19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

RAI

di Paolo Conti

Sono professionalità lontane dal vecchio «corpaccione» di Viale Mazzini. E chi conosce le regole di ingaggio sa quanto si sia rafforzata la figura di Beppe Caschetto

Una Rai meno «romanesca» e assai più «milanocentrica» (scelta, volendo, assai «renziana», per il noto disamore del presidente del Consiglio per il Palazzo romano). Una tv pubblica fortemente ringiovanita e capace di attirare le platee under 35 ormai in fuga da tutti i prodotti Rai: grave danno pubblicitario, poiché è il pubblico dei «big spender», quello caro agli inserzionisti. Insomma, volti lontani dal vecchio «corpaccione Rai» che non si sente rappresentato (l’Usigrai, il sindacato giornalisti Rai, ha parlato di «schiaffo alla professionalità degli interni») e chiaramente teme innesti di corpi estranei.
L’operazione condotta in porto da Antonio Campo Dall’Orto sulle direzioni delle reti Rai sfugge oggettivamente a una catalogazione partitica (c’è chi ha ironizzato sulla solidissima amicizia tra Matteo Renzi e Luca Sofri, compagno di Daria Bignardi, neodirettore di Raitre, ma certe sottolineature sono tipiche dei riti post-nomine). Però ha dinamiche molto precise, ad esempio l’anagrafe, come si diceva. Il neodirettore di Raiuno, Andrea Fabiano, è del 1976 e sarà il più giovane responsabile nella storia dell’ammiraglia Rai. Un master ad Harvard lo catapulta ben lontano dalle antiche mentalità di viale Mazzini.
Capitolo Milano e dintorni. Molto interessante e significativo, visto che proprio Campo Dall’Orto trascorre tre giorni a settimana nella Capitale morale. Uno dei due nuovi direttori di rete, Ilaria Dallatana, ha alle spalle una robusta storia Mediaset e la fondazione di Magnolia (società di produzione di format per giovani, eppure longevi, come «Masterchef» o «X Factor») al fianco di Giorgio Gori. Quindi cultura televisiva milanese al cento per cento. Affine a quella di un’altra star del centro di produzione meneghino, Fabio Fazio. E lo stesso si può dire per l’altro direttore, Daria Bignardi, che ha sostituito nello schema nomine all’ultimo momento un apprezzato professionista come Andrea Salerno, indicato da settimane come il futuro direttore di Raitre. Bignardi vuol dire mille mondi milanesi, stretta amicizia con Campo Dall’Orto (che la sostenne fortemente, e la formò, da direttore de La7), un’idea di tv che incarna un modello non certo nato alla Rai.
Basta rileggere un passaggio della prima intervista rilasciata dal direttore generale a Claudio Cerasa direttore de Il Foglio il 2 settembre 2015: «Quando parlo di “discontinuità” per la Rai, parlo di un concetto semplice che riguarda in modo profondo questa azienda. L’impressione è che la Rai, e questo accade ormai da molti anni, sia costantemente rimasta due passi indietro rispetto alla velocità della società».
Se alla terna delle reti aggiungiamo l’ outsider Gabriele Romagnoli (scrittore raffinato e sceneggiatore) alla guida di Rai Sport la discontinuità c’è tutta. Angelo Teodoli, titolare di un solido lavoro su Raidue, cercherà di ripensare Rai4. E mentre il destino dell’ormai ex direttore di Raiuno, Giancarlo Leone, è sicuro (coordinamento dell’offerta televisiva), molti si interrogano su quale incarico ricoprirà Andrea Vianello, direttore di Raitre uscente, che ha tentato la strada della sperimentazione ma inciampando spesso nell’ audience.
Ma non è finita. Chi conosce le regole televisive di ingaggio, sa quanto si sia rafforzata la figura di Beppe Caschetto, potente manager-agente di tanti volti. Per esempio di Fabio Fazio, Luciana Littizzetto ma anche Giovanni Floris, Lucia Annunziata, Virginia Raffaele, Neri Marcorè. E Daria Bignardi.
Il legame personale tra Campo Dall’Orto (uomo di prodotto) e Caschetto è antico. E già cominciano le elucubrazioni che scavalcano (altro che canguro) le nomine oggi all’ordine del giorno del Consiglio di amministrazione per immaginare già volti, palinsesti, format. Raitre verrà «rifondata» anche con il supporto di Caschetto, un po’ come avvenne per La7 proprio ai tempi di «CDO», come viene chiamato il direttore generale, per brevità, nei corridoi Rai?
Un nome campeggia su tutti: Maurizio Crozza. E chissà davvero cosa potrà accadere, quando si passerà ai progetti operativi e soprattutto all’appuntamento degli appuntamenti, il piano industriale fissato per aprile, quando la Rai di «CDO» avrà collocato tutte le tessere e bisognerà collegare il budget alla rivoluzione del prodotto, in virtù della discontinuità immaginata dal direttore generale.
Resta da capire come reagirà il «corpaccione Rai» a tanti esterni. Se collaborerà alla partita o se organizzerà forme di resistenza passiva. Quando ci si mettono, le truppe Rai possono triturare anche il più bravo direttore del Pianeta.

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