9 Novembre 2024

Fonte: Huffington Post

di Giuseppe Colombo

Contatti serrati Roma-Bruxelles. Se la sanzione per aver violato le regole comunitarie arrivasse prima del 15/10 sarebbero guai

La palla nel campo la butta Giancarlo Giorgetti quando il Consiglio dei ministri ha da poco approvato la mini-estensione del green pass. È il ministro dello Sviluppo economico a sensibilizzare i colleghi sul rischio di un fallimento di Alitalia. Chiede che a prendere una posizione sia l’intero Governo. Doveva essere il Cdm della tregua tra Mario Draghi e Matteo Salvini sul certificato verde, diventa la riunione su come salvare il percorso per fare decollare Ita il 15 ottobre. Dalla Commissione è attesa una blindatura, frutto di una raffica di telefonate che la notte scorsa ha animato la linea Roma-Bruxelles. E la blindatura arriva: una portavoce non conferma l’indiscrezione del Financial Times che il giorno prima ha parlato della decisione della stessa Commissione di giudicare illegale il prestito da 900 milioni concesso dal governo italiano ad Alitalia nel 2017. Ma non basta. Bruxelles non ha ufficializzato il giudizio, ma la decisione è quella. L’accordo tra le parti dice che tocca al governo italiano completare l’operazione. Con uno scudo.
E così a palazzo Chigi prende forma l’idea di rafforzare le norme per tutelare la transizione tra Alitalia e Ita che è in calendario tra poco più di un mese. Lo scudo ha un obiettivo: garantire che la vecchia compagnia resti in piedi in modo da tenere in piedi anche tutti i passaggi che sono legati alla nascita di Ita. Il governo italiano ha concordato con l’Europa una discontinuità tra il vecchio e il nuovo, ma senza una blindatura l’intero processo è a rischio. Se la multa per aver violato le regole comunitarie dovesse arrivare prima del 15 ottobre sarebbero guai. E non solo perché Alitalia non ha in cassa 900 milioni da restituire. Di fronte all’impossibilità di pagare, il commissario straordinario Giuseppe Leogrande avrebbe una sola possibilità: dichiarare il fallimento della società. Ora è evidente che Ita non sarà una nuova Alitalia rimaneggiata. Il personale sarà ridotto di un quarto rispetto a quello della vecchia compagnia (2.800 addetti iniziale a fronte degli attuali 10.106) così come il numero degli aerei. E saranno quattro gare, a cui possono partecipare anche altri operatori aerei, a riassorbire le ceneri dell’ex compagnia di bandiera. Ma Ita è pienamente inserita in questo percorso e deve quindi arrivare a traguardo se vuole decollare.
Lo scudo serve quindi a tutelare i passaggi già previsti e che però andrebbero a vuoto se Alitalia dovesse fallire. A partire dal passaggio diretto tra la vecchia compagnia e la nuova del ramo aviation. Ma se Alitalia dovesse finire a gambe per aria prima del 15 ottobre salterebbe anche tutto il resto. A giorni, infatti, la struttura commissariale pubblicherà il bando per partecipare alla gara che assegnerà il marchio di Alitalia. Poi ci sono le gare per il ramo della manutenzione e per l’handling (i servizi a terra): anche a queste parteciperà Ita. L’unica questione a non preoccupare è quella del bando per il programma fedeltà Millemiglia dato che Ita non potrà prendervi parte.
La messa al riparo della nuova avventura della compagnia di bandiera arriva tra l’alto in un momento delicatissimo. Tra il management dell’azienda e i sindacati non c’è accordo e i 2.800 lavoratori di Ita si ritroveranno in mano un regolamento aziendale invece che un contratto nazionale. Gli stipendi saranno ridotti, i lavoratori sono da due giorni in assemblea e domani la protesta arriverà davanti Montecitorio. Bisogna ancora capire che fine faranno i lavoratori di Alitalia che non entreranno in Ita. Il ministro dei Trasporti Enrico Giovannini prova a rassicurare, annunciando che il collega Andrea Orlando ha trovato delle possibili soluzioni, “non solo ammortizzatori sociali di breve termine, ma anche una formazione continua”. Prima però lo scudo. Altrimenti non ci sarà più la vecchia Alitalia ma neppure la nuova.

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