24 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Marco Bresolin

I liberali contro il popolare Weber. La cancelliera: «Dobbiamo essere pronti al compromesso»


È partito l’assedio dei liberali a Manfred Weber. Guidati da Emmanuel Macron, i centristi rivendicano il loro ruolo-chiave nella prossima maggioranza europea e già mettono il primo veto: no al bavarese. Che però viene difeso a spada tratta dal suo partito, il Ppe. A partire da Angela Merkel. Almeno per ora. «Il nostro candidato per la presidenza della Commissione è lui», hanno ribadito i leader popolari nel pre-summit all’hotel Sofitel di Bruxelles. Berlino da una parte, Parigi dall’altra. La nuova Europa riparte così, con un alto livello di tensione sulla storica alleanza franco-tedesca.
Il vertice di ieri sera si è tenuto in formato super-riservato: niente telefonini né computer in sala. Esclusi anche i diplomatici per evitare fughe di notizie. Quel che è certo è che il confronto non ha prodotto alcun accordo sui nomi da indicare per le cariche di vertice dell’Ue. Se ne riparlerà al Consiglio del 20-21 giugno. E pure quell’incontro potrebbe non bastare per decidere il nome dei presidenti di Commissione, Consiglio, Parlamento, Bce, oltre che dell’Alto Rappresentante per la politica estera. Per questo, uscendo dal vertice, Merkel ha invitato tutti ad essere «tolleranti e pronti al compromesso».
La cena a 28 è servita a definire gli schieramenti e le alleanze in campo, che grossomodo corrispondono alle famiglie politiche che giocano un ruolo da protagonista in questa partita. Del resto, gli equilibri in Consiglio assomigliano molto a quelli del nuovo Europarlamento, con i tre blocchi principali della maggioranza composti da liberali, popolari e socialisti. «Però ora noi liberali siamo in nove – ha ricordato l’olandese Mark Rutte -, cinque anni fa eravamo in due». Per questo il fronte guidato da Macron ha deciso di lanciare la sfida al Ppe (che pure conta nove leader) e ha cercato il sostegno dei socialisti.

«Serve una figura giovane»
Le Grandi Manovre sono iniziate ben prima della cena. I principali leader sono arrivati in città con molte ore d’anticipo (non tutti in realtà: Giuseppe Conte è atterrato nella capitale belga dieci minuti prima dell’inizio del vertice e non ha avuto alcun bilaterale). Macron ha definito la sua strategia in un pranzo a cinque con il portoghese Antonio Costa, lo spagnolo Pedro Sanchez (designati dai socialisti come negoziatori), l’olandese Rutte e il belga Charles Michel (che formalmente guidano la trattativa per i liberali, nonostante il ruolo di regista occulto del francese). Pare che Angela Merkel si sia un po’ risentita di questo pranzo esclusivo.
Lo ha fatto presente nel bilaterale con Sanchez e in quello con lo stesso Macron. Per questo ha deciso anche lei di nominare una coppia di negoziatori: il croato Andrej Plenković e il lettone Arturs Krišjānis Kariņš. Ovviamente dietro le quinte resta lei a muovere i fili. Anche i quattro di Visegrad hanno deciso di fare squadra: rifiutano il metodo dello Spitzenkandidat e ufficialmente sostengono lo slovacco Maros Sefcovic, ma si tratta di una candidatura di bandiera. Peter Pellegrini, premier di Bratislava, disegna il profilo del successore di Juncker: «Serve una figura giovane, dinamica e con molto potere».

La carta Vestager
Tre caratteristiche che portano a Margrethe Vestager, attuale commissario alla Concorrenza. Ieri ha incassato il via libera del governo danese (pur essendo all’opposizione), ma tutto il fronte liberale guarda a lei. «È un eccellente candidato», secondo il lussemburghese Xavier Bettel. «Noi vogliamo un progressista alla Commissione», aggiunge Tsipras, auspicando un accordo che vada «dai liberali all’estrema sinistra», per tagliare fuori Weber. Perfido il commento di Macron: «I candidati? Vestager, Barnier e Timmermans sono certamente competenti». Non una parola sul tedesco.
Il diretto interessato, però, ha lavorato per assicurarsi il sostegno nel «suo» Parlamento, chiamato a difendere il principio dello Spitzenkandidat. Ieri mattina, nonostante l’opposizione dei liberali, è riuscito a far approvare dalla riunione dei capigruppo un documento. Nel testo si dice che il prossimo presidente della Commissione andrà scelto tra qualcuno «che abbia già reso noto il suo programma e la sua personalità prima delle elezioni e si sia impegnato in una campagna su scala europea». Barnier e Vestager rispondono a questi requisiti? «Barnier certamente no – avverte la verde Ska Keller -, ma Vestager sì». Povero Weber.

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