Mentre giura amicizia a Putin e di fatto lo sostiene nella sua impresa bellica di conquista, il vertice cinese dice che «La sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi deve essere sostenuta efficacemente»
Parlare di Ucraina e pensare a Taiwan. Il documento in 12 punti pubblicato il 24 febbraio dal ministero degli Affari Esteri cinese sulla guerra lanciata dalla Russia è stato letto da alcuni come un abbozzo di piano di pace. Il punto numero tre è titolato «Cessare le ostilità»: idea lodevole, la quale però, realizzata ora, premierebbe l’aggressore regalandogli pezzi del Paese invaso. Infatti, Vladimir Putin lo ha accettato nel lungo incontro con Xi Jinping. In realtà, da questo punto di vista il position paper di Pechino è un no-starter, qualcosa da cui è impossibile partire porre fine alla guerra. L’obiettivo del documento è presentare la Cina come forza di pace, in particolare agli occhi dei Paesi del cosiddetto Sud Globale. E c’è un aspetto interessante al primo dei 12 punti, titolato «Rispettare la sovranità di tutti i Paesi». Mentre giura amicizia a Putin e di fatto lo sostiene nella sua impresa bellica di conquista, il vertice cinese dice che «La sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi deve essere sostenuta efficacemente».
La contraddizione è palese. Ma serve a Xi per parlare d’altro, per affermare che Taiwan non sarà mai indipendente perché parte della Repubblica Popolare Cinese: la sovranità è dunque cinese e il territorio è cinese. Il guaio, per Pechino, è che a Taiwan non la pensano così. Il Centro di studi elettorali della National Chengchi University, indica che nel 1992, il 17,6% degli abitanti dell’isola si definiva solo taiwanese, il 25,5% solo cinese, il 46,4% sia taiwanese che cinese (il resto non rispondeva). Interrogati l’anno scorso su come definiscono la loro identità, i cittadini di Taiwan hanno risposto così: il 60,8% solo taiwanese, il 32,9% cinese taiwanese, il 2,7% solo cinese. Rispetto al 2020, sono un po’ diminuiti coloro che si dicono solo taiwanesi, che erano il 64,3%; e sono aumentati i cinesi-taiwanesi, che erano il 29,9%. Variazioni — dicono gli esperti — legate all’ insoddisfazione con alcune politiche del partito di governo, il Dpp, che sostiene l’indipendenza di fatto (non formale), cioè lo status quo. La realtà, comunque, è che meno del 3% degli abitanti di Taiwan si definisce solo cinese. La Repubblica Popolare non ha mai controllato l’isola e chi ci vive non vuole finire sotto il dominio del Partito Comunista Cinese (più del 90%). Questioni di sovranità.