20 Settembre 2024

Fonte: Huffington Post

di Lucia Annunziata

Da Charlie Hebdo a Manchester, i morti e il sangue del terrore hanno mutato l’agenda politica e la scala sociale del nostro Continente

Altro che disperazione urbana, disagio sociale, emarginazione culturale. Guardando all’immediato effetto dell’attentato di Manchester, è difficile anche solo ricordare tutta la sociologia usata, e sprecata, intorno all’ondata di attentati che da tre anni attraversa l’Europa.
Certo, sì. E’ probabile che ancora una volta anche per Manchester scopriremo che la manovalanza terrorista si nutre dei soliti disperati. Ma dopo anni è difficile non vedere la “intelligenza” con cui si è abbattuta sull’Europa la guerra del terrore. E non trarne una sincera conclusione: alla fine i morti e il sangue del terrore hanno cambiato l’agenda politica e la scala sociale della nostra Europa. Nella crisi in cui navighiamo con tanta difficoltà, nella crisi politica che sta accelerando la fragilità delle nostre istituzioni e lo “smembramento” del senso di unità del continente, i terroristi hanno avuto un grande peso.
Se prendiamo le date e le mappe degli attacchi, e le date e le mappe di alcuni avvenimenti politici che hanno avuto un ruolo cruciale nella nostra storia recente, esse sono praticamente sovrapponibili.
Partendo dall’8 gennaio del 2015 , il giorno di Charlie Hebdo (12 morti), passando per il novembre 2015 del Bataclan (130 morti innocenti e indifesi), e il 14 luglio 2016 di Nizza (84 morti), e la decapitazione in una chiesa di Rouen del parroco, il 26 luglio 2016, la Francia è stata vittima di una ondata di attacchi senza respiro, proprio nel periodo che la portava alle Presidenziali.
La capitale d’Europa Bruxelles, simbolo sempre più criticato di una Unione sempre più debole, viene messa nel mirino il 22 marzo 2016 (31 morti e 300 feriti) in due attentati: all’aeroporto Zaventem e uno alla stazione.
La Germania non sfugge agli attacchi, nonostante la sua politica a favore dell’accoglienza massiccia di immigrati. Nel Capodanno fra il 2015 e 2016 migliaia di donne in varie città della Germania vengono sessualmente aggredite in un episodio di molestie di massa che viene fatto passare sottotono come un sia pur drammatico scontro di culture. Nelle recenti elezioni locali si scoprirà, poi, che impatto ha avuto quell’episodio nell’orientare la scelta dei cittadini. Il 18 luglio 2016, a Wurzburg, un ragazzo di 17 anni proveniente dall’Afghanistan ferisce cinque persone a colpi d’ascia. Il 24 luglio 2016 ad Ansbach un uomo, di origine siriana, si fa esplodere in un concerto (15 persone ferite di cui 4 in modo grave). Il 19 dicembre 2016 a Berlino, l’ attacco maggiore (12 morti e 56 feriti) con un tir sulla folla, come a Nizza.
A Londra le stragi ricominciano il 22 marzo 2017 davanti al Parlamento di Westminster, con un attentatore che si lancia in macchina sulla folla (quattro morti e circa 40 feriti). E ora Manchester, che arriva , e non si può non notare, a pochi giorni dalle elezioni generali dell’8 giugno. Ultimo appuntamento, nell’ordine, di una serie di voti e passaggi drammatici che l’Europa sta affrontando. La Brexit del giugno 2016, le elezioni francesi, quelle prossime tedesche e italiane. Tutte scadenze in cui l’Unione appare sempre più fragile e il sistema dei partiti sempre più inesistente.
Né è un caso che la crisi europea si sia velocizzata proprio dal 2015. Certamente la causa di questa accelerazione è stata la crisi della immigrazione. Che però, come si vede dalle date, si è sviluppata insieme alla iniziativa terroristica.
Che rapporto ci sia stato e ci sia fra questi due fenomeni è dibattito tutto aperto. Negli ambienti più conservatori, è stata stabilita una equazione perfetta fra immigrazione e terrorismo: la prima ha portato il secondo. Ma se questa tesi appare troppo forzata, se cioè l’immigrazione non ha provocato il terrorismo, sicuramente i due fenomeni si sono nutriti l’uno dell’altro assommando paura, sgomento, e incertezza sul futuro. Rafforzando l’idea che il nostro mondo rischia una fine caotica.
Il terrorismo si è inserito bene in questa crisi, ha saputo cogliere, alimentare, e contribuito a formulare questa crisi del nostro mondo. In questo senso, ha saputo dispiegare una ” intelligenza” tattica dei nostri punti deboli, riuscendo a influenzare profondamente la società e la politiche del nostro continente.
E’ un risultato che rimanda a forze molto più complesse dei semplici lupi solitari o dei foreign fighters. Faremmo bene a dircelo. Invece che rassicurarci ogni volta con l’idea dell’estremista isolato, della crisi di civiltà, o della gratificante retorica della nostra forza.

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