La tragedia di Medea e la trasformazione del mondo moderno hanno ancora molto da dirsi
Possono convivere l’Intelligenza artificiale (AI) e Medea? Quando Euripide la mise in scena per la prima volta era il 431 a.C. Nel V secolo a.C. gli autori di tragedie partecipavano con i loro nuovi lavori a festival e in quell’occasione Euripide arrivò solamente terzo. Medea era (ed è) una la miscela esplosiva. Maga, straniera, ha abbandonato la propria terra per l’uomo che ama, per lui ha tolto di mezzo ogni ostacolo pur di seguirlo e vivere insieme per sempre. Ameno così sperava. Ma, giunta in Grecia, Giasone vuole liberarsi di lei e sposare un’altra donna. Medea, che ha perso se stessa per Giasone, ferita in ogni piega della sua anima, si scatena come una leonessa, pronta a tutto per vendetta e per salvare la sua dignità, anche a uccidere i suoi figli. E c’è un dettaglio importante, nel mito più noto al pubblico greco erano gli abitanti della città in cui si era rifugiata a ucciderli. Per Euripide così non è, li fa uccidere dalla propria madre. Dettaglio terribile e geniale che provoca, sfida, fa schierare, e provare nella carne sentimenti che arrivano dal sottosuolo della nostra razionalità. La tragedia greca sa mettere il dito nella piaga delle contraddizioni e degli errori di cui siamo fatti. Per accettarli o per rimuoverli, ma sono gli errori a tenere nutrito il nostro lato umano.
Il dibattito sull’ AI è giustamente acceso. Bill Gates, nei mesi scorsi ospite in Italia, l’Intelligenza artificiale sta già innescando una rivoluzione che trasformerà radicalmente il mondo del lavoro, della sanità e dell’istruzione. Indietro non si torna. Bene. Sarà capitato a molti di essere coinvolti in conversazioni sull’opportunità di occuparci di miti greci mentre il mondo sembra andare in un’altra direzione. Eppure, mentre l’AI sta dando forma alla nostra illusione di essere immortali, ancora la scorsa estate una platea da concerto rock è accorsa, da Siracusa a Verona, a vedere, ancora una volta, Medea in scena e a ricordarci la nostra mortalità (e siamo fiduciosi che la prossima stagione teatrale otterrà lo stesso entusiasmo). I centomila fans di Medea, fans di ogni età, ci dicono che le due realtà sono più interconnesse di quello che pensiamo: non siamo fatti di risposte corrette e meccaniche, già depurate da ogni errore, senza nemmeno farcelo conoscere. Eppure il nostro lato umano e mortale ha molto a che fare con la possibilità di essere fallibili, in viaggio verso la continua ricerca di armonia. È una bella parola greca, significa connessione. Con noi stessi.
Il dibattito sull’ AI è giustamente acceso. Bill Gates, nei mesi scorsi ospite in Italia, l’Intelligenza artificiale sta già innescando una rivoluzione che trasformerà radicalmente il mondo del lavoro, della sanità e dell’istruzione. Indietro non si torna. Bene. Sarà capitato a molti di essere coinvolti in conversazioni sull’opportunità di occuparci di miti greci mentre il mondo sembra andare in un’altra direzione. Eppure, mentre l’AI sta dando forma alla nostra illusione di essere immortali, ancora la scorsa estate una platea da concerto rock è accorsa, da Siracusa a Verona, a vedere, ancora una volta, Medea in scena e a ricordarci la nostra mortalità (e siamo fiduciosi che la prossima stagione teatrale otterrà lo stesso entusiasmo). I centomila fans di Medea, fans di ogni età, ci dicono che le due realtà sono più interconnesse di quello che pensiamo: non siamo fatti di risposte corrette e meccaniche, già depurate da ogni errore, senza nemmeno farcelo conoscere. Eppure il nostro lato umano e mortale ha molto a che fare con la possibilità di essere fallibili, in viaggio verso la continua ricerca di armonia. È una bella parola greca, significa connessione. Con noi stessi.