22 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Angelo Panebianco

Questi movimenti non sono tutti uguali, ma hanno un dilemma in comune: come rispettare le promesse elettorali senza portare i Paesi alla rovina?


I movimenti neo-nazionalisti(detti sovranisti) europei non sono tutti uguali. Lasciando da parte il caso di quelli dei Paesi ex comunisti (che hanno speciali caratteristiche), si può però dire che i neo-nazionalisti europeo- occidentali debbano tutti fare i conti con un dilemma: come rispettare le promesse elettorali senza portare i rispettivi Paesi alla rovina? I loro successi dipendono dal fatto che promettono soluzioni per problemi dei quali gli establishment hanno a lungo negato l’esistenza. Rispondono a domande di protezione, promettono di porre fine a diffuse paure. Molti elettori apprezzano chi fornisce loro un capro espiatorio (la globaliz-zazione, l’Europa, la Germania) a cui imputare i disagi economici presenti o che promette di metterli al riparo dagli effetti di migrazioni senza corrispondenti integrazioni. Elettori che sommando insicurezza economica, disagio per gli accelerati cambiamenti del paesaggio culturale dovuti all’immigrazione, e qualche volta anche insicurezza fisica, rispondono entusiasticamente a chi offre loro politiche anti-migranti. Per inciso, è falso che queste paure siano artificialmente create dai suddetti movimenti. Quasi mai i politici creano qualcosa. È però vero che quelle paure vengono amplificate. Del resto, la politica è anche questo: cavalcare paure (di ogni tipo) è parte integrante di ciò che hanno sempre fatto i politici di tutte le tendenze.
Il problema però è che la risposta neo-nazionalista a queste paure è un’ offerta di «autarchia» (ciò che i neo-nazionalisti chiamano «recupero della sovranità nazionale») che funziona come richiamo elettorale quando essi sono all’opposizione ma che perde credibilità quando vanno al governo. Perché a quel punto devono fare i conti con la dura realtà. La realtà è che gli stati nazionali europei «non hanno più il fisico», non hanno le risorse per dedicarsi a baldorie sovraniste. E difatti il neo-nazionalista parla di recuperare la sovranità nazionale (contro l’Europa ) ma è disponibile a fare del proprio Paese un satellite della Russia.
Una volta giunti al governo, inoltre, i neo-nazionalisti scoprono che non possono sbarazzarsi dei vincoli europei. Ciò diventa oggetto di recriminazione ideologica: nella versione illiberale della democrazia propria di questi movimenti, nulla deve ostacolare la «sovranità popolare» il volere del «popolo» (il quale, naturalmente, non esiste: è un’astrazione che sta a indicare un’occasionale maggioranza relativa di elettori) . Se il suddetto popolo si è espresso votando i neo-nazionalisti, qualunque ostacolo alla sua volontà è un’ intollerabile cospirazione anti-democratica ordita da poteri forti: di questi tempi, la classe dirigente tedesca è, fuori dalla Germania, il più gettonato fra i poteri forti che tramano e cospirano.
Consideriamo il caso della Lega e osserviamo il modo in cui ha fin qui collegato la costruzione del consenso interno e i rapporti con il mondo esterno all’Italia. Preciso che non mi occupo di altri aspetti (ad esempio, la questione delle tasse ) che pure contribuiscono a spiegare i suoi successi. La variante salviniana del neo-nazionalismo ha mostrato di avere un punto di forza e due punti di debolezza.
Il punto di forza riguarda le posizioni di Salvini sull’immigrazione. Riscuote grandi consensi. È aiutato in ciò dai suoi oppositori: non solo gli oppositori politici ma anche una parte della Chiesa cattolica e degli apparati amministrativi e giudiziari. Anziché elaborare una politica dell’immigrazione diversa da quella di Salvini ma in grado di dare una risposta alle paure degli elettori che guardano a lui, i suddetti oppositori sembrano solo capaci di balbettare «accoglienza, accoglienza»: come se il Vangelo, anziché essere, per chi ci crede, il nutrimento spirituale in grado di avvicinare gli uomini a Dio e tra di loro, fosse riducibile a un testo legislativo sull’immigrazione (per giunta monco e parziale: preoccupato di tutelare quelli che arrivano e indifferente a coloro che dovrebbero accoglierli). Con oppositori così, almeno fin quando si tratta di competizione elettorale, Salvini è in una botte di ferro (anche se poi, se e quando tornerà al governo, dovrà di nuovo fronteggiare le difficoltà che ha già incontrato la sua politica dell’immigrazione). Se l’immigrazione è un punto di forza, i punti di debolezza riguardano i rapporti con l’Europa e con la Russia. Date le sue evidenti capacità non è possibile che Salvini non abbia capito che, senza cambiamenti radicali, la sua eventuale futura azione di governo si scontrerà con difficoltà e opposizioni fortissime. Non sarebbero pochi a contrastare la svolta illiberale del Paese connessa a un allentamento dei rapporti con l’Europa e a un rafforzamento di quelli con la Russia: se Salvini continuerà, come una volta dichiarò , a sentirsi più «a casa sua» a Mosca che a Bruxelles noi saremo sicuramente nei guai ma forse nei guai ci finirà anche lui.
Salvini ha certamente capito che la vera ragione per cui è nato il governo Conte 2 è dovuto al fatto che i 5 Stelle andarono a Canossa (e lui no): votarono nel Parlamento europeo a favore del nuovo Presidente della Commissione. Sembra avere capito che le velleità antieuro degli sfasciacarrozze che un tempo tanto apprezzava non possono portarlo da nessuna parte. Per inciso, dato che la politica è fatta da uomini e donne in carne ed ossa, sarebbe rassicurante per tutti se Salvini, comprendendo che il solito bravo Giancarlo Giorgetti da solo non basta, si circondasse di collaboratori, per esempio economisti, non pregiudizialmente antieuropei, impegnati a cambiare ciò che non va nell’Unione ma tenendosi alla larga da quelli che vogliono distruggerla. Alcuni indizi, qua e là, hanno fatto pensare che Salvini fosse pronto a cambiare gioco.
Altri indizi però dicono cose diverse. Perché Salvini, ad esempio, si congratula con Vox, il movimento di estrema destra spagnolo, per il successo elettorale? Ciò fa sospettare che egli non abbia imparato la lezione, che sia pronto a riproporre quella politica antieuropea che ha danneggiato il Paese all’epoca del primo governo Conte. Ci sono nodi, insomma, che Salvini non ha ancora sciolto. Se non lo farà, forse vincerà comunque le prossime elezioni. Ma saranno guai per tutti. Il motivo è chiaro: è l’ impossibilità di essere sovranisti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *