Fonte: Corriere della Sera
di Paolo Valentino
Il vertice coordinato con gli Stati Uniti a Vienna vuole rafforzare il presidente e aprire al generale Haftar Ma il tempo sta scadendo
La comunità internazionale si ritrova lunedì e martedì a Vienna, nel tentativo di dare nuovo dinamismo alla soluzione delle crisi in Libia e Siria, irrobustendo i fragili sviluppi positivi registrati, nonostante ostacoli e contraccolpi, nelle ultime settimane. Convocata da Stati Uniti e Italia, che conferma così il suo ruolo di primo piano nella partita libica, la riunione ministeriale di domani pomeriggio ripropone il formato della conferenza voluta dal ministero degli Esteri Paolo Gentiloni e svoltasi a Roma in dicembre, ampliato ad alcuni attori regionali e soprattutto consolidato dalla presenza del nuovo governo di unità nazionale di Fayez Serraj, che ha assicurato una delegazione la più ampia e inclusiva possibile.
Nella capitale austriaca, Serraj viene a raccogliere un importante messaggio di sostegno internazionale alla sua azione per stabilizzare il Paese, dove le divisioni fra le milizie rivali e la crisi economica aggravano una situazione resa già esplosiva dalla mortifera minaccia di Daesh. Ma dietro il significato politico del comunicato congiunto – dove i Paesi occidentali, la Russia, la Cina si ritroveranno insieme agli attori regionali come l’Arabia Saudita e ai grandi burattinai della crisi libica, dall’Egitto agli Emirati – l’esercizio viennese servirà soprattutto a lavorare dietro le quinte per facilitare la soluzione dei nodi più delicati, che ostacolano la transizione e rischiano di rivelarsi devastanti per il fragile esecutivo di Serraj.
Se è lecita la reductio ad unum dei problemi libici, il tema più intrattabile appare il ruolo che il generale Khalifa Haftar, signore delle milizie dell’Est e prediletto del regime egiziano, avrà (o accetterà) nei futuri equilibri del Paese. Nei giorni scorsi Serraj ha infatti istituito una Guardia presidenziale, che potrebbe costituire l’embrione delle future forze armate libiche. Ma è chiaro che nessun progresso su questo terreno sarà possibile senza il coinvolgimento dell’ex fedelissimo di Gheddafi. Il consolidamento della Guardia presidenziale è tanto più importante, in quanto è una precondizione dell’eventuale allentamento dell’embargo Onu sulle vendite di armi alla Libia, che proprio ieri gli Stati Uniti si sono detti disposti a considerare, ma viene visto con scetticismo dalla Russia (che dispone del diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza) almeno fin quando la situazione rimane volatile.
L’altro nodo delle discussioni dietro le quinte viennesi sarà la recente decisione di Serraj di dar vita a un comando unificato per la lotta a Daesh. Anche qui, il ruolo di Haftar sarà decisivo: gli verrà offerta la responsabilità militare delle regioni dell’Est? E accetterà il focoso generale di servire in una struttura dove Serraj è formalmente riconosciuto come comandante in capo?
Un altro rovello viennese sarà il prolungamento di un anno della missione navale europea Sophia, annunciato sabato a Bruxelles da Federica Mogherini e che oltre al controllo dei traffici illegali potrebbe ora comprendere anche l’addestramento di una Guardia Costiera libica. Ma occorre prima il consenso del governo di unità e soprattutto una pianificazione operativa, di cui ancora non c’è traccia.
Certo, a differenza dei Rolling Stones, il tempo non è dalla parte di Serraj. L’approccio prevalso nelle ultime settimane e favorito dall’Italia, quello di privilegiare la stabilizzazione e di accelerare una «ownership», una proprietà libica della lotta ai jihadisti, rischia di essere vanificato se non produce un salto di qualità, nel senso dell’unificazione degli sforzi. Al contrario, in questa fase cresce la tentazione delle milizie di fare a gara, ognuna per sé, nell’agire contro Daesh. «Di fronte a questa frammentazione – dicono fonti europee – i Paesi più disposti alle azioni mirate, come Usa e Francia che hanno già truppe speciali sul terreno, potrebbero rompere gli indugi e lanciare i raid. Ma a quel punto la stabilizzazione e la riconciliazione sarebbero a rischio».
Al dossier siriano sarà invece dedicata la giornata di martedì. Il formato della riunione sarà quello del Gruppo Internazionale di Supporto, ampliato a Giappone e Paesi Bassi. L’obiettivo è quello di dare pieno sostegno all’iniziativa russo-americana del 9 maggio scorso, per garantire la tregua e rilanciare i negoziati di pace.