23 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

euro

di Marco Zatterin

All’Italia verrà offerto un bonus spesa extra da 14 miliardi nella logica della flessibilità regolamentata a inizio 2015 in cambio di impegni per il 2017

Ogni volta che in una capitale europea arriva una lettera della Commissione con gli inviti a fare questo o quello su debito e deficit l’ultimo sentimento che suscita è la sorpresa. I testi sono in genere scritti a molte mani, sono oggetto di revisioni continue, modificati dai tecnici europei e da quelli nazionali. La mediazione è permanente e la versione finale è in genere approvata da ambo le parti.
Così quando viene recapitato quello che per i giornali è spesso «il richiamo dell’Europa» (e nelle testate dogmaticamente euroscettiche diventa «la violazione della sovranità di paese attraverso l’imposizione della volontà di Bruxelles») il più delle volte si controlla solo che non ci siano stati cambiamenti della versione che era stata accordata.
Le lettere della Commissione sono uno degli strumenti del cosiddetto «semestre europeo», esercizio collettivo largamente non vincolante. È stato imbastito per dare una parvenza di coordinamento ai soci del club di Bruxelles. Serviva perché – visto che molti hanno la moneta in comune e tutti sono sullo stesso mercato in cui merci, capitali, cittadini circolano liberamente – si è ritenuto opportuno che vi fosse un’armonizzazione almeno parziale delle politiche fiscali ed economiche imbastite nelle diverse capitali. Così si è messo in piedi un complesso sistema di raccomandazioni che fanno più rumore che altro.
Toglie terreno da sotto i piedi di chi trova giovamento e piacere nell’attaccare il moloch europeo che ci impone le sue volontà il fatto che – per ammissione della stessa Commissione – la stragrande maggioranza delle raccomandazioni è ignorata dalle capitali. L’ultimo rapporto dice che nel 90 per cento dei casi l’attuazione è stata «limitata». È una situazione che ha dato modo alla Bce di sottolineare che «questo debole slancio sul terreno delle riforma è in netto contrasto con la circostanza secondo cui un numero crescente di paesi ha avuto squilibri eccessivi».
L’Eutower non è contenta. Riferendosi alle raccomandazioni per il 2015, ha notato che, «nonostante la loro maggiore vulnerabilità, i cinque paesi individuati per gli squilibri eccessivi non hanno, in media, conseguito un tasso significativamente maggiore di attuazione (delle raccomandazioni) rispetto alla media degli stati Ue».
Il che, si aggiunge, «è preoccupante dato che i paesi in oggetto si sono votati a una agenda ambiziosa di riforme per in cambio nella non applicazione di una procedura di deficit eccessivo». Conclusione: «Questo mette in dubbio l’affidabilità delle annunci di riforma al momento di decidere o di non applicare la procedura per gli squilibri eccessivi».

L’ITALIA È UNO DEI CINQUE PAESI IN QUESTIONE  
Oggi la Commissione ci offrirà un bonus spesa extra da 14 miliardi nella logica della flessibilità regolamentata a inizio 2015 in cambio di impegni per il 2017. Coi numeri che ha Roma in questo momento dovrebbero stangarci senza pietà. Invece è stato fatto di tutto per evitarlo. Nonostante le pressioni dei falchi tedeschi e nordici è prevalsa la volontà di un giudizio politico.
«L’Italia è un grande paese», ha un governo stabile, è europeista, sta comunque facendo le riforme, ha un debito mostruoso ma per il momento sostenibile. Meglio evitare di dare una mazzata in testa nella consapevolezza che interpretare in modo flessibile le regole crea – in questa particolare co giuntura – meno danni del farle rispettare. Nel lungo periodo, tutto questo potrebbe creare dei danni. Ma nel lungo periodo, come argomentava John Maynard Keynes, i più fra noi non ci saranno più e dunque non potranno essere votati.

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