8 Settembre 2024
POLITICA
Fonte: La Stampa

politica

Il premier dovrà decidere se mantenere l’impegno con Alfano
e “tradire” l’accordo con Berlusconi sulle riforme

ROMA

Ogni cosa ha il suo tempo, e nella domenica di Renzi altre questioni hanno avuto netta priorità. Parlare con la Merkel dell’Ucraina, ad esempio, ieri era di gran lunga più importante del pollaio domestico. Per cui non c’è da stupirsi che la legge elettorale sia rimasta in ombra. Tuttavia oggi il premier dovrà dedicarvi un tot di attenzione perché domani iniziano le votazioni alla Camera.

 

Già stasera l’assemblea dei deputati Pd vorrà ricevere lumi su come regolarsi, e quale che possa essere la decisione molte tensioni per il governo ne deriveranno. Renzi si trova a un bivio: o resta fedele al patto del 18 gennaio con Berlusconi e sfida a scrutinio segreto le frange inquiete del Pd (oltre, si capisce, alla «santa alleanza» dei partitini). Oppure, per non rischiare la prima sconfitta parlamentare, il presidente del Consiglio può disdire gli accordi col Cav e siglare un compromesso coi piccoli partiti che gli permetta di superare indenne il cerchio di fuoco.

 

Perché di impresa ardua realmente si tratta, causa le votazioni a scrutinio segreto su oltre 200 emendamenti. Il più insidioso è quello presentato da Lauricella (Pd area Civati), che posticipa l’entrata in vigore dell’«Italicum» al giorno in cui il Senato dirà sì alla propria riforma. Qualcuno sostiene che per ragioni di regolamento verrà votato in modo palese, dunque senza «franchi tiratori». Però cambierebbe poco in quanto nel segreto dell’urna, prima del Lauricella, andranno comunque votati altri 5 emendamenti, sottoscritti da altrettanti esponenti di tutti i partiti eccezion fatta per Forza Italia, che puntano a cancellare l’intero articolo 2 della legge, rendendola inapplicabile al Senato. L’effetto sarebbe un Lauricella al cubo.

 

Non è dato prevedere la decisione ultima del premier, che con i suoi si dichiara fiducioso di «portare a casa la legge entro questa settimana» e ha vestito i panni del lottatore (nella sua stanza è comparso un pallone da rugby). Era previsto ieri sera un chiarimento con Alfano, ma se vi sia effettivamente stato, e soprattutto sull’esito, nulla trapela. La forza di Angelino sta negli impegni presi nel famoso colloquio notturno da cui decollò il governo: testimoni Lupi e Franceschini, Renzi promise che avrebbe dato via libera all’emendamento Lauricella. Però nessuna riforma istituzionale si farà, e forse nemmeno la legge elettorale, se il Cavaliere offeso si metterà di traverso. Tra l’altro, nel giro stretto berlusconiano asseriscono che l’intesa siglata un mese e mezzo fa fu messa addirittura nero su bianco, con tanto di postille e condizioni. In caso Renzi venisse meno ai patti, aggiungono minacciosi da quelle parti, non sarebbe difficile rinfacciargli il voltafaccia. Toti, consigliere politico dell’ex premier, alza preventivamente il tiro, «il credito di Renzi si sta esaurendo, speriamo che sulla legge elettorale trovi più coraggio».

 

In realtà Verdini, che con il capo del governo mantiene un filo fondato sulla reciproca simpatia, nutre speranze di portare a casa il risultato, «alla fine Matteo rispetterà i patti» è il mantra. E perfino nel caso che non li rispettasse, ostenta tranquillità il capogruppo Brunetta, «noi usciremmo vincitori comunque, perché verrebbe a dimostrarsi che nemmeno Renzi riesce a farsi rispettare dalla sua sinistra». Insomma per Berlusconi la classica situazione che gli anglosassoni definirebbero di «win or win».

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