POLiTICA
Fonte: La Stampa
Brunetta e Vendola da Mattarella. Poi tocca al leader del M5S. La Lega Nord “diserta”
Dopo la polemica della scorsa settimana sulla riforma costituzionale conclusa con la secessione dell’Aventino, Fi e Sel salgono al Quirinale per esprimere al presidente Mattarella la loro protesta contro le riforme costituzionali approvate con l’Aula semivuota, e nei prossimi giorni sarà la volta anche di Beppe Grillo, mentre Matteo Salvini snobba l’appuntamento con parole irridenti, che provocano «stupore» sul Colle. Non mancano le polemiche, specie da parte del Pd, per il fatto che per gli azzurri fosse presente solo Renato Brunetta. Al di là di queste asprezze la maggioranza ha oggi mandato il primo segnale di disponibilità al dialogo su un altro provvedimento, approvando un emendamento dell’opposizione al decreto Milleproroghe. Un primo passo per svelenire il clima parlamentare.
Stamani Mattarella ha ricevuto per mezzora il capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, il quale si è detto certo che il Capo dello Stato «userà tutti gli strumenti previsti dalla Costituzione per ripristinare un clima di dialogo». Brunetta ha anche portato a Mattarella un documento in 25 punti in cui ribadisce il suo duro giudizio «sul combinato disposto» di riforme costituzionali e Italicum, che metterebbe a repentaglio la democrazia. La salita in solitudine, e lo stesso documento, è stata criticata all’interno di Fi, da Maurizio Bianconi, mentre in casa Pd (Ernesto Carbone, Alessia Morani e Alessia Rotta) è stata insinuata una spaccatura tra Brunetta e il capogruppo di Fi in Senato Paolo Romani e Giovanni Toti. Brunetta è stato difeso da Elvira Savino.
Altrettanto duri i toni di Nichi Vendola, accompagnato dai due capigruppo di Sel Renato Scotto e Loredana De Petris. «Non ci può essere l’idea che si può governare con colpi di mano e accelerazioni che imbavagliano il Parlamento ridotto a rango di votificio», ha detto Vendola.
Quasi irridente Matteo Salvini, che marca la propria posizione «antisistema» e che annuncia di non voler incontrare il Capo dello Stato: «Cosa devo chiedergli? Forse il numero di telefono del parrucchiere?». Il Quirinale ha fatto trapelare il proprio «stupore», anche perché l’udienza era stata chiesta dai parlamentari della Lega. Ma Salvini ha subito ribattuto: «Mi stupisco dello stupore del Quirinale. A parlare dei lavori in Parlamento, ci andranno i capigruppo in Parlamento. Quando servirà, ci andrò io». Non basta. Un altro affondo dal leader leghista: «Spero che il Quirinale sia preoccupato per la situazione in Libia, non per l’agenda di Salvini».
Quanto a Beppe Grillo, ha pubblicato sul suo blog una lettera di Mattarella, cordiale nei toni, in cui il presidente ringrazia il leader di M5s per il suo messaggio di auguri, e lo invita al Quirinale. Visita che avverrà nei prossimi giorni.
Nella maggioranza, dopo che Matteo Renzi lunedì ha ribadito di non poter modificare i contenuti delle riforme, si punta ad un clima più sereno in Parlamento. «Le riforme sono state tutte concordate con Fi, anche gli emendamenti approvati quando loro erano fuori – spiega Ettore Rosato, vicecapogruppo Pd alla Camera – perché per il voto finale non dovrebbero rientrare?». Intanto oggi in commissione Affari costituzionali il governo ha detto sì, e tutta la maggioranza ha appoggiato due emendamenti al dl Milleproporghe delle opposizioni (l’ex Ncd Barbara Saltamartini, e Giulio Marcon di Sel) sulle partite Iva. Un emendamento su questo punto del relatore Maino Marchi (Pd) era pronto, ma è stato evitato proprio per valorizzare l’apporto delle opposizioni. E infatti Rocco Palese, «fittiano» di Fi, ha plaudito «alla grande vittoria del Parlamento, frutto della massima collaborazione tra maggioranza ed opposizione».
E tutte le opposizioni si sono presentate regolarmente in Aula. Pierluigi Bersani è tornato a spiegare la richiesta della minoranza del Pd di favorire un rientro delle opposizioni in Aula: non è che ora si «rimpianga il patto del Nazareno», come qualcuno ha scritto, anzi: «è stato un errore» che va superato cambiando la legge elettorale figlia di quel Patto.
Infine Sel: il rapporto con il partito di Vendola si mostra più difficile per le tensioni in vista delle Regionali di maggio. In diverse Regioni la probabile rottura di Sel con centrosinistra non aiuterà il confronto in Parlamento.