20 Settembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Massimo Nava

In vista delle elezioni europee, Salvini e Macron si sono «scelti» come nemici, mentre invece Italia e Francia dovrebbero intendersi per costruire soluzioni davvero a dimensione europea


Quanto accade alle frontiere fra Francia e Italia è grottesco e tragico. Ha ragione Matteo Salvini quando accusa i francesi di «invasione» territoriale per respingere in Italia migranti, ma ha torto quando finge di non sapere che esistono accordi e trattati fra i due Stati e fra Paesi europei per il rimpatrio dei non aventi diritto nel Paese di prima accoglienza. Altrimenti si aprirebbero corridoi incontrollati dai Paesi di provenienza verso l’Europa. Ma la Francia ci mette poco a passare dalla parte del torto, quando usa la prassi (e le misure antiterrorismo) come alibi per respingimenti con metodi non certo umanitari, salvo appunto dare verbali lezioni di umanesimo al mondo, anziché impegnarsi a fondo per la revisione del trattato di Dublino e offrire all’Italia una sponda di solidarietà, anche in considerazione del prezzo altissimo che l’Italia sta pagando come Paese di prima accoglienza.
Così la questione si traduce in un disonorevole scaricabarile elettorale sulla pelle dei migranti in balia di prassi poliziesche, prima nei porti e poi alle frontiere di terra. Salvini ha bisogno di fare la faccia feroce per rassicurare il proprio elettorato. Macron ha bisogno di mostrare i muscoli per arginare la crescita della «Salvini francese», Marine Le Pen. In vista delle elezioni europee, Salvini e Macron si sono «scelti» come nemici, mentre invece Italia e Francia dovrebbero intendersi per costruire soluzioni davvero a dimensione europea. Salvini sbaglia nell’affidarsi ai falsi amici dell’Est che non ne vogliono sapere di accogliere migranti. Macron corre il rischio di consegnare l’Europa ai movimenti populisti esterni per arginare i populisti in casa propria. La guerra di frontiera alimenta il dramma di quanti cercano di passarla e discosta Italia e Francia da valori di civiltà europea che andrebbero condivisi, anziché appesi alla «prassi».

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