21 Novembre 2024

Fonte: Corriere della Sera

di Dario Di Vico

Prima i medici in tutta Italia e il trasporto pubblico milanese, poi a incrociare le braccia saranno i dipendenti del gruppo Eni, i ferrovieri di Trenord e infine i lavoratori della grande distribuzione. A fare massa critica non è l’omogeneità di situazioni e richieste quanto il ritorno in auge dello sciopero come forma prevalente di protagonismo

C’è in giro tanta voglia di scioperare. Oggi tocca ai medici in tutta Italia e al trasporto pubblico milanese, nei prossimi giorni a incrociare le braccia saranno i dipendenti del gruppo Eni, proseguiranno i ferrovieri di Trenord e sabato 19 toccherà ai lavoratori della grande distribuzione. Le agitazioni di altre categorie non sono previste nell’arco di questa settimana ma paiono imminenti e rischiano di riempire il calendario del gennaio 2016. Le motivazioni che sono alla base di queste iniziative di lotta sono diverse tra loro e in alcuni casi condivisibili con la palese eccezione degli autoferrotranvieri dei Cub dell’Atm. Che hanno proclamato lo sciopero pochi giorni dopo la conclusione (positiva) del contratto nazionale di lavoro con un aumento medio di 100 euro. A fare massa critica non è dunque l’omogeneità delle situazioni e delle richieste quanto il ritorno in auge dello sciopero come forma prevalente di protagonismo.
In una stagione di identità/simboli deboli
, siano essi la Sinistra, il Renzismo o la Ripresa, c’è il fondato rischio che si torni al conflitto innanzitutto con l’obiettivo di compattare le file. Lo sciopero — che pure comporta un sacrificio economico — ridiventa fattore di coesione, si presenta come un elemento di certezza dentro un orizzonte caratterizzato da troppe indecisioni e amnesie. È un segnale di come le politiche riformiste fatichino a intercettare un loro popolo, restino nel migliore dei casi delle scelte di vertice, se non addirittura di Palazzo.
È vero
che nel frattempo dentro la società sono maturate buone pratiche di partecipazione come il welfare aziendale, la sharing economy, le staffette generazionali ma messe tutte assieme non riescono ancora a produrre un profilo identitario forte. Non pescano sufficientemente in basso e non costituiscono ancora una vera alternativa. Lo sciopero, invece, basta a se stesso.

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