e ottiene la garanzia di un incontro a inizio settimana (ma Mdp, Si e Possibile potrebbero mandare i capigruppo, non i segretari). Ma la chiusura di Bersani al dialogo col Pd di Renzi infiamma lo scontro a distanza con Pisapia. «Noi continuiamo a lavorare a un progetto alternativo, lui ci ha ripensato?», attacca Speranza. E Marco Furfaro, per Cp, replica: «Hanno scelto di fare la `Cosa rossa´, noi continuiamo a lavorare per il centrosinistra senza fare la stampella di nessuno. Loro hanno votato il Jobs act e sono già divisi, Fratoianni dice `mai col Pd´ e Bersani dice che `dopo le elezioni col Pd ci parlano´».
L’effetto delle due assemblee di Articolo 1-Mdp e Sinistra italiana è avviare un percorso per la nascita di una lista di sinistra che sfiderà il Pd e la sua coalizione (incluso, se ci sarà, Pisapia) nelle urne. «Porte chiuse al Pd – dice da Si Nicola Fratoianni – a Fassino e Prodi diciamo che il tempo è scaduto». «Prodi torna come in una seduta spiritica ma quel mondo è finito», sibila Nichi Vendola. A poche centinaia di metri di distanza, tra i bersanian-dalemiani di Mdp, i toni sono meno duri ma la sostanza no: «Stanno piegando l’Ulivo come una foglia di fico», dice Arturo Scotto. E Francesco Laforgia: «Dov’erano i padri nobili quando la tela è stata strappata dalle politiche del renzismo?». E alla fine, in una platea gremita che applaude con calore Grasso e accoglie con gelo e qualche mugugno il nome di Pisapia, passa all’unanimità la linea scandita in apertura da Speranza: Renzi vuole un’alleanza con «liste civetta» ma Mdp non ci sta perché con «l’unità senza cambiamento si perde, come a Genova».
La condizione di Mdp è una «nuova piattaforma» per superare le politiche renziane (e la leadership di Renzi). Speranza, marcando la differenza di Grasso da «certi compagni», indica un percorso che dalla lista unitaria dopo il voto porti a un nuovo partito «di governo», che includa progressisti, forze civiche e anche cattolici democratici. «Noi andiamo avanti, non chiudo la porta, ma un pezzo di popolo se n’è andato e con questa legge elettorale non vince nessuno», dice Bersani a «In mezz’ora». L’ex segretario Dem, che dice di sentire «spesso» Prodi ma di non aver sentito Fassino, è già oltre: «Col Pd ci si ritrova in Parlamento, se non decidono di andare con la destra».