Fonte: La Stampa
di Ugo Magri
Nel discorso tv affrontate tutte le difficoltà dell’Italia: “Impossibile andare alle urne con due sistemi diversi”
Per la politica l’anno incomincia con un bagno di realtà. Il messaggio di Mattarella è stato una rappresentazione cruda delle diseguaglianze che suscitano rabbia e dunque impediscono di sentirci una comunità vera, dove tutti remano dalla stessa parte. Secondo il Presidente non siamo uniti perché ci sono troppa povertà, troppa marginalità e disoccupazione; perché la ripresa «è debole», con il Sud ancora «in affanno»; perché le donne restano «penalizzate» e discriminate, oltre che bersaglio di violenze; perché corruzione, evasione fiscale e illegalità sono sotto i nostri occhi; perché l’immigrazione porta con sé disagi, e a ignorarli non si fa «un buon servizio alla causa dell’accoglienza»; perché tanta gente soffre e vorrebbe dallo Stato un aiuto che non arriva, si pensi alle «lunghe liste di attesa» negli ospedali, ai «trasporti pubblici carenti». Perché, insomma, esistono ancora i cittadini «di serie B». A peggiorare il clima ci si mettono i «social media», a colpi di «odio» e di «violenza verbale». Il risultato è «una società divisa, rissosa, in preda al risentimento», che «smarrisce il senso di comunità» (vocabolo ripetuto ben 4 volte nel discorso tivù). Dopo anni di propaganda, era forse ora di sentirselo dire.
Quando voteremo
Dei 16 minuti di messaggio, Mattarella ne ha dedicati 14 alle cose vere e solo 2, gli ultimi, alla cosiddetta politica. Nemmeno una parola su Gentiloni e Renzi, semmai una spiegazione a quei cittadini che, dopo il referendum, si sarebbero attesi di tornare alle urne per eleggere il nuovo Parlamento. A loro il Capo dello Stato riconosce che sì, effettivamente, votare sarebbe la «via maestra». Tuttavia è stato costretto a mettere in piedi un altro governo, sia pure con l’orizzonte limitato a «settimane» o «mesi», perché in questo momento ci mancano «regole elettorali chiare e adeguate». Abbiamo un sistema proporzionale al Senato e uno fortemente maggioritario alla Camera, «con alto rischio di ingovernabilità». Farci votare in queste condizioni sarebbe stato «poco rispettoso», una presa in giro. Per cui si provveda a uniformare il sistema, dopodiché Mattarella fa intendere che scioglierà senza indugio le Camere, se questo chiederanno i partiti. In fondo nulla impedisce di votare in giugno; tantomeno lo vieta il G7 di fine maggio a Taormina, dove l’Italia verrà comunque rappresentata da Gentiloni.
Giro di vite
Forse proprio in vista del voto, il Presidente cambia passo sull’immigrazione e si preoccupa che non diventi l’arma vincente dei populismi. Segnala come «la presenza di numerosi migranti sul nostro territorio» abbia accresciuto «un senso di insicurezza». Sollecita misure per impedire che in Italia «si radichino presenze minacciose o predicatori di morte»: parole da intendere quale via libera al giro di vite annunciato dal ministro dell’Interno Minniti. Dure bacchettate invece all’altro ministro, Poletti, che aveva usato toni sprezzanti verso i giovani costretti a emigrare. Mattarella non l’ha citato per nome; ma quando ha preteso rispetto, è stato chiaro a tutti a chi si rivolgesse