Il presidente del Senato Ignazio La Russa, favorevole a una “mini naja di 40 giorni”, sempre su base volontaria, annuncia a breve un ddl in merito a palazzo Madama
L’adunata nazionale degli alpini ieri Udine (in 80 mila, secondo le stime dell’Ana, da tutta Italia e anche dall’estero), è stata l’occasione per la premier Giorgia Meloni (arrivata al mattino presto per testimoniare la sua vicinanza alla “famiglia” delle penne nere), per esprimere il suo pensiero sulla leva. «Sicuramente è un tema che si può affrontare come ipotesi volontaria, alternativa al servizio civile». Anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, riflette sull’ipotesi della leva preferendo l’idea di una “mini naja di 40 giorni”, sempre su base volontaria: i “colleghi in Senato” a breve presenteranno un ddl in merito, anticipa.
Di piccola leva o “o servizio civile obbligatorio” parla anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani: «per avvicinare i giovani alle istituzioni», precisa. Il titolare della Difesa, Guido Crosetto, raggiunge la tribuna dopo aver scortato il labaro dell’Ana in sfilata con il presidente nazionale dell’associazione Sebastiano Favero. «Qui si radunano centinaia di migliaia di persone che hanno in comune non soltanto il cappello alpino, ma quello che il cappello rappresenta: la volontà di donarsi agli altri e di servire il Paese», osserva il ministro.
Dietro l’addio alla leva militare, c’è una riforma approvata 23 anni fa e tracciata dall’allora ministro della Difesa. Il suo nome è Sergio Mattarella, oggi presidente della Repubblica. Nell’ottobre del 2000, infatti, arriva il via libera definitivo del Senato alla legge che prevede la naja «solo in caso di guerra o di particolari casi di crisi». Solo Rifondazione comunista vota contro. Verdi e Pdci si astengono. La riforma Mattarella prevede l’addio al reclutamento di militari di leva, sostituito da personale volontario in servizio permanente, entro sette anni (si completerà in anticipo, nel 2006, sulla spinta di quanto disposto di una legge successiva, la legge “Martino” dal nome del successore di Mattarella alla guida della Difesa). Nei sei anni ci sarà una riduzione progressiva del numero degli ufficiali e dei sottufficiali.