Fonte: La Stampa
di Marco Zatterin
Nelle casse degli Stati potrebbero entrare fino a 170 miliardi di euro in più. Molti beni avranno un’aliquota ridotta che non potrà scendere sotto il 5%
Cambiare l’Iva per sconfiggere l’evasione e per favorire i consumi più sociali. Dopo averci pensato a fondo, la Commissione europea ha pronto il piano per rivoluzionare in due anni l’imposta sul valore aggiunto, la più diffusa fra le tasse indirette, certo la più allegramente evasa. Ogni anno, stimano a Bruxelles, i ventotto Stati dell’Unione incassano 170 miliardi di Iva in meno rispetto al potenziale, un terzo dei quali si brucia con le frodi transfrontaliere. Soldi rubati all’erario, dunque ai cittadini. Per i quali si apre la possibilità di avere un maggior numero di beni ad aliquota ridotta o azzerata, visto che Bruxelles intende consentire alle capitali di decidere da sole se tagliare il peso del fisco su alcuni beni di prima necessità, chiedendo il parere ai partner, ma senza dover rispettare rigidi elenchi preconfezionati.
Il pacchetto Iva, preparato dai servizi del commissario Pier Moscovici, è concluso e sarà sottoposto al voto del collegio di Bruxelles fra una settimana. Il testo della comunicazione, visto da La Stampa, parla della creazione del sistema «definitivo dell’Iva». Oggi, una società belga vende un prodotto ad una italiana in esenzione di imposta, come prevedono le regole sul commercio transfrontaliero. Questo passeggio consente alle aziende desiderose di far sparire l’imposta. Nel nuovo sistema anche le cessioni da un Paese all’altro saranno oggetto di Iva, in modo che il percorso fiscale sia tracciabile in permanenza. L’intenzione della Commissione è quella di mantenere una aliquota minima per ogni Paese al 15%. Il resto delle regole – che sovrintendono un gettito che vale quasi un trilioni di euro, cioè il 7% del Pil comunitario – saranno semplificate e modernizzate. C’è anche il disegno di affrontare il nodo delle aliquote differenti per i prodotti simili, ad esempio i libri di carta e quelli digitali perché «non riflettono le realtà d’oggi». Qui entra in gioco l’imposta ridotta, che non deve andare sotto il 5%.
Attualmente esistono elenchi precisi per i beni assoggettabili alla tassazione più contenuta, generi sui quali c’è stata spesso battaglia. Si ricorda quella per la cosiddetta tassa sugli assorbenti femminili che nel Regno Unito, e poi anche in Italia, si voleva eliminare. Nel nuovo contesto disegnato dalla Commissione ogni Paese potrebbe scegliere su quali prodotti applicare l’imposta ridotta o addirittura annullata, previo il consenso dei partner europei e il rispetto di un elenco di beni proibiti che si immaginano «di lusso». Varrebbe anche la regola che se uno Stato ha l’aliquota ridotta su un particolare genere, allora gli altri possono automaticamente adottarla. Sarebbe il caso dei Tampax irlandesi che non pagano imposta e che potrebbero essere apripista per una liberalizzazione generalizzata, sebbene non priva di costi per i ministri delle Finanze.
Il pacchetto della Commissione punta anche a semplificare gli adempimenti che rappresentano un costo competitivo rilevante. Per questo Bruxelles immagina che, nel nuovo sistema, tutti i commerciati transfrontalieri avranno modo di chiudere i loro dossier Iva attraverso un portale Internet costruito dal loro sistema fiscale. Lo stesso portale permetterà di raccogliere l’Iva nel Paese dove avviene la vendita e trasferirla laddove le merci sono consumate. I testi legislativi saranno proposti nel giro di un anno abbondante. Entrata in vigore della rivoluzione Iva a partire da fine 2018. O almeno così sperano a Bruxelles.