20 Settembre 2024

Fonte: Maurizio Mulinari

Il diverbio fra il presidente del Consiglio Conte ed il presidente della Lombardia Fontana sui provvedimenti anti-coronavirus descrive in maniera plastica la debolezza del nostro Paese nell’affrontare la più grave emergenza sanitaria della Storia della Repubblica.
Per rispondere alla presenza di due focolai del virus – nel Lodigiano ed a Vo’ Euganeo – il governo ha varato provvedimenti che hanno letteralmente chiuso la vita pubblica ed economica del Centro-Nord, trasformando all’istante il nostro Paese nel secondo catalizzatore di sospetti globali sul virus dopo la Cina ovvero nella concausa di un crollo dei mercati che, nella sola giornata di lunedì, ha bruciato oltre mille miliardi sulle maggiori piazze finanziarie. Di conseguenza aziende, merci, imprenditori, dipendenti e singoli cittadini italiani vengono additati in più Continenti come una fonte potenziale di contagio, sottoposti a quarantene ed altre limitazioni di attività che non hanno precedenti. Il risultato è una temibile minaccia per la sorte del pil nazionale – già in condizioni assai precarie – prodotto in gran parte proprio dalle regioni del Nord più investite dai provvedimenti varati dal governo Conte. Nulla da stupirsi se gli imprenditori di ogni ordine e grado, dal Piemonte al Friuli passando per la Lombardia, temano il peggio, come i servizi che pubblichiamo oggi nelle nostre pagine documentano. Uno di loro confessa: «Se andiamo di questo passo, quando il governo dichiarerà la fine dell’emergenza non ci saranno più aziende e uffici in cui tornare a lavorare». Ovvero, è un conto alla rovescia: la serrata del Centro-Nord per una settimana tramortisce il pil, per due rischia di polverizzarlo.
Per gestire tale emergenza il governo italiano è chiamato a far fronte ad una duplice urgenza. Primo: comunicare con trasparenza, e costanza, i progressi nella lotta al virus nei focolai in Lombardia e Veneto come nel trattamento dei malati per testimoniare l’impegno delle migliori risorse del Paese nel contenere e far retrocedere il contagio. Indicando un calendario o una metrica per far comprendere a tutti – cittadini e mercati – i progressi verso il ritiro dei provvedimenti di emergenza. Secondo: comunicare, con celerità ed efficacia, con i maggiori partner economici per proteggere aziende e singoli cittadini. Le nostre ambasciate in queste ore sono inondate da richieste di aiuto dei nostri connazionali: devono essere sostenute da energiche mosse governative.
I primi segnali su una possibile inversione di marcia del governo su alcuni provvedimenti – come lo sport – suggeriscono che il ripensamento è iniziato a tempo record. Ma l’errore più grande è lasciare la tempistica dei provvedimenti anti-virus, e dunque la credibilità della nazione, in balia dell’incertezza perché ciò nuoce all’Italia intera, mette a rischio la sua prosperità ed in ultima istanza la sua sicurezza. Perché più ambiguità proiettiamo, più credibilità perdiamo, più diveniamo concausa della crisi globale innescata dal virus di Wuhan, più causiamo danni concreti a milioni di famiglie già bersagliate dalle diseguaglianze.
Ecco perché il disaccordo sulla qualità della Sanità lombarda fra Giuseppe Conte ed Attilio Fontana contrasta con l’interesse nazionale: trasmette l’immagine della leadership di un Paese lacerato dalla politica più miope, che dedica le sue risorse a litigi inutili al fine di risolvere i problemi del Paese. Non c’è alcun dubbio che il premier ha ragione nel rimproverare alla Sanità lombarda di essersi fatta sfuggire il «paziente 0» come non c’è alcun dubbio che il premier porta su di sé la responsabilità di aver bloccato i voli diretti dalla Cina ma non gli arrivi indiretti, esponendo il Paese al rischio di contagiati. Ma proprio per tali motivi entrambi dovrebbero pensare non a bisticciare a fini politici bensì a riscattarsi agli occhi degli elettori perseguendo l’interesse dell’intero Paese. In tempo utile per evitare l’implosione del nostro intero sistema economico.

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