21 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

guerra

di Maurizio Molinari

Parigi è l’alleato più attivo, Berlino sta accelerando. Ma Washington preme soprattutto sui Paesi sunniti

Dietro la decisione del presidente americano Barack Obama di sottolineare il maggiore impegno anti-Isis degli alleati occidentali c’è la missione affidata al capo del Pentagono Ashton Carter di ottenere dai Paesi sunniti, in tempi stretti, più cooperazione. Ecco quanto sta avvenendo sul terreno.

FRANCIA  

L’Eliseo è il più importante alleato di Washington e dopo gli attacchi a Parigi del 13 novembre ha ulteriormente aumentato l’impegno: il numero di jet che compiono raid è triplicato grazie all’invio della portaerei Charles de Gaulle nelle acque attorno alla Siria e la frequenza dei blitz francesi è cresciuta, concentrandosi sull’area di Raqqa. Secondo indiscrezioni insistenti Parigi avrebbe anche inviato in Siria e Iraq team ristretti di truppe speciali per migliorare la selezione degli obiettivi.

GRAN BRETAGNA  

Il 2 dicembre il Parlamento britannico ha autorizzato l’estensione dei raid anti-Isis alla Siria. Da quel momento i Tornado che operano da Cipro e dagli Emirati sono raddoppiati, concentrandosi sui campi petroliferi e sulle via di comunicazione attorno a Raqqa. Con conseguente maggiore impegno di droni.

GERMANIA  

Il governo tedesco ha autorizzato l’impegno di 1200 militari a sostegno della coalizione. Si tratta di equipaggi di aerei cisterna e per la raccolta di intelligence come anche di unità della Marina che affiancano la squadra della portaerei De Gaulle nel Mediterraneo Orientale. Inoltre, 650 soldati tedeschi sono stati inviati in Mali per sostituire nelle operazioni anti-terrorismo altrettanti francesi destinati ad attività anti-Isis.

AUSTRALIA  

Da settembre i caccia Hornet che operano da basi nel Golfo e in Giordania partecipano a raid nella Siria Orientale, in particolare nella provincia di Hasakah e nell’area di Dayr Az Zawr bersagliando basi di Isis e i camion cisterna che trasportano greggio verso la Turchia. Canberra ha anche 330 uomini in Iraq, dove addestrano unità di curdi e reparti governativi.

I PAESI SUNNITI  

A fronte del rafforzamento dei contingenti occidentali, gli alleati sunniti della coalizione hanno finora mantenuto un livello di partecipazione ai raid aerei che non supera il 5 per cento delle missioni. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Qatar e Giordania offrono soprattutto basi e logistica alla coalizione ma il Pentagono vorrebbe un maggior impegno, inclusa l’ipotesi di contingenti di terra. Anche perché l’intervento militare in Yemen contro i ribelli Houthi, guidato da Emirati e sauditi, dimostra capacità operative. C’è poi il nodo della Turchia, la cui decisione di sovrapporre i raid contro Isis agli attacchi alla guerriglia curda indebolisce la coalizione, che conta proprio sui curdi siriani per accerchiare la capitale del Califfo.

OBIETTIVO RAQQA  

In ultima istanza, l’intento Usa è di spingere gli alleati sunniti a impegnare più forze in Siria e Iraq per stringere la morsa sui territori del Califfato e in particolare su tre città: Raqqa, Mosul e Ramadi. Per sostenere le unità curde che finora, in Siria e Iraq, costituiscono le uniche truppe di terra della coalizione. Il crescente impegno di unità governative irachene per riconquistare Ramadi, occupata dallo Stato islamico lo scorso maggio, viene considerato dagli americani un modello a cui altri Paesi della regione possono richiamarsi.

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