È iniziata alle 15.30 l’informativa al Senato dei ministri di Carlo Nordio e Matteo Piantedosi sul caso Almasri

Casellati: caso affrontato con responsabilità
«Oggi in Senato abbiamo ascoltato le informative dei ministri Nordio e Piantedosi sul caso Almasri. Le loro dichiarazioni confermano che il Governo ha affrontato la vicenda correttamente e nell’unico modo possibile: con responsabilità e nell’interesse del Paese». Lo scrive sui social la ministra per le Riforme istituzionali, Elisabetta Casellati.

La Russa: «State calmi, fatemi fare il presidente»
Il presidente La Russa è costretto a intervenire più volte per permettere ai colleghi di parlare e far tacere le proteste: l’Aula del Senato è molto rumorosa, e lui conclude il dibattito dicendo: «Fatemi fare il presidente, la seduta è conclusa, restino solo quelli che ritengono di dover sottolineare fatti personali». A quel punto però scoppia il caos. Tra le proteste generali intervengono Boccia, che si è sentito offeso personalmente per la vicenda del tesoriere Pd, e poi Renzi, che ne approfitta per denunciare «l’onda giustizialista che può massacrare le persone senza aspettare le sentenze». Secondo Renzi c’è un tentativo di far finire in «rissa» un dibattito su un torturatore libico: «Voi Fratelli d’Italia siete i peggiori giustizialisti». Ma La Russa lo riprende: «Non mi sembrava un atto di solidarietà, ho sentito altri nomi». Si infila anche Gasparri: «Voglio biasimare come parlamentare ciò che la Procura della Repubblica di Roma ha fatto contro il governo». La Russa è stremato: «Siamo al dibattito libero, ormai», dice. Alle 17.20 annuncia che la seduta è tolta.

Balboni: «Immigrazione? Non risulta nel caso Almasri, ma se ne parla con la vicenda del tesoriere Pd»
«State dicendo una madornale inesattezza, non è il ministro che ha causato la scarcerazione, ma la Corte penale ha sbagliato il provvedimento», dice Alberto Balboni, Fratelli d’Italia. «Non è mai successo che la Corte penale si riunisca giorni dopo e emetta un atto completamente diverso! Luca Ridolfi, richiamando la distinzione di Weber tra etica della responsabilità ed etica della convinzione, mi sembra una citazione opportuna: voi dell’opposizione avete stipulato altrettanti accordi con la Libia. Nel mandato di cattura non c’è parola che riguarda l’immigrazione, mentre se ne parla molto nell’atto che accusa il tesoriere del Pd, anche Boccia doveva sapere».

Unterberger (Svp): Nordio e Piantedosi si contraddicono.
Il guardasigilli applichi mandato della Cpi, non difenda Almasri

«La vostra ricostruzione non convince affatto, mi chiedo se vi siete parlati prima di riferire in Parlamento». Così la senatrice Julia Unterberger, presidente del Gruppo per le Autonomie, si è rivolta ai ministri della Giustizia e dell’Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, nella discussione generale al Senato dopo le loro informative sul caso Almasri. «Avete detto uno il contrario dell’altro – ha aggiunto -. Il ministro Nordio alle giustificazioni finora date ne aggiunge un’altra, il mandato di cattura nullo. Il ministro Piantedosi invece evince il profilo di pericolosità sociale da questo mandato di cattura nullo, per cui doveva ricorrere per l’espulsione al volo di Stato. Le vostre ricostruzioni non combaciano minimamente. Nordio fa il garantista dell’indagato anche nei confronti della Cpi: con i tipici mezzi che sono il male profondo della giustizia italiana, elenca una serie di cavilli formali e nulla sulla sostanza. Io non trovo essenziale se Almasri ha commesso i reati dal 2011 o dal 2015, mi interessa sapere se un torturatore, che ha violentato un bambino di 5 anni, goda di impunità per colpa dell’Italia». «Trovo grave – ha continuato la senatrice – che nella sua arringa difensiva di Almasri getta discredito sulla Cpi, di cui l’Italia è un Paese fondatore. Si lamenta della rapidità con cui tutto questo stato fatto. Sarebbe stato il caso di convalidare arresto, poi il difensore di Almasri avrebbe avuto tutto il tempo per contestare le presunte nullità da lei indicate. Il compito del ministro della Giustizia è eseguire il mandato di cattura della Cpi e non fare il difensore di Almasri. Quello che è successo è sotto gli occhi di tutti. Siete talmente ossessionati sul disciplinare i flussi dei migranti, che accettate tutto, anche che vengano torturati e uccisi da criminali da voi pagati: uno di questi lo avete appena salvato perché possa continuare il suo lavoro e continuare il suo operato. L’Italia è tornata credibile in tutto il mondo, dice la presidente Meloni, allora vi consiglio, andate a vedervi la stampa estera».

Alessandra Maiorino (M5S): «Questa informativa è una farsa»
Durissima la 5 Stelle Maiorino, ricordando che questo intervento sarebbe dovuto avvenire la scorsa settimana. «Un insulto al Parlamento e al popolo. Ministro Nordio, ma lei vuole convincere me e tutti gli altri che io dovrei sentirmi più sicura che lei ha messo fuori un criminale internazionale? L’insulto a questo Parlamento è sorprendente», dice la senatrice, suscitando le reazioni rumorose di diversi senatori: il presidente Ignazio La Russa è costretto a intervenire e chiedere ai senatori di «stare buoni».
​«Inquietante che vogliate ripristinare l’immunità per gli eletti, ma che la voleste istituire anche per i criminali internazionali è inaccettabile. Giorgia Meloni, che doveva inseguirli per tutto il globo terracqueo, è lei che aspettiamo, che venga a dare spiegazioni».

Gasparri: «Almasri col bollino blu ovunque, tranne che in Italia». Poi attacca Lo Voi: «Vada a casa»
Maurizio Gasparri (Fi) replica direttamente a Renzi accusandolo di aver seminato chiacchiere nel campo degli ulivi e raccogliere milioni dall’Arabia Saudita. «I pasticci fatti dalla Corte sono evidenti e sotto gli occhi di tutti, ad esempio il Procuratore di questa Corte fu avvocato di criminali, per cui secondo me non è così affidabile. Questo criminale poi ha girato in Europa col bollino blu, poi diventato rosso quando arriva in Italia. La Corte penale dei miei stivali, secondo la quale Netanyahu dovrebbe essere rinchiuso in un campo e invece è alla Casa Bianca», sbotta Gasparri. Gasparri accusa anche i governi del passato di aver stretto accordi con la Libia, «io ricordo gli accordi col pessimo Gheddafi». E poi se la prende con la Procura di Roma che pubblica atti giudiziari. «Lo Voi vada a casa perché non può guidare la Procura di Roma», attacca. «Ha attentato alla sicurezza dello Stato pubblicando atti giudiziari».

Renzi: «Piantedosi imbarazzato, Nordio imbarazzante»
«Abbiamo ascoltato un ministro imbarazzato», dice Matteo Renzi di Piantedosi. Mentre Nordio sarebbe stato «imbarazzante», con il suo «latinorum»: «Signor ministro ha violentato dei bambini, ha torturato delle donne, ucciso delle persone, e voi lo avete mandato in Libia col volo di Stato?!. Di fronte a questo clamoroso passo indietro, c’è una sola persona che ha fatto la scelta giusta, Giorgia Meloni: quella seggiola là, è la scelta migliore. Atreju dicembre 2024: dopo aver detto che i centri in Albania funzioneranno, Meloni ha definito i  trafficanti di uomini i nuovi mafiosi. Lei aveva il boss dei boss, allo stadio, e lo ha rimandato a casa. Vuol dire che non può più parlare di immigrazione». Il Signore degli Anelli? «Non è più il libro da leggere, come aveva consigliato la sorella della premier, ora va di moda Pinocchio. Attenzione – ha proseguito Renzi – che a noi tocca la parte del grillo parlante mentre Nordio e Piantedosi avete fatto la parte del gatto e della volpe. Lucignolo lo fanno fare a Delmastro Delle Vedove, se vede il curriculum di Almasri lo propone per il Dap. Meloni vorrebbe fare la fatina, ma lei fa l’omino di burro, quello che guida il carro e che porta i bambini fuori dalla scuola, nel Paese dei balocchi, dove diventano somari. L’omino di burro ha una vocina convincente, una narrazione. Pensavate di aver trovato la lady di ferro, avete trovato l’omino di burro, forte coi deboli e debole coi forti». Renzi dice che Meloni è «vile», suscitando le proteste della maggioranza. «Se ci fosse stato da parte della vile presidente del Consiglio un atto di coraggio, avrebbe detto che l’interesse del Paese in Libia è l’Eni, e invece è scappata, scarcera i torturatori e si affida al gatto e alla volpe».

De Cristofaro: «Meloni sotto ricatto, liberato un criminale per difendere il memorandum con Tripoli»
Peppe De Cristoforo (Sinistra italiana) rivendica la mancata presenza della premier in Aula: «Lei la principale responsabile, e la sua assenza è una fuga vigliacca di chi scappa dalle proprie responsabilità, anche se i ministri hanno provato fin dall’inizio di confondere le acque. Il ministro della Giustizia non dice perché ha evitato di rispondere alla Procura di Roma e perché non ha ordinato il riarresto, e Piantedosi non ha indicato qual è stata la fretta che lo ha portato ad espellere subito il criminale». Secondo De Cristofaro, «c’erano innumerevoli possibilità, la liberazione è stato un atto voluto, non dovuto». Meloni, «non può essere stata all’oscuro di queste manovre», dice il senatore: «E allora spiegatelo al Paese, nel nome della ragione di Stato e per rispondere ai flussi migratori, l’Italia si avvale dei criminali? E la sicurezza nazionale può essere un pretesto per violare i diritti umani? Meloni su questa vicenda è evidentemente sotto ricatto, avete liberato un criminale per difendere il memorandum con Tripoli».

Carlo Calenda: «Svilita la dignità dello Stato»
«Siamo davanti a una generale sagra dell’ipocrisia: tutti i governi compresi quelli di cui ho fatto parte hanno avuto a che fare con i tagliagole libici. E per fortuna abbiamo avuto una persona che si chiama Marco Minniti che se ne è fatto carico e apparteneva al Pd. E tuttavia, non si può sostenere che per la sicurezza si scarcera una persona che è condannata e la si riporta dove ha commesso i suoi delitti. Quello che è stato fatto è una lesione alla dignità dello stato, e la dignità è stata svilita perché abbiamo fatto fare a questo bandito un carosello infame in Libia…Ma mollatelo nel deserto!», dice Carlo Calenda dopo l’informativa dei ministri Nordio e Piantedosi al Senato.

Piantedosi: «Il governo continuerà sulla stessa linea»
Per Piantedosi, dopo che era venuta meno la condizione di restrizione della libertà per Almasri, era fondamentale per tutelare sicurezza dello Stato e ordine pubblico espellere il criminale libico. «Su questa linea il governo fermo e continuerà ad agire all’occorrenza allo stesso modo, sempre e solo nell’interesse dell’Italia e dei suoi cittadini».

Piantedosi: «Ecco perché ho deciso di espellere Almasri»
«Smentisco che nelle ore in cui  si è sviluppata la vicenda il governo abbia ricevuto una forma di pressione indebita, ricatto o minaccia, al contrario» le decisioni sono state prese «nella esclusiva tutela degli interessi del nostro Paese». L’espulsione di Almasri è da inquadrare nelle esigenze di salvaguardia della tutela e dell’ordine pubblico, che il governo mette sempre al centro dell’interesse nazionale, per evitare danni al Paese e ai suoi cittadini, dice Piantedosi al Senato. E poi ricostruisce anche qui il percorso: la richiesta di mandato per Almasri, che risale a ottobre, il mandato spiccato a gennaio, i viaggi di Almasri, che avrebbe girato senza problemi in Europa prima di arrivare in Italia. Il 15 gennaio una delle persone che lo accompagnava ha noleggiato un’autovettura a Fiumicino, auto che è stata controllata dalla polizia tedesca, insieme ad Almarsi che ha mostrato un biglietto ferroviario da Londra a Bruxelles. La Corte ha emesso nei canali Interpol una nota cosiddetta di colore blu, finalizzata alla raccolta discreta di informazioni e documenti di viaggio, con richiesta per le autorità tedesche di informare l’ufficio del Procuratore della Cpi, ma non fermarla e né arrestarla. Il nominativo veniva inserito nelle banche dati tedesche da novembre, solo per sorveglianza discreta. A gennaio la nota blu è stata diramata ad altri Paesi, non all’Italia. Nei canali Interpol non c’era alcuna indicazione diretta all’Italia, tantomeno di arresto. Solo nella sera del 18 gennaio la nota si trasformava in rossa e veniva rivolta anche all’Italia. E sempre nella notte tra sabato e domenica il segretario generale Interpol validava il mandato d’arresto: poche ore dopo Almasri veniva rintracciato e arrestato. Così alle 3 del 19 gennaio venivano inviati agenti che alle 9.30 procedevano all’arresto. Fermati per reato di favoreggiamento i tre libici che erano con lui. Almasri era a disposizione della Corte d’Appello di Roma e della Procura generale. Dopo la mancata convalida dell’arresto, mi sembrava chiaro che Almasri rischiava di rimanere sul suolo italiano, per questo ho emesso un ordine di espulsione per motivi legati alla sicurezza dello Stato.

Nordio: «Capisco il clamore emotivo, ma la legge è legge»
Il ministro Nordio segnala anche in Senato che c’erano discrasie di date, 4 anni di torture orribili, nelle motivazioni della Corte penale internazionale, che hanno suscitato le perplessità di una delle giudici e che hanno spinto lui stesso ad avere dubbi sulla validità dell’atto. In Senato il ministro mostra anche una mappa sinottica che mostra la differenza tra la prima decisione e la seconda, in cui si rileva che il reato era partito 2015, non dal 2011. Il primo atto, sottolinea Nordio, era nullo perché non era un mistake materiale, ma 4 anni di «stupri, uccisioni, violenze di ogni genere»: «Se avessi chiesto di trasmettere i documenti per il mandato d’arresto, sarebbe stato considerato non valido». Anche al Senato ci sono urla di disappunto: «Io capisco, ma la legge è legge, non possiamo scavalcare le procedure», dice Nordio. «Allora perché abbiamo fatto il processo di Norimberga? Perché esiste la Corte penale internazionale». Tornando ad Almarsi, la seconda versione, o anche detta corrected version, è un nuovo mandato d’arresto, secondo Nordio. E anche al Senato Nordio anticipa che chiederà conto delle incongruenze alla Corte penale internazionale, riscuotendo gli applausi della maggioranza e i fischi della minoranza.

Salvini in aula Senato
È presente anche il vicepremier Matteo Salvini in aula del Senato per l’informativa dei ministri Nordio e Piantedosi su caso Almasri. Oltre ai due ministri interessati, al banco del governo sono presenti i ministri Casellati, Zangrillo e Valditara. Assente la premier Meloni e l’altro vicepremier Tajani. Tra gli altri ministri presenti anche Elisabetta Casellati, Anna Maria Bernini, Giuseppe Valditara.

Bongiorno in Aula al Senato
La senatrice della Lega Giulia Bongiorno ha fatto il suo ingresso in Aula al Senato dove sono appena iniziate le informative sul caso Almasri dei ministri della Giustizia e dell’Interno, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, che lei stessa in veste di avvocato difende assieme alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al sottosegretario Alfredo Mantovano, tutti indagati per la vicenda del libico. «Non faccio dichiarazioni oggi», ha tagliato corto Bongiorno, che è anche presidente della commissione Giustizia del Senato, rispondendo a chi le chiedeva un giudizio sulle informative tenute in mattinata a Montecitorio. «Quelle alla Camera non ho avuto modo di sentirle, ho letto solo le agenzie. Ora – ha aggiunto – vado a sentire queste informative al Senato».

Opposizioni pronte a formalizzare richiesta di Meloni in Parlamento
I gruppi di opposizione si preparano a formalizzare una richiesta di convocazione in Aula della premier Giorgia Meloni per confrontarsi direttamente con lei su scarcerazione e rimpatrio in Libia del ricercato Cpi Almrasi, dichiarandosi del tutto insoddisfatti dall’informativa resa in aula alla Camera in proposito dai ministri di Interno e Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio. L’indicazione emerge dopo contatti incrociati fra i gruppi di opposizione sulla posizione espressa dal Governo a Montecitorio. Formalizzazione e annuncio della nuova iniziativa parlamentare sul caso Almrasi finalizzata ad un confronto parlamentare diretto con la presidente del Consiglio, secondo quanto si è appreso, avverrà in assenza di novità rilevanti nelle informative di Piantedosi e Nordio nel secondo atto delle comunicazioni dei due ministri al Parlamento in aula al Senato.

Boldrini (Pd): Nordio delegittima Cpi e fa difensore di Almasri
«Un’informativa farsa, quella di oggi a Montecitorio sul caso Almasri. La presidente Meloni, la patriota in fuga, ha mandato i ministri Nordio e Piantedosi che si sono anche contraddetti tra loro. Abbiamo dovuto ascoltare il ministro della Giustizia delegittimare la Corte penale internazionale e fare l’avvocato difensore di un uomo accusato di torture, violenze di ogni genere e stupri perfino su bambini. Uno spettacolo deprimente a cui non poteva mancare anche il consueto attacco alla magistratura di cui ormai la maggioranza non riesce più a fare a meno. In una informativa imbarazzante i due ministri hanno rivendicato la decisione politica di rilasciare un ricercato internazionale, una scelta che ha screditato il paese in tutto il `globo terracqueo´». Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.

Bonelli: alla Camera un’informativa imbarazzante
«L’informativa di Nordio e Piantedosi è stata semplicemente imbarazzante. Non sono venuti in Parlamento per spiegare come sia stato possibile liberare un pericoloso criminale, ma per raccontare bugie, cercare di imbrogliare gli italiani e, soprattutto, attaccare la magistratura e la Corte Penale Internazionale. Nordio, che nella vicenda Almasri ha responsabilità maggiori, invece di fare il ministro della Giustizia si è trasformato nell’avvocato d’ufficio di uno stupratore che ha usato violenza sui minori, un torturatore, un assassino e un trafficante di esseri umani. Un criminale spietato che il governo Meloni ha rimesso in libertà». Così Angelo Bonelli parlamentare di AVS e co-portavoce di Europa Verde dopo l’informativa del governo sulla vicenda Almasri. «Invece di assumersi la responsabilità di questo fallimento clamoroso, il Guardasigilli ha preferito delegittimare i giudici italiani e persino la Corte Penale Internazionale, accusandola di aver corretto il testo del mandato di cattura e di averne, a suo dire, svilito l’efficacia. Un comportamento grave e pericoloso, che delegittima le istituzioni e mina i principi dello Stato di diritto. La verità è chiara: il governo Meloni ha fallito, ha permesso la liberazione di un criminale feroce e ora cerca disperatamente di distogliere l’attenzione con attacchi alla magistratura», conclude.

Magi: «Meloni non poteva non sapere»
«Quella sedia vuota è un’offesa per il diritto internazionale», dice Riccardo Magi, +Europa. «Abbiamo ascoltato il ministro della Giustizia indossare gli abiti del difensore d’ufficio di un personaggio che il ministro Piantedosi ha definito pericoloso». Secondo Magi, le date non avrebbero dovuto inficiare l’esecuzione del mandato d’arresto. «Meloni non poteva non sapere che c’era un mandato di cattura, che c’era stato un arresto e che ci sarebbe stata una scarcerazione». Per Magi questa vicenda porterà anche a una procedura all’interno della Corte, perché «ci chiederanno cosa non ha funzionato, perché non abbiamo rispettato l’ordine di consegna, poi si sarebbe entrato nel merito delle questioni». Per Magi l’affermazione di Piantedosi- «Almasri pericoloso»- deve segnare un passo: «È la prima volta che un componente del governo dice palesemente che a capo della Libia c’è un personaggio pericoloso. Il memorandum Italia-Libia dice che tutti gli accordi devono essere presi nel rispetto delle norme internazionali e dei diritti umani». Ministro – conclude – che fine ha fatto il codice dei crimini universali? Doveva essere il suggello sull’inserimento organico e definitivo dell’ordinamento della Corte penale internazionale e recepimento nell’ordinamento italiano, lo avete tolto di mezzo dal tavolo del Consiglio dei ministri quando c’è arrivato. Anche su questo dovete rispondere al Parlamento e al Paese». E poi conclude: «Che fine ha fatto il codice dei crimini universali? Doveva essere il suggello sull’inserimento organico e definitivo dell’ordinamento della Corte penale internazionale e recepimento nell’ordinamento italiano, lo avete tolto di mezzo dal tavolo del Consiglio dei ministri quando c’è arrivato. Anche su questo dovete rispondere al Parlamento e al Paese».

Maria Elena Boschi (Italia Viva): «Meloni ha avuto paura di Almasri»
Anche Boschi attacca Meloni, criticandola per essere molto presente sui sociale e poco in Aula. «Dopo tre anni, quello che avete sempre detto, blocchi navali, blocco dei trafficanti, erano falsità. Meloni pubblica i sondaggi, sottolinea che la gente che sta con lei. A voi non interessa vedere la curva degli stipendi o delle pensioni o delle bollette, ma la comunicazione. Almasri è riconosciuto come un criminale di guerra, ha un mandato d’arresto internazionale, ci sono molteplici testimonianze di persone che hanno sulla pelle i segni delle torture e degli abusi, alcune sono venute a raccontarci la loro esperienza. E siccome non andranno mai in tv in prima serata, vi invito ad ascoltarle. Forse anche lei, Nordio, non avrebbe disquisito di anni e di cavilli se avesse ascoltato. Almasri non era nascosto in un covo, era allo stadio a Torino a vedere una partita. E infatti è bastato l’intervento della Digos, che ha fatto il proprio dovere. Chi è venuto meno è la presidente Giorgia Meloni perché lo ha scarcerato e rimandato in Libia. E guardi, ministro, è anche estenuante inseguire i vostri continui cambi di giustificazione: oggi è venuto a dirci una versione nuova, peraltro diversa da quella di Piantedosi, la nullità dell’atto penale internazionale. Peccato che in 14 giorni non sia mai venuto fuori questo profilo. La verità vera è che avete avuto paura: la coraggiosa presidente del Consiglio ha avuto paura» lei che aveva «promesso di seguire i trafficanti in tutto il globo terracqueo».

Fratoianni (Avs) espone una foto di una bambina torturata e chiede: «Cosa vale rispetto ai vostri cavilli?»
Anche Nicola Fratoianni (Alleanza Verdi e sinistra) contesta a Meloni di non essersi presentata oggi in Parlamento per giustificare la scelta del suo governo: «Lei, mamma, cristiana, ha inviato qui due prestanome, forse perché si vergognava di dare queste spiegazioni a madri che non hanno nemmeno più gli occhi per piangere». Fratoianni poi passa alle contestazioni specifiche: nei confronti di Nordio, che ha esposto procedure, ha parole di sdegno: «Avete attaccato e vi siete contraddetti gli uni con gli altri, ma le torture inferte su questa bambina quando sono state fatte dal criminale Almasri», chiede esponendo una foto atroce. «Quando è stata torturata, nel 2011, 2012, 2015, ce lo dica visto che in nome di quest’aspetto lei ha consentito che un criminale venisse prima liberato e poi rimpatriato? Lei non è un passacarte, è vero, lei ha deciso al punto di definire nel dettaglio la congruità di un ordine di arresto». Riguardo al volo di Stato, «ci sarebbe da chiedersi come mai a Tripoli si stavano preparando da tempo per festeggiare l’arrivo del criminale»: questa scelta, ha detto Piantedosi, è legata  al senso di sicurezza nazionale, «ma in questo caso parliamo di un criminale che ha sempre operato in Libia, e che lì continuerà a operare». «Cosa si intende per interesse nazionale? È quello di difendere i nostri accordi in materia energetica, che portano grandi aziende in quei Paesi a fare affari? O ha a che fare con i flussi migratori?», si chiede il deputato. «La verità è che c’è modo e modo per affrontare il cinismo della real politik, ma perché quando noi stringiamo accordi, e stanziamo risorse, non ci assicuriamo che servano a garantire i diritti fondamentali? La verità è che voi, e anche altri prima di voi, avete appaltato la tutela del nostro interesse nazionale a una banda di criminali di guerra e criminali contro l’umanità»:

Rosato: «Spero che tutto questo serva a capire che vuol fare l’Italia con la Libia»
Ettore Rosato (Azione) contesta al governo di non essere venuto subito a spiegare le ragioni dei propri comportamenti. «In passato altri ministri non si nascondevano, le stesse cose potevate farle voi, risparmiavate al nostro Paese dieci giorni di inutile dibattito. Spero che tutto questo serva solo a capire che cosa vuole fare l’Italia con la Libia». Poi ha chiarito la sua posizione sui giudici: «Io non penso che a ogni atto di un magistrato, dobbiamo dire – se non siamo d’accordo – che è un attacco. Non è che ogni volta ci deve essere uno scontro. Io penso che non sia corretto che un pm prende una denuncia di otto righe e questa si trasforma in un atto d’accusa verso il premier e i ministri. Non è utile, perché non è un atto dovuto. Non è questo il lavoro del Pm preposto a dialogare con il tribunale dei ministri, ma non possiamo trasformare tutto in uno scontro. Dobbiamo recuperare un dialogo serio tra magistratura e politica, sono d’accordo con le parole del ministro Crosetto di oggi».

Lupi: «Voli di Stato? Lo facciamo con tutti gli espulsi»
Il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi richiama le parole di Schlein, parlando di una giornata triste alla Camera. Ma lo fa per sottolineare la differenza tra chi ha senso di responsabilità e chi ha perso l’occasione per fare un’opposizione che non sia semplicemente contro il nemico. «Il governo è scappato? Il governo era pronto a riferire la scorsa settimana. Ma è accaduta una cosa: il giorno prima dell’informativa sono stati inviati degli avvisi di garanzia. Una cosa che fa del male alla magistratura, alle istituzioni e a noi che vogliamo onorare la politica?». Tornando ad Almasri, per Lupi non è il governo a liberare, ma la Corte d’appello: l’unica cosa che poteva fare il governo era espellerlo. «Voli di Stato? Dal 2015 a oggi ci sono stati 826 espulsioni per ragioni di sicurezza nazionale, e tutti con aerei che sono cosiddetti operativi. Nel 2025, tanto per dire, sono state espulse altre nove persone indesiderate, e sono state mandate via come abbiamo sempre fatto».

Bellomo (Lega): saga del pregiudizio e ignoranza rispetto a norme
«Mi sembra che qui oggi abbiamo assistito alla saga del pregiudizio e dell’ ignoranza crassa rispetto a norme che governano nostro paese». Lo ha detto il deputato Davide Bellomo (Lega) intervenendo in aula alla Camera dopo l’informativa del ministro della Giustizia Carlo Nordio e del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sul caso Almasri. «Sarei stato il primo accusatore» di Nordio «se avesse arrestato il peggior criminale non rispettando la norma» perché la «forza di uno Stato risiede nel rispetto delle regole».

Mulé: «Fatto ciò che andava fatto»
Giorgio Mulé (Forza Italia) difende i ministri: «E’ stato fatto ciò che andava fatto, questa è un’Aula dove non si tengono processi. La scelta del governo, di espellere quel criminale di fronte a cui ognuno di noi prova ribrezzo, è stata giusta? Dobbiamo chiederci a quali rischi sarebbero stati esposti i cittadini italiani», dice Mulé. «Il senso della decisione assunta dal governo: what if, qual era lo scenario nel caso in cui lo avessimo trattenuto? I dati in nostro possesso consentivano di elaborare scenari insieme drammatici e terribili. Il governo doveva espellerlo come ha fatto».

Conte: «Grande assenza di Meloni, atto di grande viltà»
La presidente del Consiglio è la grande assente anche per il leader M5S: secondo Giuseppe Conte, Meloni ha dato tre versioni diverse della vicenda e poi non è venuta a riferire in Aula. «Ormai siamo diventati un porto franco, un Paese dei balocchi dei criminali». Per Conte Nordio è stato «il giudice assolutore di Almasri», e ha avuto un atteggiamento «scandaloso»: «Sino ad adesso vi eravate fermati a dire che era colpa dei giudici o che era colpa di un complotto dell’Aja, la Meloni ha invece detto che lei non era informato. Prima ha detto che il documento era troppo corposo, poi è entrato nel merito di un documento che è intervenuto dopo a corroborare il mandato d’arresto, non a rinnegarlo. Lei ha detto che si applica il Codice penale, e lei doveva ai sensi della legge 237 dare seguito al provvedimento dell’Aja. Vergogna, vergogna, vergogna», dice Conte, canzonando Nordio per l’uso delle espressioni «leculeie» e delle lingue: «Dietro c’è la sostanza politica della vostra irresponsabilità, l’insipienza giuridica. Lei ha chiamato in gioco Meloni, ne parlerete al tribunale dei ministri. E tutto questo nasce dal fatto che questo governo ha fatto la campagna elettorale sul blocco navale, ma poi ha capito che non si poteva realizzare».

Schlein: «Se era così pericoloso, perché lo avete liberato? Allora le accuse della Corte erano reali?»
«Questa è una giornata triste per la democrazia, i ministri sono venuti a coprire le spalle alla presidente del Consiglio, oggi in quest’Aula doveva esserci Giorgia Meloni, che non può pensare di cavarsela con le dirette sui social. La credibilità internazionale dell’Italia è stata sfregiata dalla vostra scelta di liberare un torturatore libico. Nonostante le accuse, viene fatto salire su un aereo di Stato ed è sbarcato a Tripoli come un eroe, con il rimpatrio più veloce della storia d’Italia. Meloni si nasconde dietro di voi, e voi avete parlato come avvocati difensori di un torturatore, le domande a cui dovreste rispondere sono molto seplici: perché il ministro Nordio non ha risposto alle richieste del Procuratore generale? Prima ci dicono che non ha fatto in tempo a scarcerarlo perché non aveva fatto in tempo a leggere 40 pagine in inglese, e poi ha detto che le aveva lette così bene, che aveva trovato dei cavilli. E se anche ci fossero stati questi cavilli, perché non lo ha fatto riarrestare il giorno dopo? Perché diceva di star valutando gli atti, quando un Falcon stava già aspettando il torturatore per riportarlo a casa? Il ministro deve trasmettere gli atti, non valutarli, ha accusato noi di non aver letto le carte ma lei non ha letto la legge e l’ha violata. Nessuno di questi articoli di informazione preventiva non prevedono niente di quello che ha detto. E’ venuto a dire che mentre interloquivate, vi siete lasciati scappare un torturatore? Perché dite che è stato liberato per motivi di sicurezza? Allora i criminali è meglio lasciarli andare? E poi, se erano tanto sbagliate le accuse della Corte penale, allora perché lo avete mandato così velocemente fuori dal Paese? Mettetevi d’accordo, non vi siete parlati prima? Quindi ammettete la pericolosità, ma preferite liberarlo. La settimana in cui voi non siete venuti per l’informativa, sono venute le vittime a raccontare gli abusi. Oggi vi nascondete dietro i cavilli e il giuridichese: ma qui non si tratta di un difetto formale, ma di una scelta politica. Chi ha deciso? Colei che grida ogni due per tre di essere contro i poteri forti? Che Paese vogliamo essere? Dalla parte dei torturati o dei torturatori?», conclude Schlein chiedendo che sia Meloni a riferire. Poi una stoccata a Donzelli che aveva criticato il tesoriere Pd disonesto:  «Proponete leggi per trasformare la vostra immunità in impunità. La differenza è che noi abbiamo rimosso e sospeso il tesoriere, mentre voi avete una ministra rinviata a giudizio per truffa allo Stato e Meloni non riesce a farla dimettere».
Alla fine dell’intervento della segretaria del Pd Elly Schlein nell’Aula della Camera, i deputati dem hanno esposto cartelli (entrambi con silhouette di conigli) con scritto «Meloni dove sei?» e «Meloni la patriota in fuga». Durante il suo intervento Schlein aveva puntato il dito contro la premier Giorgia Meloni «presidente del coniglio». Il presidente Lorenzo Fontana ha fatto prontamente rimuovere i cartelli.

Donzelli: grato a governo per aver difeso sicurezza nazionale
«Grazie al governo per aver difeso la sicurezza nazionale, perché di questo si parla. Da cittadino italiano sono contento che dopo la scarcerazione di Almasri lui non sia libero in Italia ma sia in Libia». Lo ha detto in Aula della Camera Giovanni Donzelli di FdI, dopo l’informativa del governo.

Piantedosi: «Espulso perché pericoloso»
A Piantedosi è apparso chiaro che dopo la scarcerazione c’era il rischio che Almasri potesse rimanere libero in Italia: è per questo che il ministro ha deciso di espellerlo. «La scelta delle modalità di rimpatrio – in linea con quanto avvenuto in numerosi analoghi casi anche in anni precedenti e con governi diversi dall’attuale – è andata di pari passo con la valutazione effettuata per l’espulsione di Almasri. In buona sostanza, si è reso necessario agire rapidamente proprio per i profili di pericolosità riconducibili al soggetto e per i rischi che la sua permanenza in Italia avrebbe comportato, soprattutto con riguardo a valutazioni concernenti la sicurezza dei cittadini italiani e degli interessi del nostro Paese all’estero, in scenari di rilevante valore strategico ma, al contempo, di enormi complessità e delicatezza», ha ribadito il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri.

Come Almasri è passato dallo status di testimone all’arresto
Risale al 10 luglio dell’anno scorso l’inserimento della Corte di una nota diretta solo alla Germania e non visibile ad altri Paesi: questa nota era finalizzata alla raccolta discreta di informazioni e contatti di Almasri, con richiesta per le forze dell’ordine tedesche di non arrestarlo, perché aveva lo status di testimone. La Corte penale internazionale ha diffuso questa nota a gennaio ad altri Paesi, ma non all’Italia. È solo nella notte tra sabato e domenica del 18 gennaio, che la nota blu, che richiedeva esplicitamente di non arrestare Almasri, veniva trasformata in rossa, sottolinea Piantedosi: alle 2.33 del 19 gennaio il segretario generale di Interpol validava il mandato di arresto della Cpi. Che poi veniva eseguito dalla Digos di Torino.

Piantedosi: «Nessun ricatto o pressione nei confronti del governo»
Almasri non è mai stato un interlocutore del governo per contrastare il fenomeno migratorio, dice Piantedosi aprendo il suo intervento. «Smentisco, nella maniera più categorica, che, nelle ore in cui è stata gestita la vicenda, il Governo abbia ricevuto alcun atto o comunicazione che possa essere, anche solo lontanamente, considerato una forma di pressione indebita assimilabile a minaccia o ricatto da parte di chiunque, come è stato adombrato in alcuni momenti del dibattito pubblico sviluppatosi in questi giorni. Al contrario, ogni decisione è stata assunta, come sempre, solo in base a valutazioni compiute su fatti e situazioni (anche in chiave prognostica) nell’esclusiva prospettiva della tutela di interessi del nostro Paese.  Lo scorso 2 ottobre il Procuratore internazionale ha emesso un mandato nei confronti di Almasri, la Corte penale ha emesso un mandato il 18 gennaio, quando si trovava in territorio italiano. «Prima di giungere in Italia, Almasri è transitato in diversi Paesi europei, dove risulta essersi recato abitualmente anche in passato, come attestano i documenti di viaggio in suo possesso, tra i quali un passaporto della Repubblica della Dominica che riporta, tra l`altro, un visto per gli Stati Uniti con validità di 10 anni a partire dal novembre scorso», ha sottolineato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nell’informativa sul caso Almasri alla Camera. Mentre si trovava in Germania, ha precisato Piantedosi, Almasri viaggiava su un’autovettura che «è stata sottoposta a controllo da parte della polizia tedesca; controllo durante il quale Almasri ha mostrato, tra l’altro, un biglietto ferroviario a suo nome da Londra a Bruxelles datato 13 gennaio e all’esito del quale la polizia tedesca non ha adottato alcun provvedimento».

Nordio: «Magistratura ha compattato la nostra maggioranza, la Corte ha fatto un pasticcio frettoloso, i magistrati sciatti»
«Alla luce di queste considerazioni squisitamente giuridiche, qualsiasi mia iniziativa avrebbe dimostrato una carenza di attenzione nell’aver rilevato queste gravissime anomalie, che poi sono state rilevate dalla stessa Corte: è stata la Corte che si è corretta, e ha cercato di cambiarli cinque giorni dopo perchéaveva fatto un enorme pasticcio: le ragioni di questo pasticcio frettoloso poi saranno chiarite, ma è mia intenzione attivare i miei poteri per chiedere giustificazione circa le incongruenze», spiega Nordio. «Se non ce ne fossimo accorti e l’avessimo inviata alla Corte d’appello italiana ce l’avrebbe mandata indietro dicendo che quel mandato di arresto era completamente contraddittorio».
«Capisco e rispetto le ragioni dell’opposizione che esercita il suo dovere, anche in modo così aggressivo, capisco anche la stampa, che però ha diffuso notizie in parte sbagliate, ma mi ha deluso l’atteggiamento di una parte della magistratura, che ha giudicato l’operato del ministro senza aver letto le carte. Cosa che non può essere perdonata a chi per mestiere le carte dovrebbe leggerle: il dialogo che ci viene suggerito in questo modo, con questo atteggiamento sciatto, diventa molto più difficile. Andremo avanti fino in fondo, fino alla riforma finale, perché questo loro atteggiamento ha compattato la maggioranza».

Nordio: una giudice della Corte si era accorta degli errori
La Corte si è riunita cinque giorni dopo per dire che il mandato di arresto era sbagliato perché non conteneva le date esatte del reato commesso, sottolinea Nordio in Aula. «Il fatto che sia contraddittorio il mandato di arresto ce lo dice la stessa Corte perché si è riunita nuovamente per chiarire quegli aspetti». La «dissenting opinion» della giudice aveva segnalato questo aspetto, dicendo che la Corte non aveva giurisdizione per fare quello che aveva fatto. «Secondo la giudice, sembrava che ci fosse stata addirittura una forzatura nell’emettere il provvedimento», sottolinea il ministro.

Nordio: il ministro non è un passacarte
Nordio ricostruisce il ruolo del ministero della Giustizia per difendere il suo operato. L’articolo 2 prevede che i rapporti di cooperazione tra lo Stato italiano e la Cpi siano curati dal ministero della Giustizia: il ministro, ove ritenga e ne ritenga la necessità, concorda la propria azione con altri ministri, altre istituzioni o altri organi dello Stato. Al ministro compete altresì di presentare alla Corte atti e richieste. Quindi, dice Nordio, il ministero non è un passacarte, ma un organo politico che deve meditare il contenuto di queste richieste, in funzione dei contatti con altri organi dello Stato. Tanto più la richiesta è complessa, tanto maggiore deve essere la riflessione, anche critica, sul suo procedere logico, sulla sua coerenza delle conclusioni cui perviene.« Come vedremo, questa coerenza manca e quell’atto è nullo. Mentre il ministero procedeva all’esame della richiesta, la Corte di Appello di Roma ordinava la scarcerazione aderendo alla richiesta difensiva di cui il ministero non poteva e non doveva essere a conoscenza. Fin dalla prima lettura, peraltro in lingua inglese (l’atto è arrivato in inglese senza essere tradotto), ho notato tutta una serie di criticità sulle richieste di arresto», ha proseguito Nordio. In questo mandato di arresto si oscillava dal 2011 al 2015, «non una cosa di poco conto trattandosi di reato continuato e visto che in quei 4 anni sarebbero stati commessi diversi atti di stupro, torture, aggressione, violenza, etc». La Corte penale segnalava anche che la terza giudice si era espressa in disaccordo coi colleghi perché riteneva che i crimini presunti non fossero chiaramente collegati alla richiesta della Corte. Il provvedimento della Cpi segnalava che avrebbe allegato il parere contrario, che però non era arrivato. Il mandato di arresto internazionale spiccato per Almasri era caratterizzato da «un’incertezza assoluta sulla data dei delitti commessi: continuava a fare riferimento ad atti compiuti tra il 2015 e il 2024: questi concetti venivano ribaditi in una sessantina di paragrafi, in cui c’era tutta la sequenza di crimini orribili addebitati al catturando. Con una contraddizione, le conclusioni risultavano completamente differenti sia rispetto alle conclusioni dell’accusa e alla parte emotiva».

Nordio: sulla vicenda tantissime inesattezze
Nordio parte con una breve ricostruzione dei fatti: il 18 gennaio la Corte penale internazionale emetteva un mandato di arresto internazionale, che veniva eseguito dalla Digos di Torino il giorno dopo, e la notizia informale veniva trasmessa lo stesso giorno, domenica 19 gennaio, da un funzionario Inrterpol: poche righe, prive di dati identificativi e del provvedimento, oltre che delle ragioni sottese. Non era nemmeno allegata la richiesta di estradizione. Il 20 gennaio alle ore 12:40 il procuratore generale di Roma trasmetteva il carteggio a questo ministro: ufficialmente è arrivato al Ministero protocollato il 20 gennaio alle ore 12:40. Successivamente alle ore 13:57 l’ambasciatore dell’Aja trasmetteva al servizio Affari internazionali del ministero del Dipartimento per gli affari di giustizia la richiesta di arresto provvisorio del 18 gennaio 2025. «Conviene sinora notare che la comunicazione della Questura di Torino era pervenuta al Ministero ad arresto già effettuato e dunque senza la preventiva trasmissione della richiesta di arresto a fini estradizionali emessa dalla CPI al ministro».  Il 22 gennaio arrivava al gabinetto del ministro il provvedimento di scarcerazione della Corte d’Appello, datata il 21 gennaio su istanza del difensore. Il 28 gennaio è stata consegnata a Nordio, ricorda il ministro, una documentazione dove si evince che Carlo Nordio è indagato per i reati di favoreggiamento e abuso d’atti di ufficio. «Questa notifica ha determinato un momento di riflessione: in ossequio alla indipendenza della magistratura, mi sembrava un atto anomalo, nella mia posizione di indagato, presentarsi il giorno dopo senza aver interloquito con chi di dovere, ma ora eccomi qua». Su questa vicenda ci sono state tantissime inesattezze, precisa il ministro.

Aperta la seduta
Alle 12.18 si apre la seduta. Un saluto va agli studenti che seguono i lavori dalle tribune. L’oggetto è la richiesta di arresto ed espulsione di Almasri.

Pienone alla Camera, in Aula intervengono i big
Pienone alla Camera in vista dell’informativa dei ministri dell’Interno Matteo Piantedosi e della Giustizia Carlo Nordio sulla vicenda Almasri. A breve inizierà la seduta dell’Aula e in Transatlantico c’è la massiccia presenza di deputati, ma anche diversi senatori. Si attende il pienone anche tra i banchi del governo, mentre per gli interventi sono previsti i big: per FdI il responsabile organizzazione Giovanni Donzelli, mentre Pd e M5s schierano i rispettivi leader, Elly Schlein e Giuseppe Conte.

Tajani, serviva tempo per la traduzione dei documenti
«Per tradurre 40 pagine serve tempo». È quanto afferma il vicepremier e ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani, fuori da Montecitorio, intercettato dai cronisti, parlando della liberazione del generale libico Almasri. «Quando si devono fare delle scelte sulla base di un documento, soprattutto con dei termini giuridici, ci devono essere traduzioni perfette perchè – spiega il ministro – abbiamo sistemi giuridici diversi». Il titolare della Farnesina aggiunge: «Non si tratta della traduzione di un giornale, l’inglese lo sappiamo tutti, ma questi sono traduzioni complicate».

Le opposte contraddizioni
Da una parte, la presidente del Consiglio avrebbe potuto apporre il segreto di Stato, il che avrebbe scongiurato anche qualsiasi inchiesta. Prendendosi la responsabilità politica della scelta, avrebbe potuto sottolineare le anologie tra il caso Almasri e quello Abedini, l’iraniano scambiato con Cecilia Sala: lì si trattava di salvare la giornalista, qui di tutelare gli italiani presenti in Libia – tra cui 100 soldati – ed evitare ritorsioni sotto forma di ondate migratorie di migranti.
Quanto alle opposizioni, gli attacchi di Giuseppe Conte stridono col fatto che fu il suo secondo governo a confermare il memorandum con la Libia – poi rinnovato da Meloni – che di fatto è alla base della liberazione di Almasri. Un accordo sottoscritto nel 2017 dall’allora ministro pd Marco Minniti, e che si fonda sulla stretta collaborazione dell’Italia con la Guardia costiera libica, accusata dalle agenzie Onu di ripetute violazioni dei diritti umani nella gestione dei migranti. La politica di Minniti un’intervista a Goffredo Buccini, Minniti ha spiegato come la Libia sia una questione permanente di sicurezza nazionale, e che il governo avrebbe dovuto chiarire in questi termini il caso Almasri. Sottinteso (anche se Minniti evita di dirlo): la necessità dell’accordo con la Libia è un peso di cui dovrebbero farsi carico anche le attuali opposizioni. Soprattutto se hanno governato (e se vogliono governare di nuovo).

Perché non parla Meloni?
Perché la premier non vuole cedere alla richiesta delle opposizioni di spiegare in prima persona come sono andate le cose. Lo fa per confermare la tesi di una scarcerazione «tecnica». E intanto preferisce attaccare il Pd per l’inchiesta di Salerno – sull’ipotesi di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – che ha portato all’arresto del tesoriere campano del partito. «Un sistema speculava sull’immigrazione, sfruttando cittadini stranieri disposti a pagare pur di ottenere un permesso di soggiorno», ha detto ieri Meloni.

Cosa deve chiarire Nordio?
Oltre ai contatti avuti in quei giorni con la Cpi, spiega Giovanni, il ministro dovrà affrontare «il nocciolo della questione», e cioè «la mancata risposta alla Procura generale di Roma, che aveva chiesto al Guardasigilli che cosa intendesse fare con il detenuto arrestato “irritualmente” – secondo l’interpretazione dei magistrati romani – dalla polizia». La richiesta era arrivata infatti il 20 gennaio, giorno successivo all’arresto: ufficialmente la valutazione del ministro era ancora in corso nel pomeriggio, ma al mattino era già decollato da Roma per Torino l’aereo che avrebbe riportato in Libia Almasri. Prova che la decisione era stata già presa.

Perché la tesi è traballante?
Perché quella di non consegnare il libico alla Corte penale internazionale e di farlo tornare in libertà è stata in realtà una decisione politica del governo. Giovanni Bianconi lo ha spiegato fin torna a chiarire il punto: «Le spiegazioni e le mezze risposte arrivate finora da governo e maggioranza sulla liberazione di Almasri hanno sempre chiamato in causa i magistrati. Quelli dell’Aia, per come hanno trasmesso gli atti alle autorità italiane, e quelli della Corte d’appello di Roma, che hanno scarcerato il generale arrestato 48 ore prima dalla Digos di Torino. Poco o nulla è stato detto – dalla premier in giù, né dal diretto interessato – sul ruolo giocato dal ministro della Giustizia».

Nordio e Piantedosi parleranno alle 12.15 alla Camera
(di Gianluca Mercuri) Il Guardasigilli Carlo Nordio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi parleranno alle 12,15 alla Camera e alle 15,30 al Senato. Il loro intervento era previsto la scorsa settimana, ma è saltato dopo a clamorosa indagine nei confronti loro, della premier e di Mantovano aperta dal procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi, con l’ipotesi di favoreggiamento e peculato, per la scarcerazione di Almasri e il suo trasferimento a Tripoli su un aereo dei servizi segreti.
​C’è molta attesa per capire se Nordio e Piantedosi continueranno a sostenere la tesi che Almasri sia stato scarcerato per decisione dei giudici e che il governo lo abbia ricondotto in Libia in quanto «pericoloso». Non sarà semplice.