Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Franco
Nell’approccio dei partiti non è sempre facile capire dove finisca la voglia di giustizia e comincino pregiudizio ideologico o calcolo politico
Quando la politica pianta bandierine identitarie e sfoggia i muscoli, si sottrae al dovere di governare. Preferisce una sorta di culturismo politico a beneficio degli elettori, per accreditare la propria forza. La cosa singolare è che quasi sempre questi riti servono in realtà a velare una debolezza; e invece di contribuire alla soluzione di un problema, lo complicano artificiosamente, esagerando e radicalizzando contrasti che restringono qualunque margine di mediazione. Quanto sta avvenendo in materia di prescrizione tra Movimento Cinque Stelle e Italia viva rispecchia perfettamente il fenomeno. Le minacce incrociate tra il Guardasigilli grillino Alfonso Bonafede e il capo politico Vito Crimi, e il leader di Iv, Matteo Renzi, trasmettono la sensazione sgradevole di una sfida giocata su un terreno costituzionalmente delicato. Il controverso provvedimento che i Cinque Stelle vorrebbero imporre appare un pretesto.
Per Bonafede e Crimi, si tratta di riaffermare il primato del M5S nel governo di Giuseppe Conte: tanto più ora che è stato sbriciolato dagli elettori alle Europee e in alcune votazioni locali successive. Renzi, invece, cerca visibilità per schiodare Iv da sondaggi impietosi, spezzare l’asse tra M5S e Pd e accreditarsi come «mosca cocchiera» dell’attuale esecutivo. Ma lo scontro tocca un tema destinato a incidere sui diritti di vittime e imputati.
Divide la politica e il mondo giudiziario. Lo provano le riserve contro la proposta del M5S, espresse nei giorni scorsi dal primo presidente della Corte di Cassazione, alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Un discorso seguito il giorno dopo da quello del procuratore generale di Milano, sui rischi di incostituzionalità del provvedimento. Ma nell’approccio dei partiti non è sempre facile capire dove finisca la voglia di giustizia e comincino pregiudizio ideologico o calcolo politico.
Su questo sfondo distorto, la vicenda della prescrizione sembra non avere soluzione: se non quella di uno scontro parlamentare nella maggioranza, con l’esecutivo in bilico al Senato. La destra spera che Renzi vada fino in fondo contro il M5S. Ma l’atteggiamento di Bonafede semina altrettante perplessità. Volere imporre una misura ereditata dal passato governo sa di forzatura.
La «bandierina» della prescrizione finisce per essere una mina collocata dentro Palazzo Chigi. Se nella maggioranza si diffida delle intenzioni renziane, pensare di farle venire allo scoperto su questo terreno significa offrire un pretesto a Iv. È naturale chiedere la mediazione di Conte, in quanto premier; ma con gli ultimatum reciproci diventa impervia. La domanda è se i contendenti vogliono trovare una soluzione, oppure dimostrare che la coalizione esiste solo sulla carta. Si tratti di un piano o di un’analisi sbagliata, il risultato è comunque di logorare il governo Conte. Si è tentati di declassare lo scontro a contraccolpo fisiologico di un futuro sistema proporzionale: il portato di un egoismo di partito che prevale su qualunque logica di alleanza e sul semplice buonsenso. Ma suona come un alibi, oltre che come anticipo di un trasformismo e di una conflittualità crescenti, figli di una legislatura tuttora zavorrata da troppe ambiguità.