23 Novembre 2024
Economia6

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Il vecchio Continente “brucia” 211 miliardi. Milano perde l’1,5%. Technogym crolla a Piazza Affari dopo che il patron Alessandri ha collocato il 6%. La Banca centrale cinese rilancia un messaggio sottolineando che le criptovalute non possono essere utilizzate per acquistare beni e servizi: crolli generalizzati, anche per Tesla e Coinbase

Le Borse europee chiudono in netto ribasso, appesantite da Wall Street che alla fine della giornata di contrattazioni vede il Dow Jones perdere
lo 0,48%, il Nasdaq lo 0,03% mentre lo S&P 500 lascia sul terreno lo 0,29%.
Milano, che era arrivata a cedere il 2%, alla fine segna un passivo dell’1,55%. Simili variazioni per le altre, sopra i minimi di seduta: Francoforte perde l’1,77%, Londra l’1,19% e Parigi l’1,45%.
Complessivamente, In scia ai timori di una ripresa dell’inflazione e con il calo del prezzo del petrolio, i listini del vecchio Continente hanno “bruciato” 211 miliardi in termini di capitalizzazione, sulla base delle perdite subite dall’indice paneuropeo Dj Stoxx 600. A Piazza Affari la caduta si è  tradotta in una perdita di valore per 11 miliardi.
I mercati attendono i verbali dell’ultima riunione della Federal Reserve per scovare qualche ulteriore indizio sulle attese per quel che riguarda l’inflazione e le contromosse della Banca centrale Usa sui tassi. Proprio la corsa dei prezzi è il pericolo numero uno per gli investitori, almeno a sentire l’ultimo sondaggio che Bank of America ha condotto tra i gestori e che ha messo l’inflazione al primo posto tra i rischi percepiti, davanti a un crollo del mercato dei bond, allo scoppio di qualche bolla finanziaria e, solo al quarto posto, al Covid 19. E segnali in questa direzione sono arrivati dalla Gran Bretagna, dove l’inflazione è più che raddoppiata ad aprile, al top dall’anno scorso: i prezzi avanzano dallo 0,7% annuale di marzo all’1,5%. A fare da traino sono i costi dell’abbigliamento e dell’energia. Accelerazione anche nell’Eurozona con il tasso di inflazione annuo che è stato dell’1,6% ad aprile, dall’1,3% di marzo. Nell’Unione europea il tasso è stato del 2%, dall’1,7% di marzo.
A Piazza Affari spicca il caso Technogym che crolla fino al 10% dopo che il patron del gruppo di fitness, Nerio Alessandri, ha fatto nuovamente cassa cedendo, attraverso la holding Tgh, un pacchetto di quasi il 6% del gruppo di attrezzature per il fitness, da cui ha incassato 129,7 milioni di euro. Il prezzo è scivolato fin sotto i 10,81 euro del collocamento. Nella nota che ha annunciato il l’operazione Tgh sottolineava l’obiettivo di rendere Technogym una public company, ipotesi che potrebbe lasciar presagire nuove vendite di azioni, considerato che Alessandri detiene oltre il 33% del capitale e oltre il 50% dei diritti di voto. Sulla quota Tgh ha assunto un impegno di lock-up di 90 giorni.
Già in Asia, la seduta era stata negativa: chiuse Hong Kong e Seul, Tokyo ha registrato un ribasso dell’1,28% e Shanghai perde lo 0,6%. A pesare sugli scambi nipponici anche i timori legati a una impennata di coronavirus che pesa sull’economia del Giappone. Nel mese di marzo la produzione industriale del paese è salita su base mensile dell’1,7%, secondo la lettura finale del dato, rivisto al ribasso rispetto alla crescita del 2,2% inizialmente riportata. Su base annua, la produzione industriale del paese è salita del 3,4%, rivista anche in questo caso al ribasso rispetto al +4% del dato preliminare. Le rassicurazioni del governatore della Bank of Japan (BoJ) non sono state sufficienti a rassicurare gli investitori.
Tra le valute, il dollaro staziona vicino ai minimi dell’anno contro un paniere di monete concorrenti. A fine giornata l’euro chiudo poco mosso a 1,222 dollari. Chiusura in lieve rialzo per lo spread tra Btp e Bund a 123 punti base, contro i 122 punti dell’apertura. Il tasso del decennale si attesta a 1,117%. Oltre alle minute della Fed, si registra il rapporto della Bce sulla stabilità finanziaria che mette in guardia da turbolenze.

Il Bitcoin crolla e trascina Tesla e Coinbase
Un discorso a parte meritano il Bitcoin e le altre criptovalute che sono tornate a soffrire, a causa questa volta di una uscita ufficiale della Banca centrale cinese (Pboc) che ha reiterato la posizione secondo la quale le valute digitali non possono essere utilizzate come mezzo di pagamento. Per la prima volta da febbraio, la regina delle monete virtuali è così scivolata sotto i 40 mila dollari e nel pomeriggio ha accentuato ancora la caduta fino a quota 32.500 dollari, arrivando a cedere il 25% e dimezzando di fatto i valori rispetto al recente picco. La Pboc ha – a dire il vero – veicolato sul suo canale ufficiale di WeChat la posizione di National Internet Finance Association of China, China Banking Association e Payment and Clearing Association of China, le tre autorità responsabili della vigilanza delle banche e dell’industria dei pagamenti, che hanno chiesto di non utilizzare le criptovalute per nessuna operazione, inclusi il trading e la conversione di valute fiat in monete digitali. Come rimarcano gli esperti raccolti da Bloomberg non ci sono innovazioni legislative nella comunicazione della Pboc: il messaggio è un richiamo alla prudenza. Quanto è bastato per travolgere il Bitcoin e le sue sorelle minori: anche Ethereum, seconda per capitalizzazione, ha perso oltre il 30%. Con la rotta delle valute, anche i titoli dei loro alfieri sono andati in difficoltà: Coinbase, la piattaforma di scambio di criptovalute, al Nasdaq è andata in rosso in doppia cifra. E Tesla, la società di Musk che aveva investito 1,5 miliardi, si è portata in rosso di oltre 5 punti percenutali: il patron sudafricano ha twittato che non ha intenzione di lasciare le sue posizioni sulla valuta digitale, nonostante le montagne russe degli ultimi tempi. E intanto la sua casa automobilistica ha perso 300 miliardi di valutazione dai picchi di gennaio.
Come detto, le quotazioni del petrolio sono in netto calo sui dati di un aumento delle scorte e in vista della ripresa del negoziato con l’Iran sul nucleare: se dovesse arrivare greggio dalla Persia, proprio mentre i paesi del cartello Opec+ aumentano la produzione si creerebbe un aumento dell’offerta di certo non favorevole alle quotazioni. A New York, nel pomeriggio, il barile perde il 3,4% a 63,25 dollari. La scorsa settimana, le scorte di petrolio negli Usa sono aumentate meno del previsto. Registrato un rialzo di 1,32 milioni di barili a 486,011 milioni di unità, contro attese per un +1,7 milioni di barili.

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