Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Franco
Conte appare schiacciato tra due modi agli antipodi di intendere la coalizione
La giornata di ieri ha offerto un’immagine quasi plastica delle acrobazie che deve compiere il premier Giuseppe Conte tra gli alleati. Lo scontro tra il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, e il ministro degli Esteri grillino Luigi Di Maio sulla mobilitazione contro il governo organizzata dal M5S è la metafora di una maggioranza in eterno conflitto; e di un premier costretto a barcamenarsi tra gli uni e gli altri, tentando di tamponare a giorni alterni il fronte che si rivela più esposto o fragile.
Più che strattonato, Conte appare schiacciato tra due modi agli antipodi di intendere la coalizione. Per i Cinque Stelle, o almeno per una parte, l’intesa con il Pd, Iv e Leu non sarebbe altro che lo strumento per raggiungere gli obiettivi del Movimento, sostituendo alla Lega la sinistra. Per gli altri, invece, non può che essere una pagina nuova; e una cesura netta rispetto al passato. Il solo fatto che Zingaretti additi il presidente del Consiglio come «punto di riferimento dei progressisti» per la scelta di campo di «collocarsi chiaramente in un fronte», è un elemento di discontinuità.
Per paradosso, però, lo stesso Conte è costretto a difendere le parole d’ordine grilline che pure dividono la sua maggioranza; e dunque a sottolineare una certa dose di continuità. Quando il premier sostiene che non si può giudicare il funzionamento del reddito di cittadinanza voluto dal M5S a meno di un anno dalla sua entrata in vigore, dà una mano a Di Maio. Idem quando difende la mobilitazione indetta da Di Maio per il 15 febbraio a favore del taglio dei vitalizi agli ex parlamentari: una misura controversa che presto potrebbe essere rimessa in discussione.
«È una battaglia politica che il Movimento ha sempre fatto», commenta. La sua preoccupazione è di evitare un irrigidimento del partito tuttora di maggioranza relativa in Parlamento: tanto più perché lo vede disorientato e percorso da spinte centrifughe. In parallelo ha bisogno che si trovi un compromesso sulla sospensione della prescrizione, rivendicata dal M5S. Il vertice di ieri sera a Palazzo Chigi ha avuto quell’obiettivo. Ma anche lì, Conte si è trovato tenuto in ostaggio tra le pregiudiziali grilline e quelle di Italia viva: anche se l’impuntatura renziana va probabilmente al di là del merito.
Tenere sulla corda Conte significa anche logorare un possibile concorrente di Iv in un’area moderata di centrosinistra: benché sia chiaro che spingersi fino a farlo cadere sarebbe suicida. Anche per questo un accordo sulla prescrizione rimane in bilico. Non si può escludere che alla fine una mediazione arrivi con uno scambio su altri temi: magari le nomine di competenza governativa che matureranno nelle prossime settimane. Ma la nuova tornata di elezioni regionali a primavera promette di accentuare la conflittualità interna al governo.