Fonte: Corriere della Sera
Qui, dove passano 40mila veicoli al giorno si giocano le libertà dell’intero progetto dell’Unione. Ogni ora di stop alla frontiera costerebbe 280 euro di oneri supplementari
Una donna con una pettorina gialla, la sua voce coperta dal frastuono del traffico, fa segno di non fermarsi. Bisogna correre, ogni secondo perduto in questo luogo è pericoloso. A quasi 1.400 metri di altezza fra le cime imbiancate dalla neve ritardataria di quest’anno, il varco di frontiera del Brennero non è mai apparso un ingranaggio così delicato. E vista da quassù l’Unione Europea non è mai sembrata tanto fragile, esposta alla minaccia di un infarto nel sistema di libertà materiali che restano il suo più grande successo e la sua legittimazione.
Il rischio ingorgo
Un controllo di pochi secondi su ciascuno dei mezzi che varcano la frontiera fra l’Italia e l’Austria, moltiplicato per la dimensione del commercio fra le maggiori economie manifatturiere d’Europa, può produrre un ingorgo infernale. La donna in piedi sulla linea di frontiera porta sulla pettorina gialla la scritta «Ödw Security», un’azienda viennese che a contratto fornisce sistemi di sicurezza e vigilanza privata al servizio delle autorità austriache. Varcato il confine, superata la prima galleria, i Tir provenienti dall’Italia sono tenuti a uscire dall’autostrada A22 verso uno spiazzo sulla destra: in quel percorso viaggiano a velocità ridotta per poche centinaia di metri sotto gli occhi della donna in pettorina gialla, ma in pochi vengono realmente fermati. Funziona così, per il momento.
Il fattore elezioni
Da metà aprile questo ingranaggio da oltre tremila veicoli l’ora in viaggio da Sud a Nord, quasi uno al secondo, sembra destinato a incepparsi. A Vienna il governo di grande coalizione fra socialdemocratici e popolari e il governatore del Tirolo, Günther Platter, hanno annunciato che il confine con l’Italia verrà gestito un po’ come Vienna ha già fatto con i Paesi dei Balcani: barriere e verifiche capillari. L’insistenza con la quale questa promessa torna ormai ogni giorno è tale che non resterebbe molto della credibilità del governo, se il progetto venisse ancora una volta rinviato. Il 24 aprile gli austriaci vanno alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali e il candidato della Fpoe, il partito nazionalista anti-migranti, per ora è così forte nei sondaggi da poter tenere fuori dal ballottaggio tanto i popolari che i socialdemocratici. Il margine di manovra del premier Werner Faymann non è mai stato così limitato, dopo che l’anno scorso quasi 700 mila stranieri hanno attraversato il suo piccolo Paese e 200 mila sono rimasti.
Scanner termico come a Calais
Non che i timori degli austriaci per i prossimi mesi siano infondati. Da Roma il ministero dell’Interno, informalmente, stima che dalla tarda primavera ogni giorno cercheranno di varcare questo confine fra 2.500 e 3.000 stranieri senza permesso. E nelle riunioni riservate con i responsabili italiani dello snodo del Brennero, i rappresentanti austriaci hanno già illustrato le contromisure che pensano di far scattare al più tardi il 20 aprile: per le auto un vero e proprio posto di frontiera edificato in mezzo all’autostrada, con tanto di casamatta all’uscita della prima galleria in territorio austriaco; per il trasporto pesante, lo spiazzo a destra dove oggi si muove da sola l’addetta in pettorina gialla. L’attrezzatura c’è già ed è in funzione: lungo la deviazione è stato montato uno scanner termico in grado di segnalare il calore del corpo di eventuali clandestini nascosti nei container. Un sistema simile funziona anche a Calais. Sul Brennero per il momento i controlli stanno procedendo a campione, in attesa di espandersi fra qualche settimana.
L’arteria dell’export
Il solo dettaglio che né il governo austriaco né quello italiano sono in grado di fornire riguarda le conseguenze per quella che fino ieri è stata la vita di milioni di europei. Anche solo un controllo di pochi secondi su ciascun mezzo di trasporto può renderla impossibile. Dal Brennero passano 40 mila mezzi al giorno in momenti normali, il doppio nelle fasi di grande traffico. Questa è l’arteria lungo la quale corre la gran parte dei 50 miliardi di euro di export italiano verso la Germania, il principale cliente del Paese. Fra le 5 di mattina e le 10 di sera di una giornata tranquilla attraversa questa frontiera da Sud un Tir ogni sette secondi e anche un minimo intralcio può allungare code di molti chilometri. L’algebra del commercio nel cuore d’Europa sembra dunque del tutto incompatibile con i numeri dei sondaggi politici austriaci. Elmar Morandell, il titolare di una ditta di autotrasporto di Bolzano, stima che un’ora passata in più da un camionista sulla strada verso la Germania porti almeno 280 euro di oneri supplementari. La chiusura prevista da Vienna può costare almeno un milione di euro al giorno all’intero made in Italy, se i tempi di trasporto fra il Veneto e la Baviera si allungassero anche solo di mezz’ora per ogni convoglio. Del resto, nessuno ha mai costruito l’Unione Europea e la sua moneta nell’idea di farle passare in uno scanner termico.