Fonte: Corriere della Sera
di Franco Venturini
Per il leader del Cremlino è importante che Israele non si senta isolato, e dunque spinto tra le braccia di Trump, e che l’Iran moderi le sue ambizioni
Quando Vladimir Putin parla poco come ha fatto ultimamente, gli altri si preoccupano. Eppure per capire i giochi del Cremlino basterebbe ricordare la parata della Vittoria dello scorso 9 maggio. Mentre sfilavano truppe e mezzi, chi c’era in tribuna a poca distanza da Putin? Il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Il quale, poco dopo, ha affiancato Putin nel rendere il tradizionale omaggio floreale alla tomba del milite ignoto, e poi alle tombe di caduti illustri. E’ vero che Netanyahu si trovava a Mosca. Ma certe presenze sottolineate parlano da sole.Passano due giorni, e Mosca annuncia che non venderà più alla Siria i micidiali missili antiaerei S-300. L’equazione è semplice: se l’avesse fatto, le incursioni aeree israeliane per colpire strutture iraniane in Siria oppure convogli di armi destinate a Hezbollah sarebbero diventate molto più complicate. Bravo Netanyahu, si dirà. Certo, ma dietro alla sua improvvisa arrendevolezza Putin ha una strategia: garantire per quanto può la sicurezza di Israele per allontanare la prospettiva di una guerra contro l’Iran cui si starebbero preparando Trump , l’Arabia Saudita e in caso di necessità lo stesso Israele.
Secondo fonti diplomatiche attendibili nella notte tra il 14 e il 15 maggio scorsi, subito dopo la strage al confine con Gaza, è stato Putin a «suggerire» al presidente egiziano Al-Sisi, suo amico e alleato, di intimare ad Hamas il ritiro dei manifestanti dalla rete confinaria. Cosa che è puntualmente avvenuta, evitando un nuovo bagno di sangue. E non basta. Il Cremlino non auspica apertamente la divisione della Siria, ma la creazione delle «zone di de-escalation» , una idea russa, vengono viste da molti come un primo passo. Putin intenderebbe ora rimescolare le carte tra alleati in modo che le milizie di Teheran non siano tanto vicine da colpire, nemmeno con i razzi, il territorio israeliano. Golan Compreso. I rapporti tra Israele e Russia sono da tempo migliorati. Putin afferma volentieri di «avere dei doveri» perché la popolazione israeliana è in parte russofona (un sesto del totale). Ma il Medio Oriente di oggi non è posto per sentimentalismi. Piuttosto, conta per Mosca che Israele non si senta isolato e dunque spinto tra le braccia di Trump, e conta che l’Iran moderi le sue ambizioni. Comprese quelle nucleari, se le sanzioni Usa affonderanno il tentativo europeo di salvare il patto del 2015.