20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

LaPresse - La Stampa

di Antonio Polito

Il problema non è che il fronte è diviso, ma che non ha più un leader capace di tenerlo insieme: Berlusconi ha fatto il suo tempo e né Salvini né Meloni lo possono sostituire


Non si può escludere che Salvini abbia ragione, quando accusa Berlusconi di essersi mosso nella battaglia di Roma spinto da motivi «aziendali», perché Mediaset avrebbe bisogno della benevolenza di Renzi. Non sarebbe del resto la prima volta che l’ex Cavaliere confonde il bene delle sue aziende con il bene del Paese. Ma su un punto Salvini ha certamente torto: c’era eccome una buona, anzi un’ottima ragione politica perché Berlusconi rifiutasse la candidatura di Giorgia Meloni. E la ragione è che un centrodestra guidato dalla destra non può esistere, e infatti non è mai esistito né in Italia né in Europa.
Nell’area politica un tempo egemonizzata da Berlusconi molti lamentano come innaturale e autolesionista la divisione a Roma, attribuendola a bizze senili e cerchi magici. Ma in realtà sta accadendo qualcosa di inevitabile e perfino di salutare. Certo, l’unità è sempre una bella cosa, ma quando non c’è non è mai per caso. Confrontate le posizioni della Lega e di Fratelli d’Italia con quelle di Forza Italia su Europa, moneta unica, immigrati, diritti civili, unioni di fatto, quote rosa, e dite se vi sembra possibile che forze così diverse stiano insieme in una coalizione. È vero, per vent’anni è successo, moderati ed estremisti sono stati insieme nel centrodestra: ma solo perché il bastone del comando era nelle mani dei moderati, per la precisione di Silvio Berlusconi. Il suo schema fu proprio quello di «sdoganare», cioè rendere accettabili, l’ex fascista Fini e l’ex secessionista Bossi, e andare al governo con i loro voti.
Ma non sarebbe mai potuto accadere il contrario. Senza dire che Fini e Bossi erano di gran lunga più moderati di Meloni e Salvini su molte cose (la sanatoria per gli immigrati clandestini per esempio; o anche l’europeismo di Fini e quello prima maniera di Bossi, che voleva addirittura annettersi alla Baviera). Del resto in nessun paese europeo i «popolari», cioè i moderati del centrodestra, sono alleati con i «populisti». Non in Francia, dove Le Pen e gollisti sono nemici giurati, non in Germania dove Angela Merkel combatte a viso aperto gli anti-euro di AfD, né in Austria, dove i popolari sono al governo con i socialdemocratici contro Herr Hofer e il suo Partito delle Libertà. Perfino in America l’establishment >moderato del Partito Repubblicano farebbe carte false pur di non vedere candidato Donald Trump.
Si potrebbe obiettare: ma oggi è la destra populista che vince le elezioni. Vero, ma fino a un certo punto. Negli Usa vince le primarie, ma è probabile che così prepari la sconfitta repubblicana alle Presidenziali. In Francia vince il primo turno delle Regionali, ma viene isolata e battuta ovunque al secondo turno. Vedremo se in Austria questa legge sarà infranta, ma ad oggi non esiste ancora una sola prova che la destra radicale sia in grado di tirarsi appresso l’elettorato moderato, e con esso la maggioranza. Se così non fosse non si capirebbe, del resto, perché a Milano Salvini ha accettato Parisi, un uomo libero da vincoli di partito oltre che un moderato, e per questo competitivo con Sala. Nè si capirebbe perché, anche se oggi si tende a dimenticarlo, Salvini aveva accettato Marchini a Roma, poi respinto da Giorgia Meloni per ragioni di concorrenza elettorale. Va aggiunta la singolarità del caso italiano, complicato dall’esistenza di una terza forza, il Movimento Cinque Stelle, che già pesca a piene mani nel serbatoio di voti anti establishment facendo concorrenza alla destra populista, e che non sembra affatto in via di smobilitazione.
Per anni abbiamo consigliato al centrosinistra di mettere fine all’illusione di tenere insieme Mastella e Turigliatto, Follini e Bertinotti, moderati ed estremisti, in coalizioni finte e incapaci di governare. Dovremmo renderci conto che questo vale ormai anche per il centrodestra. Il problema non è che è diviso, ma che non ha più un leader moderato capace di tenerlo insieme perché Berlusconi ha fatto il suo tempo. Né Salvini né Meloni possono sostituirlo in questa funzione. Per questo le elezioni amministrative saranno importanti, daranno molte indicazioni sul futuro di questa area politica. Sarà interessante guardare ai risultati di quei candidati (Parisi a Milano e Marchini a Roma, ma ce ne sono anche in altre città come Brindisi, Grosseto, Isernia, Trieste, Cagliari) che dal centro si presentano con l’ambizione di dar vita a una nuova alleanza. Il centrodestra non può essere guidato da destra. Altrimenti, come ha detto per Roma la stessa Meloni, il centrodestra non c’è più.

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