21 Novembre 2024

I dati diffusi dall’Onu. Ora per New Delhi la sfida numero uno è quella della crescita economica mentre Pechino diventa più aggressiva perché ha fretta

Quando la statistica solleva speranze e allo stesso tempo spaventa. Le Nazioni Unite hanno confermato ciò che si sapeva: nel 2023 l’India diventerà il Paese più popoloso del mondo, supererà la Cina. L’Onu indica che il sorpasso avverrà attorno alla metà dell’anno ma secondo altri calcoli sarebbe già avvenuto. Fatto sta che alla fine del 2023 gli indiani saranno 1,4286 miliardi, i cinesi 1,4257 miliardi. Di demografia si parla poco: in realtà, è una forza potente e nel caso del confronto Delhi-Pechino racconta il futuro e il presente più di un milione di analisi geopolitiche. Per quel che riguarda l’India e, forse soprattutto, la Cina e il suo leader Xi Jinping.
Diventare la Nazione più popolata della Terra comporta un salto di responsabilità, all’interno e sul piano internazionale. All’interno, è la conferma di una sfida straordinaria: dal momento che il numero degli indiani continua a crescere (la popolazione è giovane, il 65% ha meno di 35 anni), si tratta di garantire la creazione massiccia di lavoro. La crescita economica è la sfida numero uno per l’India. Ogni anno, otto milioni di giovani indiani sono pronti a entrare nel mercato del lavoro. Al momento, l’economia del Paese sta andando bene, almeno nei numeri: dopo l’8,7% di crescita del 2021, l’anno fiscale che si è chiuso a marzo dovrebbe essere attorno al 7%. Meglio della storica rivale Cina. Il problema è la creazione di lavoro: oggi, la stragrande maggioranza delle persone è attiva nell’economia non ufficiale.
Il governo di Narendra Modi ha introdotto alcune riforme per facilitare investimenti da parte delle imprese interne e multinazionali, in particolare per sviluppare la manifattura e per attrarre aziende che diversificano e portano attività fuori dalla Cina per ragioni geopolitiche. Sta inoltre realizzando un piano massiccio di infrastrutture – autostrade, ferrovie, aeroporti – secondo solo a quello degli anni d’oro della Cina. Ci sono però problemi seri di trasparenza del mercato, soprattutto quello finanziario, di burocrazia e di corruzione. Serviranno altre riforme. Sul piano internazionale, il sorpasso demografico alla Cina conferma l’obiettivo di Delhi di presentarsi al mondo come una superpotenza: in parte lo è già, in parte lo diventerà. Per una democrazia, però, significa anche svolgere un ruolo positivo nelle relazioni con gli altri Paesi. Per molti versi, l’India è oggi uno dei Paesi leader del cosiddetto Sud Globale, quelle Nazioni che non hanno intenzione di schierarsi né con la Cina né con gli Stati Uniti, per esempio sull’invasione russa dell’Ucraina. Ciò nonostante, la rivalità di Delhi con Pechino la spinge inevitabilmente a essere vicina a Washington su molte questioni, a cominciare dagli equilibri nell’Indo-Pacifico, dove l’India, assieme a Usa, Giappone e Australia, fa parte del Quad, la collaborazione sulla sicurezza che vuole limitare l’egemonia cinese nella regione. Se possibile, il superamento demografico rafforza la determinazione del governo indiano ad affermare i propri interessi in Asia e soprattutto a contrastare l’espansionismo di Xi Jinping.
Molto più preoccupante è la posizione del sorpassato. L’effetto di essere meno popolosi dell’India non è tanto un fatto psicologico per i cinesi. E, vista la scarsa possibilità di discussione nel Paese, non è tutto sommato nemmeno motivo di critica feroce della politica di figlio unico imposta dal Partito Comunista per decenni. Il problema vero è che, come sempre si dice, i governanti cinesi pensano sui tempi lunghi. E ovviamente agiscono sui tempi brevi. Tempi lunghi significano un crollo demografico. Già dal 2022, la popolazione del Paese è in calo e le Nazioni Unite calcolano che a fine secolo gli abitanti della Cina saranno meno di 800 milioni. Secondo altre previsioni, addirittura più che dimezzati rispetto a oggi, a meno di 600 milioni. In ogni caso, un crollo straordinario che prefigura l’impossibilità per la Cina di diventare nel tempo, con passo tranquillo, quella grande potenza al centro del mondo, il che è l’obiettivo dei vertici di Pechino.
Il declino demografico può essere devastante in economia, nelle relazioni sociali, nelle dinamiche politiche e nella credibilità internazionale di un Paese che vuole emergere ma in realtà si restringe. La Cina ha probabilmente raggiunto il punto massimo della sua potenza e il calo della popolazione dice che non durerà per sempre. Se la demografia gioca contro, Xi Jinping cerca di anticiparla: ha poco tempo per portare il Paese nella posizione che egli stesso continua a sostenere gli spetta, cioè almeno alla pari della superpotenza americana. L’assertività internazionale di Pechino degli ultimi anni è motivata per molti versi dal calo previsto della popolazione, che è estremamente difficile da contrastare. E anche l’aggressività crescente nei confronti di Taiwan è indicativa del fatto che, più di tanto, Pechino sa di non potere aspettare: la conquista dell’isola è il passaggio necessario, ineludibile per realizzare gli obiettivi di egemonia cinese sui mari che la circondano e oltre. È anche questo il motivo per il quale Xi dice di non volere lasciare la questione di Taiwan «alle prossime generazioni», le quali sarebbero indebolite rispetto a oggi e probabilmente non più in grado di raggiungere gli obiettivi globali del Partito Comunista. Proprio perché i vertici della Cina pensano sui tempi lunghi, sanno che il tempo a disposizione è poco: a un certo punto, il declino diventerà una gabbia. Fino a poco tempo fa si diceva «la Cina rischia di diventare vecchia prima di diventare ricca». L’urgenza che spinge Xi Jinping è che «la Cina rischia di diventare vecchia prima di diventare superpotente». Come spesso è successo nella Storia, la demografia muove il mondo. Essere sorpassati dall’India racconta questo ai vertici cinesi. Che hanno fretta.

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