19 Settembre 2024
ECONOMIA
Fonte: La Stampa
eco

Bruxelles: mancano 9 miliardi. Ma la Commissione non boccia la richiesta di far slittare gli obiettivi deficit/Pil. C’è l’invito per nuove misure di bilancio. Migliore gestione dei fondi e modifica del carico fiscale fra le raccomandazioni

La buona notizia è che, all’ultimo momento, è saltata la secca bocciatura dei tempi supplementari per correggere il debito chiesto dall’Italia all’Europa. Quella cattiva è che le raccomandazioni che la Commissione propone di dare a Roma chiedono di «rinforzare le misure di bilancio per il 2014 alla luce del gap che emerge nei confronti degli obiettivi di riduzione del debito». Con un tocco amaro in più: «considerando», sottolineano, che servono «sforzi aggiuntivi» per correggere la deviazione dagli obiettivi di equilibrio, 0,6 punti di Pil, dunque 9 miliardi di euro. In sintesi vuol dire che l’Italia è lontana dal traguardo, ma anche che la partita si può ancora giocare. Fosse passata la prima stesura, sarebbe stata tragicamente chiusa. «È necessario garantire una migliore gestione dei fondi Ue con un’azione risoluta di miglioramento della capacità di amministrazione, della trasparenza, della valutazione e del controllo di qualità a livello regionale specialmente nelle Regioni del Mezzogiorno», è una delle indicazioni in particolare contenute nel rapporto. «L’Italia – si legge ancora nelle raccomandazioni – deve trasferire ulteriormente il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi, ai beni immobili e all’ambiente, nel rispetto degli obiettivi di bilancio». Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan commenta con un tweet: «Commissione Ue apprezza riforme italiane». E sul debito non si tira indietro: «E’ alto, lo sapevamo: acceleriamo riforme e privatizzazioni per ridurlo in modo sostenibile».

Il commissario Ue agli affari economici Olli Rehn tiene però a sottolineare che «rinviare il raggiungimento degli obiettivi di medio termine non pone l’Italia in una buona posizione nei confronti delle regole che ha sottoscritto». Rehn ha poi ricordato che l’Italia ha inserito anche nella Costituzione l’obbligo di pareggio di bilancio. «Per questo è fondamentale – ha aggiunto – affrontare il problema del debito pubblico altissimo lavorando su sforzi strutturali adeguati». E sulla richiesta del premier Renzi di rivedere il funzionamento dell’Ue sui conti pubblici Rehn difende la governance economica, che «funziona e dà risultati», nonostante la «procedura piuttosto complicata». Ma, aggiunge, sarà un compito del prossimo commissario Ue «la sua semplificazione». Per questo, sostiene il commissario, servirà il «contributo di tutti, incluso del premier Renzi».

Nelle sue raccomandazioni la Commissione Ue invita poi a rafforzare il sistema bancario, «garantendone la capacità di gestire e liquidare le attività deteriorate per rinvigorire l’erogazione di prestiti all’economia reale; promuovere l’accesso delle imprese, soprattutto di quelle di piccole e medie dimensioni, ai finanziamenti non bancari; continuare a promuovere e monitorare pratiche efficienti di governo societario in tutto il settore bancario, con particolare attenzione alle grandi banche cooperative (banche popolari) e alle fondazioni, al fine di migliorare l’efficacia dell’intermediazione finanziaria».

Il primo ammonimento dell’Ue riguarda il 2015: «Il raggiungimento degli obiettivi di bilancio non è totalmente suffragato da misure sufficientemente dettagliate, soprattutto dal 2015». E si ribadisce l’appello a centrare i benchmark di riduzione del debito previsti dalla governance Ue. La valutazione politica offre invece un apprezzamento per il cantiere delle riforme aperto dall’Italia, la cui intensità però «va aumentata per sostenere la crescita e l’occupazione». C’è poi un incoraggiamento ad avanzare con fermezza sulla strada virtuosa tracciata dal governo, ma anche l’ammissione che i conti si fanno solo alla fine del gioco. Il successo politico alle europee del premier Renzi, si sottolinea, ha creato migliori condizioni di stabilità potenziale, eppure a Bruxelles resta il timore che in parlamento qualcosa possa andare storto. Certo si guarda a Roma con maggior ottimismo. Però le regole sono le regole.

Il dato di fatto è che l’Italia deve avere un pareggio di bilancio o quasi. In altre parole, il deficit strutturale (cioè al netto di congiuntura e una tantum) non deve superare lo 0,5% del Pil. La Commissione stima che si sia oltre l’1%, e che la frenata debba essere dello 0,7% del Pil, al posto dello 0,1 previsto a Roma, pena una procedura dolorosa per la nostra immagine di superdebitori. Il tutto deve avvenire mantenendo il deficit sotto il 3% del prodotto, cosa che si sta avverando, visto che secondo Bruxelles nel 2014 saremo allo 2,6%. Lo 0,4% di fabbisogno a nostro vantaggio potrebbe essere oggetto di una trattativa costruttiva per maggiori margini di spesa pro crescita.

Bruxelles torna poi a puntare il dito sulla trasparenza del mercato creditizio, sulla necessità di riequilibrare il carico fiscale sul lavoro (avviata), sul dramma occupazionale da contenere (con Jobs Act), sull’apertura incompleta dei mercati dei servizi (in particolare della pubblica amministrazione), sulla Giustizia civile ancora lenta e scoraggiante per gli investimenti, sulla lotta all’evasione da rafforzare ulteriormente, sul sistema scolastico che richiede maggior cura, sulle reti da sviluppare e l’autorità dei Trasporti da lanciare sul serio. Sono grosso modo le stesse cose dello scorso anno, la sintesi dei problemi di un Paese che non cresce da due decenni.

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