22 Novembre 2024

Fonte: La Stampa

di Fabio Martini

Il ministro ai suoi: “Andiamo avanti su privatizzazioni e sgravi”. Le dimissioni sarebbero interpretate a Bruxelles come un rompete le righe. In mattinata la smentita del Mef, ma il nostro quotidiano conferma il retroscena: abbiamo riferito un suo sfogo

 

Nei tre anni e quattro giorni sin qui vissuti da ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan non si è mai concesso una licenza, un diverso parere espresso in pubblico. E anche in questi giorni – durante i quali sta confidando l’urgenza di una svolta riformista nel governo in assenza della quale, per quanto lo riguarda, tutto è possibile – il ministro dell’Economia resta quello di sempre: ordinato, rispettoso della catena di comando, per nulla incline alle esternazioni destabilizzanti. Le sue idee le ha sempre espresse a porte chiuse e con Matteo Renzi non sono mancate discussioni e divergenze anche significative, anche se poi una volta decisa una linea, si tirava dritto. Con Paolo Gentiloni, se non altro perché ne condivide l’aplomb e il lessico levigato, Padoan ha un dialogo più franco.
In questi giorni, dopo una missione a Bruxelles e a Parigi, il ministro dell’Economia si è fatto più riflessivo, meno ottimista sul quadro, si è reso conto che a Bruxelles il no al referendum ha lasciato il segno, ha rappresentato un colpo all’immagine di un’Italia proiettata su un cambiamento accelerato e da quelle parti la possibile «gelata» delle riforme strutturali fa paura, molta più paura di un punto di Pil in più o in meno. «Il nostro problema – ha spiegato Padoan ai suoi collaboratori – non è tanto la correzione di aprile, ma se siamo in grado di ripartire con una strategia di riforme incisive».

Le tensioni interne
L’occasione per farlo, secondo il ministro dell’Economia, è il Def, il Documento di economia e finanza, che dovrà avere un profilo ambizioso e riformatore e che dovrà essere completato entro il 30 aprile, guarda caso lo stesso giorno nel quale si svolgeranno le Primarie del Pd. E qui si apre un altro capitolo dolente, ad avviso di Padoan. Nelle ultime settimane si sono moltiplicate le iniziative destabilizzanti da parte del Pd nei confronti del Mef: dal documento anti-tasse dei 38 deputati «renziani» – non molti per la verità – sino alla convocazione di Padoan e di Gentiloni davanti alla Direzione del Pd. E lì due esponenti di punta della maggioranza del partito, il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e il presidente Matteo Orfini, hanno punzecchiato Padoan su un tema tutt’altro che secondario. Delrio aveva detto: «Ho dei problemi a privatizzare le Frecce delle Ferrovie con dentro il trasporto pubblico regionale. Lo dico a Pier Carlo…». E Renzi: «Non possiamo spremere ulteriormente i cittadini. Il tema di non aumentare le tasse è un principio di serietà».

Scelte condivise
Un quadro di piccole ma ripetute destabilizzazioni che non piace a Padoan: un Def strategico, con dentro riforme impegnative (privatizzazioni ben fatte, decontribuzioni strutturali per i nuovi assunti, una scuola veramente formativa), ha bisogno di coperture e dunque di scelte condivise. Ecco perché in questi giorni il ministro non ha mai usato esplicitamente la parola «dimissioni», ma semmai ha chiarito un concetto: «Resto se siamo nelle condizioni di un mettere in campo un Def coraggioso, capace di accelerare le riforme». Anche perché in questi tre anni Padoan ha messo la faccia, senza mai «smarcarsi» su compromessi non sempre condivisi, ma non coltivando ambizioni politiche per il «dopo», intende lasciare un segno su questa stagione.

Il premier Gentiloni
La prima conseguenza di queste considerazioni, si è vista negli ultimi giorni Il presidente del Consiglio, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, ha cambiato passo, usando parole forti, per lui inusuali: «Il governo prosegue nel suo cammino sulle riforme e lo ha fatto con decisioni molto rilevanti, dalla tutela del risparmio alla sicurezza urbana alle diverse misure sul terremoto. Il governo, lo dico oltre che agli italiani anche a Bruxelles, è al lavoro. Con determinazione forse non colta del tutto da qualcuno». Certo, Gentiloni conta sul senso di responsabilità di Padoan, ma sa che un (eventuale) forfeit del ministro dell’Economia sarebbe un prezzo troppo alto da pagare. A Bruxelles e a Berlino verrebbe interpretato come un «rompete le righe». Perché in Europa di Padoan si fidano. Come ha lasciato intendere un duro, come il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schaeuble: «Non ho intenzione di ammonire l’Italia in pubblico, Padoan è uno dei migliori ministri in Europa».

La smentita del Mef
«Assurde». Così il ministro dell’ Economia Pier Carlo Padoan definisce le voci di sue dimissioni, confermando invece «la propria determinazione a proseguire nei prossimi mesi l’azione di riforma, di risanamento dei conti e di sostegno alla crescita avviata dal governo nel 2014». Il retroscena sulla prosecuzione del suo incarico, specifica il Mef, è «totalmente privo di fondamento e i virgolettati che gli vengono attribuiti sono frutto di fantasia».

La Stampa: riferito un suo sfogo
Il quotidiano La Stampa non ha mai scritto che il ministro dell’Economia Padoan sta per dimettersi, abbiamo riferito un suo sfogo (confermato da fonti primarie) sulla tentazione di farlo e confermiamo tutto quello che abbiamo scritto.

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