Dopo 12 mesi l’esecutivo supera il test di politica estera. Ma deve ancora trovare il passo su economia e migranti
I rapporti internazionali: Europa e atlantismo senza incertezze
È la politica internazionale il capitolo più solido del primo anno del governo di Giorgia Meloni. Si è subito preoccupata di spazzare via ogni incertezza sulla collocazione europea e atlantica del Paese, in continuità con le scelte di Mario Draghi. Azzoppate le tentazioni di chi aveva nutrito più di una simpatia con Putin, sotto la spinta di Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, e contro i possibili rigurgiti, animati dal libro del generale Roberto Vannacci.
L’ha aiutata un solido triangolo con il ministro degli Esteri Antonio Tajani e con il titolare della Difesa, Guido Crosetto. Aperta la partita sulle alleanze in Europa, con la Lega che dialoga con Marine Le Pen e perfino con l’estrema destra tedesca di AfD. La premier dice no, nonostante la vicinanza con l’ungherese Orbán e la spagnola Vox. Assente alla cena di Joe Biden: solo irrinunciabili bilaterali o l’idea che non sarà lui il prossimo presidente Usa?
La legge di bilancio. Obiettivo manovra: non fare danni
Primo: non fare danni. Le svolte annunciate in campagna elettorale sono per lo meno rimandate, ma la Finanziaria d’esordio e quella che si attende paiono animate dal desiderio di non sfasciare i conti. Lo spread è nei ranghi, i mercati non vanno all’assalto, il Pil cresce un po’, l’occupazione tiene.
L’idea di sbaraccare la riforma Fornero sulle pensioni resta nel cassetto, il taglio delle tasse e la riduzione del cuneo fiscale si muovono con la strategia dei piccoli passi. Del resto, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è stato chiaro: i soldi sono pochi. Resta il problema del taglio alle spese, che non può limitarsi all’eliminazione del reddito di cittadinanza. Difficile l’attuazione del Pnrr, non solo per limiti del governo attuale. Lì i soldi ci sarebbero, ma non è facile spenderli e l’allarme del sociologo Giuseppe De Rita parla a tutti: non si vede ancora una vera idea di futuro.
La giustizia. Processi e carriere, una lunga partita
L’eterna riforma della Giustizia: croce e delizia di tutti i governi degli ultimi decenni. Un bisogno sovrasta tutti gli altri, quello di processi rapidi. Ne hanno bisogno i cittadini, lo pretendono le imprese, lo chiedono gli investitori stranieri che non si muovono in un clima di incertezza. Stavolta ci prova il ministro Carlo Nordio, che Meloni ha preferito a Elisabetta Casellati, spinta da Forza Italia. Percorsi in itinere: l’abolizione dell’abuso d’ufficio, chiesta a gran voce da tutti i sindaci, non priva però di problemi di costituzionalità. Una stretta garantista sulle intercettazioni e la loro pubblicazione, che vede divisioni all’interno della stessa maggioranza, con i dubbi di Fratelli d’Italia, che pure esprimono il ministro. La separazione delle carriere, che quasi certamente si farà perché condivisa dalla coalizione, ma pare più che altro una questione identitaria. Una partita lunga, anche questa volta, con il riproporsi dello scontro tra politica e magistratura.
L’occupazione e il welfare. Salari e natalità, è caccia a 10 miliardi
Lavoro, difesa del salario dall’inflazione, aiuti alle famiglie come volano per incentivare la natalità, che in Italia continua ogni anno ad avere il segno meno. Sono i punti chiave sui quali vuole misurarsi il governo nella prossima Finanziaria. Servono 10 miliardi solo per confermare il taglio del cuneo fiscale, poi ci sono gli asili nido, i sostegni alle mamme lavoratrici e un sistema fiscale che consenta di azzerare, almeno per le famiglie a reddito medio-basso, le spese per il mantenimento dei figli. Conferma dell’aumento dell’assegno unico universale, della riduzione dell’Iva al 5% sui prodotti di prima infanzia e di igiene femminile, del mese aggiuntivo di congedo parentale facoltativo all’80%.Non si vede all’orizzonte un intervento robusto sulla Sanità, che consenta di accorciare le liste di attesa. Tra i rischi, per fare cassa, la tentazione di tagliare l’indicizzazione degli assegni previdenziali, come già avvenuto in passato.
L’immigrazione. Sbarchi, banco di prova che traballa
È l’immigrazione il banco di prova più traballante del primo anno del governo. Gli sbarchi sono in continuo aumento, i naufraghi salvati dalle navi delle Ong sono una piccola parte di chi arriva in Italia. Lampedusa è sempre sul punto di esplodere, cresce il numero delle Regioni e dei Comuni che si oppongono ai ricollocamenti.E il tema è diventato anche terreno di scontro elettorale nella maggioranza, in vista delle Europee. Le nuove misure annunciate, anche indipendentemente dalle considerazioni umanitarie, sono di difficile attuazione. Sergio Mattarella avverte che il patto di Dublino è preistoria. Firmato nel 1990, ben prima delle grandi migrazioni, dice che la gestione spetta al Paese di primo approdo. L’Italia, certo, il Paese più esposto del Mediterraneo. Ma l’Europa, Germania e Francia per prime, continuano a pretenderne il rispetto, a dispetto degli impegni di facciata.
La sicurezza. Criminalità, la repressione non basta
Capitolo ostico, quello della sicurezza. Non c’è dubbio che sia un tema che sta in cima ai pensieri della maggioranza. Più difficile tradurre le intenzioni in risultati. A fronte della mancanza di fondi che consentano grandi investimenti per il risanamento e i controllo dei territori più disagiati ed esposti alla criminalità e al degrado, la linea che è prevalsa è quella delle repressione. In piccola parte contribuisce al controllo sociale delle condotte — non commetto reati per paura della punizione — ma il più delle volte si mostra inefficace. Il rischio è quello di intervenire solo sull’emergenza e sotto l’onda delle emozioni: la delinquenza minorile, gli stupri, i femminicidi. Che non si fermano solo con un aumento delle pene, magari per i genitori che non mandano i figli a scuola, o con i sequestri dei cellulari e limitazione dei social. Per ora ha funzionato solo, non senza dubbi, il blocco dei rave party.