Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Franco
L’assenza di una visione e il conflitto infinito
Emergono due sensazioni dall’ennesimo scontro tra Movimento
Cinque Stelle e Lega. La prima impressione è che il governo di Giuseppe Conte andrà avanti comunque; ma senza visione né prospettive credibili. La seconda è che si acuirà il conflitto tra i vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini: con il premier deciso a rivendicare puntigliosamente il proprio ruolo contro gli sconfinamenti del leader leghista. Lo scontro sulle connessioni tra Carroccio e faccendieri russi sono un pezzo di questa resa dei conti tra populisti e sovranisti: non l’unico né l’ultimo. La novità è che mai come adesso Salvini appare nervoso e disorientato. Mostra di avere soltanto una marcia: quella dell’attacco.
Per questo non vuole presentarsi in Parlamento per rispondere di quelle che definisce «fantasie» sul lobbista della Lega in Russia, Gianluca Savoini, che ieri non ha risposto ai magistrati. E si fa scudo dei sondaggi che lo danno stabilmente davanti.
È una strategia difensiva basata sulla convinzione che i sospetti su finanziamenti illeciti si riveleranno infondati. La riunione-fiume di ieri al Viminale con quarantatré sigle sindacali è coerente con questa impostazione. E la presenza nella delegazione leghista dell’ex sottosegretario Armando Siri, indagato e costretto poche settimane fa alle dimissioni, conferma la sfida al M5S e la certezza di avere dietro la «sua» opinione pubblica. Salvini sembra non preoccuparsi dell’irritualità di un vertice economico convocato al Viminale. Le opposizioni lo accusano di avere indetto l’incontro per distrarre dal pasticcio russo.
Si tratta comunque di una sfida rischiosa. Non solo perché M5S e premier lo invitano a rispondere in Parlamento sul caso Savoini, insieme al Pd. Pochi ritengono che la vicenda sia destinata a chiudersi senza altre sorprese. Insistere nel ruolo di premier ombra e di ministro plurimo irrita un Di Maio reduce da una brutta sconfitta elettorale e alle prese con dossier delicati come Alitalia ed ex Ilva di Taranto. E la durezza con la quale Conte avverte che sarà lui a dettare i tempi della manovra finanziaria è un presagio di frustrazioni per il capo leghista. A Salvini non basta replicare che ha fiducia nel premier e non vuole «rubare il lavoro a nessuno». Oltre tutto, l’isolamento al quale si sta condannando a livello europeo è diventato vistoso. Presto l’Italia dovrà indicare un candidato nella Commissione Ue. E la questione russa peserà in negativo. Sarà messa in carico a Salvini, complicando le manovre di rassicurazione compiute presso gli altri governi da Conte, che ieri ha sentito la cancelliera tedesca Angela Merkel. Chiudersi nel recinto italiano può far sentire protetto il capo della Lega. Ma non lo proteggerà da tensioni che promettono di allargarsi ai rapporti con il suo stesso partito.