Fonte: Corriere della Sera
di Danilo Taino
In una Ue a 27 dove già le divisioni sono notevoli, stabilire una superiorità di Germania e Francia nella definizione delle politiche crea più problemi che spinte all’integrazione
Per la Germania e la Francia, il nuovo trattato che Merkel e Macron firmeranno ad Aquisgrana il 22 gennaio è un balzo avanti nell’integrazione di una serie di politiche dei due Paesi: esteri, difesa, sicurezza, creazione di un’area economica franco-tedesca. Per l’Europa non è però detto che lo sia: potrebbe anzi rivelarsi un passo mosso con la testa girata all’indietro. L’asse tra Berlino e Parigi in passato ha funzionato da motore dell’integrazione europea. Oggi, rimane una necessità ma non è più sufficiente. Anzi, spesso irrita gli altri partner della Ue. Non solo una parte dei Paesi dell’Est. Non solo il governo italiano. Anche solidi europeisti come i membri della cosiddetta Nuova Lega Anseatica (Olanda, Svezia, Danimarca, Finlandia, i tre Baltici, l’Irlanda).
Lo scorso novembre, per dire, il ministro francese Bruno Le Maire ha provocato un incidente diplomatico quando, durante una cena, ha lanciato un attacco a sorpresa contro i nuovi «club chiusi», rivolto al rappresentante della Nuova Lega Anseatica che ha posizioni critiche nei confronti delle strategie europee di Parigi. Quando gli è stato chiesto se l’alleanza franco-tedesca non sia un club, Le Maire ha risposto che «questo non è un club, questo è ciò che sta al cuore dell’ambizione europea». In una Ue a 27 — non più a sei o a 12 — dove già le divisioni sono notevoli, stabilire una superiorità di Berlino e Parigi nella definizione delle politiche europee crea più divisioni che spinte all’integrazione. Altro esempio. L’idea, avanzata da Berlino, che Parigi rinunci al suo seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu per trasformarlo in uno della Ue è stata respinta da Macron. Che invece appoggerà un seggio per la Germania. Prospettiva alla quale l’Italia si oppone da sempre. Più o meno Europa?