Fonte: Corriere della Sera
di Massimo Franco
L’accelerazione del Pd mentre il Movimento non riesce a uscire dalle proprie contraddizioni
L’attivismo del Pd e l’immobilismo del M5S disegnano traiettorie sfasate tra le due forze del passato governo. La segreteria di Enrico Letta si sta definendo a tappe forzate. Sono stati indicati i due vicesegretari, Irene Tinagli e Beppe Provenzano, scavalcando le logiche correntizie e cercando di far dimenticare la forzatura maldestra sulla candidatura dell’ex ministro Roberto Gualtieri per il Campidoglio. E presto si capirà il rapporto con i gruppi parlamentari, sospettati di criptorenzismo.
I Cinque Stelle, invece, nascondono il blocco decisionale con l’abbraccio di Beppe Grillo alla sindaca di Roma, Virginia Raggi. Sono istantanee di quella che rimane virtualmente la forza di maggioranza relativa; ma che nella realtà si sta sgretolando, in attesa che emerga la silhouette di Giuseppe Conte come leader. Ogni mossa sembra determinata da una sola esigenza: impedire che la spaccatura interna si aggravi. Più passano i giorni, però, e più si ha l’impressione di un avvitamento che nessuno è in grado di bloccare.
Colpisce la lentezza con la quale sta prendendo forma l’investitura di Conte. L’ex premier viene indicato come nuovo capo del Movimento; meglio, dello spezzone che emergerà dopo la rottura con la piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio e con i contestatori dell’appoggio al governo di Mario Draghi. Si aspetta un suo documento che dovrebbe risolvere il contenzioso finanziario con Casaleggio: esito tuttora non scontato. Sullo sfondo ristagnano però altre questioni, come il divieto di candidare più di due volte deputati e senatori e i rapporti con gli altri partiti.
È soprattutto il divieto del terzo mandato a fare paura. Falcidierebbe gran parte della nomenklatura grillina. Per questo è probabile che il criterio, additato come uno dei fondamenti dell’identità grillina, salti; oppure che si prevedano eccezioni per aggirarlo. Ma il rimbalzo sarà quello di accentuare le critiche della componente radicale, e di provocare altre uscite dal Movimento. L’accusa di «poltronismo», finora riservata agli altri partiti, promette di diventare un boomerang: anche perché si accompagna a scelte poco coerenti.
L’ultima è stata la notizia della nomina di un noTav come Giorgio Sorial, braccio destro di Di Maio quando era ministro per lo Sviluppo economico, al vertice della società del Traforo del Monte Bianco. La scelta ha provocato reazioni sarcastiche: tra i soci figura la famiglia Benetton, contro la quale il M5S si è scagliato dopo il crollo del ponte Morandi di Genova e i morti che ha provocato. Più che di una riconversione moderata, sembra l’emblema delle contraddizioni sempre più vistose del M5S.