19 Settembre 2024

SPECIALE EUROPA

Fonte La Stampa
 
L’ultimo discorso di Barroso a Strasburgo, l’ultimo consiglio Esteri di Lady Ashton a Lussemburgo. E’ la settimana degli addii, dei bilanci, dei programmi e delle promesse. Giovedì e venerdì vertice europeo.  L’Ue deve cambiare per sopravvivere.

L’ultimo discorso di Barroso domani a Strasburgo, l’ultimo consiglio Esteri di Lady Ashton oggi a Lussemburgo. E’ la settimana degli addii, dei bilanci, dei programmi e delle promesse. Mercoledì il parlamento europeo dovrebbe esprimere il suo voto di fiducia alla nuova Commissione Ue e far partire la nuova era dell’Unione. Il condizionale è dovuto all’incognita dell’audizione di stasera un cui si esamina la ripescata commissaria ai Trasporti, la slovena Violeta Bulc – già soprannominata “l’incredibile Bulc” per la brevità del curriculum. Ma nessuno si attende vere sorprese.

Così il primo novembre decollerà l’esecutivo Juncker, più politico e parecchio diverso (sulla carta) da quello guidato negli ultimi dieci anni dall’ex premier portoghese, una squadra votata alla crescita più che all’austerità, quella che deve portar fuori l’Europa dalla crisi dopo la fase della gestione e della manutenzione. Il volto della politica estera sarà italiano, con Federica Mogherini al posto di «Cathy», la baronessa britannica molto criticata nel suo quinquennio, più di quanto meritava, senza dubbio.

L’Europa deve cambiare. Non perché abbia fatto male, ma perché tutto intorno il mondo è mutato. La costruzione a dodici stelle non è stata priva di errori, anzi. L’euro è nato senza testa, i mercati erano troppo deregolamentati, i meccanismi di solidarietà eccessivamente rigidi e deboli allo stesso tempo. Dal 2010 a oggi molte soluzioni sono state messe sul tavolo, eppure non basta. Per sopravvivere, l’Ue deve rispondere con concretezza ai dubi (anche giustificati) degli euroscettici. Dare risultati per continuare a pagare un dividendo di pace e prosperità.

Da questa settimana, lentamente, cominceremo a capire se le promesse potranno essere mantenute e le esigenze troveranno una risposta. Anche da come sarà trattata la Legge di Stabilità di un’Italia vittima della crisi, del debito e della competitività mai consolidata, si vedrà davvero se a Bruxelles il nuovo vento non porta solo nubi di rigore. Le parole sono quelle giuste. Il piano da 300 miliardi annunciato da Juncker non ha ancora un profilo ma potrebbe aiutare a spezzare il circolo virtuoso. Di lì occorre cominciare a ricementare l’unione che serve a fare la forza.

«Essere uniti è essenziale», assicura Barroso in un discorso tenuto a Londra in queste ore. «Se non avessimo tenuto duro sulle regole e se la Grecia fosse uscita dall’Eurozona – dice il portoghese -, l’Ue sarebbe stata scossa delle fondamenta». Il secondo mandato di Barroso non ha portato i frutti che ci si attendevano. Era nato con la speranza che Bruxelles potesse dare la scossa, ma non è successo. «Non era il momento per imporre una nuova visione», ha spiegato nei giorni scorsi a La Stampa. Anche questo è vero. La Commissione è stata un laborioso ufficio legislativo dell’Ue, bene ha controllato l’applicazione del diritto comunitario da parte delle capitali che quelle regole le hanno scritto. E’ mancato però qualcosa. Qualcuno che buttasse il cuore oltre l’ostacolo e avvertisse quando si stava facendo poco o male.

Lady Ashton è stata massacrata dai giornalisti, ma anche dai diplomatici, da molti governi e da buona parte dell’opinione pubblica. Col tempo il suo lavoro verrà rivalutato. Doveva far decollare la macchina strana del Servizio estero e lo ha fatto. Non era facile. Il mondo sì complicato parecchio e i governi non volevano cedere prerogative. Mentre funzionari e diplomatici hanno fatto il possibile per mantenere per sé la prima fila del coro, col risultato che le cacofonie non sono mancate. Ha scelto di essere più governativa che comunitaria e lo ha pagato. Al punto che, saggiamente, la Signora Mogherini che le succede ha deciso di porre il suo quartier generale nella Commissione. Se avesse comunicato meglio, «Cathy» avrebbe ottenuti maggiori frutti. Sono lezioni che bisogna imparare. Comunicare bene e il giusto. Dire la verità, soprattutto, fintato che sia possibile.

Giovedì e venerdì il vertice del leader Ue sarà interessante da leggere. Il messaggio che arriverà sulla difesa dell’Ambiente e del Cambiamento climatico sarà un buon indice qualitativo delle ambizioni dei Ventotto e della loro capacità di stare insieme. La vigilia promette fratture, ma non si sa mai. Venerdì i leader si vedranno anche in formazione Eurogruppo, per scrivere la ricetta del nuovo cocktail della crescita, quante parti di rigore, quanti di investimenti, quanti di riforme. La formula che ne deriverà offrirà spunti per capire e ragionare.

Domenica arrivano le pagelle delle banche europee in vista del lancio dell’Unione bancaria. Questo sì che, nonostante le frenate imposte dai tedeschi, è un balzo in avanti. Il credito sarà più controllato, anzitutto dalla Bce. Ci saranno più contenuti rischi di trasmissione di comportamenti dubbi dai vertice del mondo della finanza ai nostri conti correnti. Cinque anni fa sarebbe stato impensabile, ora è una realtà.

L’Europa deve ripartire. E’ ferma, salvo eccezioni (come l’Unione bancaria), dal giugno 2013. Oltre un anno. Bisognava aspettare le elezioni tedesche, poi il governo tedesco, il voto europeo, adesso il cambi ai vertici dell’Unione.

Dal primo novembre non ci sono più alibi. Se Bruxelles, e le ventotto capitali che le danno linfa politica, non porteranno risultati concreti in termini di lavoro e ripresa, fra cinque anni le cose potrebbero essere diverse. E l’Unione stessa potrebbe essere molti passi avanti sulla strada del collasso.

 

 

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