Fonte: Corriere della Sera
di Maurizio Caprara
Sarraj e Haftar concordano il monitoraggio e si impegnano a non determinare un’escalation. I due leader, però, si evitano
Il riassunto più efficace del risultato dichiarato dalla Conferenza di Berlino sulla Libia sta nella risposta a un giornalista che ha domandato: quale garanzia esiste di far durare oltre questa giornata il «cessate il fuoco» tra le forze del generale Khalifa Haftar e del presidente Fayez al-Sarraj? «La decisione più importante è che i partecipanti si impegnano a non determinare un’escalation», ha detto ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel. Non poteva aggiungere, ma è evidente, che l’impegno è tutto da verificare. In serata un’altra risposta è arrivata da Tripoli: Al Jazeera ha riferito di nuovi scontri nella periferia sud. Adesso occorrerà vedere soprattutto che cosa faranno Russia e Turchia, ormai più presenti di prima nel Mediterraneo con i rispettivi appoggi a uno o l’altro dei due nemici libici. I quali, ieri, pur essendo a Berlino non si sono neppure incontrati.
Libia, chi sta con Sarraj e chi invece con Haftar
Si è innalzato il livello dei partecipanti al confronto, nella riunione che la cancelliera tedesca ha promosso sulla Libia d’intesa con l’Onu. A differenza di quanto avvenne nel 2018 alla Conferenza di Palermo, ieri in Germania tra le delegazioni di 11 Paesi c’erano il presidente russo Vladimir Putin, il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca che in Sicilia si erano fatti rappresentare da livelli inferiori ai propri. Ma Al-Serraj e Haftar, che a Palermo si erano stretti la mano, seppure solo alla fine, sono rimasti in locali separati. E l’innalzamento di rango dei partecipanti deriva anche da quanto è peggiorata la situazione dopo che il generale appoggiato da Egitto, Russia, Francia e altri ha cominciato il 4 aprile scorso un’offensiva verso la Tripoli di Al-Sarraj, a sua volta sostenuto da Ankara: secondo l’Onu duemila miliziani e oltre 280 civili morti , 170 mila sfollati. E, da sabato, il blocco imposto da Haftar a porti dai quali si esporta il petrolio libico.
Oggi a Bruxelles, nel Consiglio affari esteri dell’Unione europea, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue Josep Borrell potrebbe delineare con qualche dettaglio in più come militari europei potrebbero in futuro contribuire a far rispettare un cessate il fuoco duraturo. L’attuale, fragile, è scattato il 12 gennaio su impulso di Russia e Turchia. Uno dei progressi definiti ieri più importanti dalla Germania sta nella designazione di cinque nomi da parte di Haftar e cinque di Al-Sarraj per formare un comitato militare libico misto. Proposto dall’Onu, il cui Consiglio di sicurezza dovrà valutare i documenti approvati a Berlino, l’organismo dovrebbe favorire il consolidarsi della tregua.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a Berlino con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha ribadito la disponibilità dell’Italia «nella direzione del monitoraggio della pace». Per ora il percorso è, nel migliore dei casi, solo avviato. «Piccoli passi avanti», è stato il giudizio del ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov. Il paradosso è che gli impegni, a cominciare da quello sul rispetto dell’embargo dell’Onu sulle armi, ci sono. Ma a sottoscriverli sono anche Turchia, Russia, Emirati. Che di armi ne hanno fornite.