Fonte: Corriere della Sera
di Beppe Severgnini
L’islamismo è un avversario ostico, ma non è invulnerabile. Può e deve essere fermato anche cercando di comprendere le psicopatie che trasformano un uomo in un massacratore
Riprendete il Corriere di ieri e guardate le prime pagine. Portano le fotografie di 47 vittime del massacro di Nizza. Non solo francesi e italiani. Anche georgiani, armeni, algerini, malgasci, polacchi, belgi, kazaki, americani, svizzeri, tedeschi, tunisini, caraibici. Persone di ogni età, condizione e fede (su 84 vittime, almeno 30 sono musulmane). Una dimostrazione lampante di quanto sta avvenendo. Non una guerra tradizionale, non una guerra di religione, ma il tentativo di disgregare la società europea. La più libera e benestante del pianeta: non dimentichiamolo mai. Bisogna reagire!, gridano in tanti. D’accordo: ma come?
La prima risposta può apparire banale ed è questa: restiamo calmi e uniti. Il nostro panico è il loro obiettivo, la nostra discordia è la loro vittoria. La seconda risposta, dolorosa: chi colpisce a caso, mostrando di non dare importanza alla vita umana, non può essere sempre fermato. Ma spesso sì.
Può e deve essere fermato prima che metta le mani su armi di distruzione di massa. È sgradevole ricordarlo, ma non ci sono dubbi: i nostri nemici non avrebbero scrupoli ad usarle. Può e deve essere fermato mentre tenta di organizzarsi. Gli attentatori lasciano sempre tracce dei loro propositi. In Italia il terrorismo — 1.300 attacchi, 485 morti e più di mille feriti gravi tra il 1969 e il 1988 — è stato sconfitto anche grazie a pentiti e infiltrati. L’islamismo è un avversario più ostico, ma non è invulnerabile. Può e deve essere fermato cercando di comprendere le psicopatie che trasformano un uomo in un massacratore. Le testimonianze dopo gli ultimi assalti — Parigi, Nizza, il treno tedesco — mostrano personalità disturbate: gli psichiatri possono rivelarsi utili quanto gli investigatori.
Può e deve essere fermato lanciando una controffensiva culturale. «Propaganda» non è una parolaccia. La storia offre molti esempi di psychological warfare, che opera sul sistema di convinzioni e di valori degli avversari, sulle loro emozioni e sui loro motivi. Da Alessandro Magno alla Guerra Fredda, passando per le operazioni britanniche contro i nazisti: qualcosa, anche oggi, bisogna tentare. La narrazione dello scontro — in Europa, in Medio Oriente, in Africa — è lasciata ai carnefici, che così riescono a conquistare nuovi adepti (infiammando soggetti frustrati e menti deboli). Ma la vita è più affascinante della morte: basta saperla raccontare.