22 Novembre 2024

POLITICA

Fonte: La Stampa

La Stampa
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Il premier : «Abbiamo il 40%, l’Italia cambia davvero». Ma nel partito crescono i malumori. La Uil apre a modifiche sull’articolo 18 per i neoassunti. La Cgil: la mobilitazione sia unitaria

Sindacati divisi, Pd spaccato, Renzi che scaglia bordate contro la minoranza del partito e Bersani che replica a muso duro: «Ci rispetti come fa con Berlusconi e Verdini». La riforma del lavoro scuote la politica e le parti sociali alla vigilia di una settimana decisiva. Lunedì la minoranza Pd lavorerà agli emendamenti al testo e martedì si riunirà per un documento unitario da consegnare al segretario. Mentre proprio martedì 23 il Jobs Act approderà in Aula al Senato.

L’OFFENSIVA DEL PREMIER

Dopo la lettera agli iscritti di ieri e gli affondi contro la «vecchia guarda» che «vuole riportare il Pd al 25%», il premier torna alla carica dai microfoni del Tg2:: «Nel mio partito c’è chi pensa» che dopo il 40,8% alle europee «si possa» continuare con «un “facite ammuina”» per cui «non cambia niente e Renzi fa la foglia di fico: sono cascati male, ho preso questi voti per cambiare l’Italia davvero». E incalza: «L’Italia deve cambiare, cambiamo da anni i governi non le cose. Nessuno vuole togliere diritti, ma darne a chi non ne ha mai avuti», assicura.

CREPE NEL FRONTE SINDACALE

Il tema più spinoso, quello dell’articolo 18, ha spaccato il fronte sindacale. . La Cgil ha invitato Renzi a discutere della riforma del lavoro («ma basta insulti»). Ma Camusso è sola nel contrattacco, con Cisl e Uil che si smarcano. A rompere ieri è il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonnani: «Camusso ha sbagliato, un sindacalista non si deve mettere nei meccanismi di partito. Questa storia ci sta portando alla rovina». Oggi tocca al leader della Uil, Luigi Angeletti, aprire a modifiche sull’articolo 18: «Siamo disponibili al dialogo, ma guai a toccare le forme di tutela che ci sono già». «Un conto è avvicinare due mondi, ma quello che non si può fare è modificare l’art.18 per chi già ce lo ha». Poi l’appello: «Il Governo abbia il coraggio politico di spiegarci che cosa vuole fare con la legge delega: ascolti le parti sociali, e poi prenda le sue decisioni».

CONFINDUSTRIA IN PRESSING

Camusso prova intanto a ricucire («Faremo certamente delle mobilitazioni e noi ci auguriamo che siano unitarie»), ma le divisioni restano. Un netto invito a superare l’articolo 18 arriva da Confindustria:«Io sono personalmente favorevole all’abolizione», spiega il presidente Giorgio Squinzi intervistato da Maria Latella su Sky Tg24. «Dobbiamo considerare che è un mantra che in tutto il mondo ci addossano come paese. Parlando in tutto il mondo ci dicono che in Italia non si può investire perchè c’è l’art. 18 e quando assumi un dipendente è per la vita». Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti apre intanto ad eventuali modifiche del Parlamento: «La legge delega non è un provvedimento blindato». Ma, avverte, «Renzi è stato molto chiaro: se i tempi di approvazione della delega dovessero dilatarsi il governo è pronto a ricorrere al decreto».

LA RESA DEI CONTI NEL PD 

Il possibile superamento dell’articolo 18 squassa il Pd. «C’è chi vuole cogliere la palla al balzo per tornare agli scontri ideologici e magari riportare il partito al 25%», tuona Renzi. Ce l’ha con la minoranza interna , che sta studiano un pacchetto di emendamenti da presentare la prossima settimana in Aula a Palazzo Madama sui nodi più importanti. Il deputato del Pd, Stefano Fassina, conferma che si tratta di «4 o 5» punti: «Eliminare la giungla di contratti precari; individuare le risorse per allargare le indennità di disoccupazione ai lavoratori precari; chiarire che per il licenziamento per giustificato motivo si applica il modello tedesco; limitare il demansionamento e prevedere il coinvolgimento delle parti sociali». Gianni Cuperlo rincara la dose: «La delega sul lavoro è ancora troppo vaga. Chi fa il segretario» e premier «ha il dovere di indicare il percorso. Non possiamo accettare una discussione strumentalizzata per dividere il Pd tra innovatori e conservatori o minacciare decreti». Ma la replica più dura alle parole del premier arriva da Bersani: «Con la mia storia il premier non può darmi del conservatore. Vecchia guardia posso accettarlo, ma più vecchia guardia di Berlusconi e Verdini chi c’è. Vedo che loro sono trattati con educazione e rispetto, spero che prima o poi capiti anche a me», contrattacca l’ex segretario in un’intervista al Tg1

LE MISURE

Sono quindi giorni di scontro ma anche di mediazione, in cui tutti gli avversari mostrano i muscoli. I margini per un accordo, secondo fonti vicine alle trattative, possono nascondersi nelle pieghe del provvedimento, dalle nuove risorse per l’indennità di disoccupazione (l’idea è quella di un assegno di mille euro ai precari disoccupati) alla durata della prova, da stabilire nel contratto a tutele crescenti, prima di potere agganciare le salvaguardie complete. Se basterà a ricompattare il Pd, è presto per dirlo.

 

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