23 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Sabino Cassese

Reddito di cittadinanza, quota 100, autonomia, cantieri: questo è il governo delle opere incompiute e delle promesse non mantenute


Il reddito di cittadinanza e quota 100, più volte annunciati e finanziati con la legge di bilancio del 30 dicembre, sono regolati da un decreto legge del 28 gennaio. Ma quest’ultimo è ancora alla Camera per essere convertito in legge. Per diventare realtà, bisognerà, poi, che passi sotto le forche caudine delle amministrazioni statali e regionali.
È dal momento della sua costituzione che il governo annuncia una revisione del codice dei contratti pubblici. Sulle modifiche ha anche svolto una consultazione pubblica. Aspettiamo ora che venga presentato al Parlamento un disegno di legge di delega, che dovrà essere approvato e seguito dai decreti delegati. Alle nuove procedure, poi, dovrà abituarsi un’amministrazione oggi intimorita dai troppi controlli, indebolita dall’assenza di tecnici e «sfiduciata» dal governo.
L’autonomia regionale differenziata è un altro dei cavalli di battaglia dell’esecutivo. Per raggiungere intese preliminari con le tre regioni interessate, sono state fatte 85 riunioni. Il governo si è reso ora conto delle resistenze sia interne, sia esterne. Queste possono essere superate solo se si dimostra che la maggiore autonomia concessa ad alcune regioni non va a danno delle altre. Ma la commissione bicamerale che deve valutare i maggiori oneri derivanti dalla differenziazione è ferma, a causa dell’assenza del governo, convocato a riferire.
Il disegno di legge sulla semplificazione e codificazione, approvato dal governo il 12 dicembre scorso, è stato «superato» da ben dieci disegni di legge di semplificazione approvati nel Consiglio dei ministri del 28 febbraio. Anche questi dieci disegni di legge contengono deleghe al governo, e debbono quindi attendere il completamento delle relative procedure.
Questa situazione di «impasse» generalizzato o di ritardo riguarda politiche che sono in cima alla lista del governo. Figurarsi quelle che non lo sono, come i patti per il Sud, che utilizzano i fondi strutturali europei, dei quali abbiamo speso solo il 2 per cento.
La causa più evidente di questa situazione è la continua contrapposizione delle due forze che siedono nel Consiglio dei ministri, veri nemici in casa, l’uno che blocca l’altro per far andare avanti il tema preferito, e che dànno l’impressione di due governi diversi alla guida del Paese. Sulle infrastrutture, ad esempio, il presidente del Consiglio dichiara che assumerà la responsabilità di sbloccare i cantieri e porterà a Palazzo Chigi gli strumenti esecutivi (Investitalia, Strategia Italia), mentre il sottosegretario alle infrastrutture e ai trasporti annuncia la nomina di commissari straordinari e l’ineffabile ministro dello stesso dicastero dichiara che «in Italia non esistono opere pubbliche bloccate». Invece, la Lega dà priorità all’autonomia per Lombardia e Veneto, mentre il M5S la dà a «cantieri e lavoro».
Ma vi sono anche altre cause dei ritardi. I componenti del governo sono più impegnati a dichiarare che a realizzare, confondono fare politica con il proclamare, sono alla ricerca di sempre nuovi temi popolari per farsi ascoltare e far prevalere la propria voce, allo scopo di conquistare nuovi elettori.
Ci sono, poi, l’ansia di cambiamento, che porta a metter troppa carne al fuoco; la costante difficoltà nel fissare priorità; l’inesperienza; l’assenza di dibattito e di ponderazione interni, che dovrebbero precedere la decisione. Da tutto questo discendono un certo velleitarismo, costante disattenzione per gli obiettivi e per le tappe intermedie, un continuo va e vieni delle decisioni, con il risultato di scelte lasciate a metà.
Questo governo delle opere incompiute e delle promesse non mantenute non si rende conto che così coltiva illusioni rapidamente seguite da delusioni, semina incertezza, genera sfiducia nei mercati.

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