19 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Danilo Taino

Il problema è diventato come coprire il buco Brexit (Londra potrebbe continuare a contribuire in parte) e le nuove spese

Si può riformare l’Unione europea? Non è facile: la Francia di Macron ha avanzato delle proposte; la Germania di Merkel ne ha accettate alcune ma ne respinge altre; i Quattro di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria) vogliono togliere poteri a Bruxelles; i nordici, detti Lega Anseatica 2.0, sono contrari a «più Europa»; l’Italia non si sa cosa voglia; il Regno Unito se ne sta andando. La riforma delle politiche della Ue, però, sarà obbligatoria, data dalla tirannia dei numeri e del denaro. Il 23 febbraio scorso, il Consiglio europeo ha dato il via ai negoziati che porteranno alla formulazione del prossimo bilancio della Ue, quello che varrà dal 2021 al 2027. Non si potrà andare avanti per inerzia. Con la Brexit, infatti, si creerà un buco di bilancio (a contribuzioni stabili e a zero esborso da Londra) di 94 miliardi, 13 all’anno; inoltre, il Consiglio europeo ha individuato aree sulle quali spendere di più: Difesa e Sicurezza, Immigrazione, Ricerca, Istruzione ed Erasmus.
Dal momento che il bilancio della Ue oggi è pari all’1% del Prodotto lordo dei 28 Paesi e che quasi nessuno è propenso ad aumentarlo, il problema diventa come coprire il buco Brexit (Londra potrebbe continuare a contribuire in parte) e le nuove spese. Nel bilancio corrente (2014-2020) il denaro va per il 72% (775 miliardi) alla Politica agricola comunitaria (Pac) e ai fondi di Coesione: 408 miliardi alla prima, 367 ai secondi. Il resto è così distribuito: Competitività per crescita e lavoro, 143 miliardi; amministrazione, 70; Politica estera, 66; Sicurezza e Giustizia, 18; Sostenibilità (soprattutto pesca), 11. Una simulazione effettuata dal centro di studi Bruegel ha elaborato due scenari per il bilancio 2021-2027. Nel primo, le spese per Pac e Coesione andrebbero aumentate solo sulla base dell’inflazione, non tenendo conto della crescita del Prodotto lordo dei Paesi: in questo caso, il buco della Brexit verrebbe coperto senza aumentare i contributi nazionali; resterebbero però scoperte le spese per le politiche che si vogliono rafforzare. Queste ultime e l’effetto Brexit sarebbero invece coperti se Pac e Coesione venissero congelate ai livelli attuali, cioè con un effettivo taglio nominale pari all’inflazione. Ci saranno dunque scelte da compiere. Non contabili: saranno pienamente politiche.

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