Fonte: Corriere della Sera
di Danilo Tanino
Dopo quanto è accaduto a Berlino, Merkel è più vulnerabile, la reazione emotiva degli elettori ci sarà
In discussione è la stabilità della Germania. Forse, ancora di più, quella dell’Europa. L’attacco del terrorismo di lunedì sera al mercatino di Natale nel centro di Berlino Ovest è destinato a rendere meno scontata la vittoria di Angela Merkel alle elezioni del prossimo autunno, in qualche modo a fare vacillare la politica tedesca. Il Paese, in realtà, è solido e per il momento appare unito: sarebbe probabilmente in grado di ritrovare un equilibrio persino se le onde provocate dall’attentato dovessero sommergere la cancellieraCon qualche difficoltà, la Germania un’alternativa a Merkel la troverebbe. Non si può invece dare per scontato che lo stesso valga per l’Unione Europea se questa dovesse perdere il centro di gravità che l’ha tenuta unita in questi anni di crisi molteplici: Frau Merkel, appunto.
Ieri, la leader tedesca ha fatto una dichiarazione succinta ma chiara per quello che ha detto e per quello che ha evitato di dire. Il Paese «è una società aperta che rifiuta di vivere nella paura». Nessuna chiusura. E nessuna parola per indicare che fa un passo indietro rispetto alla politica di accettazione dei profughi che hanno diritto all’asilo. Anzi, ha sostenuto che se a compiere l’attentato fosse stato un rifugiato il fatto sarebbe particolarmente «disgustoso», di fronte all’impegno di tanti tedeschi a favore dei migranti nei mesi scorsi. La difesa di un orgoglio. La politica della porta aperta a chi fugge dalle guerre e dalla tirannia rimane. La cancelliera non torna indietro.
La situazione politica tedesca, però, da ieri è improvvisamente cambiata. Oggi, Merkel è più vulnerabile. La reazione emotiva degli elettori ci sarà e si potrà misurarla nei prossimi giorni. Le elezioni sono comunque ancora lontane e le possibilità di stemperare gli effetti dell’attentato non mancano. Ma dipenderà in gran parte dalla risposta che la leader tedesca stessa e gli alleati daranno. Già ieri, il numero uno della Csu (il partito gemello della Cdu di Merkel in Baviera), Horst Seehofer, le ha chiesto di cambiare politica sui rifugiati: «Lo dobbiamo alle vittime», ha detto. La frattura tra i due partiti storicamente legati dura da mesi e se non sarà ricomposta in fretta si allargherà seriamente. Prima delle elezioni federali, probabilmente il prossimo settembre, si terranno tre tornate elettorali regionali tra marzo e maggio, che la cancelliera non può permettersi di perdere se vuole arrivare all’appuntamento decisivo con la possibilità di essere confermata a capo del governo per la quarta volta.
A rendere più difficile la ricomposizione (indispensabile per vincere) tra Cdu e Csu è la presenza alla loro destra del partito anti-immigrati Alternative für Deutschland che ieri ha violentemente attaccato Merkel, accusata di mentire sulla sicurezza in Germania. Finora, era dato attorno al 12% dei consensi, ma se sull’onda dell’attentato dovesse salire nei sondaggi potrebbe aprire il solco tra i due partiti cristiano-democratici e soprattutto mettere in dubbio l’invincibilità della cancelliera. Che sarà anche indebolita se le forze dell’ordine non riusciranno in fretta a stabilire le responsabilità nell’attentato e a dare ai cittadini un maggiore senso di sicurezza.
Anche in Europa, la posizione di Frau Merkel è più debole. La sua leadership dipende soprattutto dalla forza effettiva che ha in casa, nel Paese più forte e più stabile del continente. È grazie a essa che in questi anni ha gestito, pur tra molte critiche, la crisi dell’euro e della Grecia, ha tenuto uniti i partner della Ue sulle sanzioni alla Russia di Putin, ha mantenuto aperto un colloquio di un qualche rilievo (in un quasi deserto degli europei) con la Washington di Barack Obama. Se la sua posizione interna si indebolisce, anche la centralità europea della leader è destinata a svanire. Ognuno troverebbe più facile dirle di no nelle nottate di Bruxelles. Ognuno troverebbe più facile attaccarla in campo aperto. Che si tratti dei nazionalisti al governo in alcuni Paesi dell’Est o della Mosca di Vladimir Putin che vorrebbe vederne la fine politica, le forze che spingono per la divisione dell’Europa potrebbero uscirne vincenti. A maggior ragione se la nuova Casa Bianca di Donald Trump abbandonasse il pilastro atlantico che ha funzionato da architrave della sicurezza europea.
I prossimi giorni e settimane saranno dunque di grande importanza. Per la Germania ma ancora di più per la Ue, che sarebbe infinitamente più debole con una Merkel sminuita o impotente. La signora è ancora forte ma non è più scontata. All’Europa resta però indispensabile.