19 Settembre 2024

Fonte: La Repubblica

economia

di Giuliano Balestreri

Nei giudizi sugli squilibri macroeconomici, Bruxelles ha rilevato l’elevato debito pubblico, ma per il momento non sarà aperta alcuna procedura d’infrazione. Nel mirino anche Bulgaria, Croazia, Francia e Portogallo. Il ministro dell’Economia: “Dobbiamo definire con la Commissione il quadro di finanza pubblica e di politiche per la crescita per il 2016. Stiamo dialogando bene”. Sotto osservazione anche la Germania

 

L’Italia si salva sul filo del rasoio: gli squilibri macroeconomici restano “eccessivi” – come quelli di Bulgaria, Croazia, Francia e Portogallo – ma per il momento non fanno scattare alcuna procedura con richiesta di correzione. Prima di intervenire la Commissione europea vuole capire come l’Italia risolverà i problemi legati all’alto debito in rapporto al Pil, la bassa competitività, le sofferenze bancarie e la disoccupazione. E, senza risposte adeguate, a maggio potrebbe scattare la procedura d’infrazione: “L’Italia deve continuare lo sforzo in corso sulle riforme perché può esser messa nel ‘braccio correttivo’ della procedura di squilibri in qualunque momento” ha detto senza mezza termini il vice presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis. In questo senso sarà decisivo il piano di riforme che arriverà dopo la presentazione delle legge di Stabilità. Nei suoi giudizi sugli squilibri, la Commissione Ue precisa che l’Italia non ha raggiunto l’obiettivo di medio termine del pareggio strutturale di bilancio e che deve ridurre il debito.
No alla procedura d’infrazione. Il documento di Bruxelles, però, non preoccupa il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan che al termine dell’Ecofin ha detto: “Non mi sembra che il punto sia che ci chiedono qualcosa in più. Il punto è che dobbiamo definire con la Commissione il quadro di finanza pubblica e di politiche per la crescita per il 2016, e questo in quanto, come ben noto, la Commissione deve sciogliere il nodo della flessibilità addizionale. Stiamo dialogando molto bene”.
I giudizi di Bruxelles arrivano all’indomani dell’Eurogruppo che aveva puntanto il dito proprio contro i rischi che i conti italiani si allontanino dal seminato, mentre in mattinata alle stesse conclusioni era arrivato l’Ecofin: “Per un certo numero di Paesi, l’alto debito o un aumento dei livelli del debito pubblico continua a costituire una importante fonte di vulnerabilità che può generare rischi di bilancio se l’instabilità sui mercati finanziari dovesse aumentare”.
E sulla stessa falsariga dei ministri finanziari, si è mossa la Commissione europea ricordando che “l’alto debito e la protratta debole produttività implica rischi per il futuro, con rilevanza transnazionale”. Inoltre, in riferimento all’Italia, “la lenta risoluzione delle sofferenza bancarie pesa sui bilanci delle banche e l’alta disoccupazione a lungo termine sulle prospettive di crescita. La riduzione del debito richiederebbe avanzo primario e crescita sostenuta”.
Le riforme. Insomma, la Commissione europea non si accontenta delle promesse e chiede nuovi e concreti segnali concreti dal governo italiano. Soprattutto non vuole che venga interrotto il percorso riformista avviato. Ricordando positivamente che “sono state prese misure per riformare il mercato del lavoro, le istituzioni, per affrontare i crediti deteriorati, la p.a., giustizia ed istruzione”, l’Ue sottolinea che “restano dei ‘gap’ da colmare, specialmente su privatizzazioni, contrattazione collettiva, spending review, misure per aprire il mercato, fisco e lotta alla corruzione”.
Renzi. Per il momento, però, pare scongiurata una manovra bis di correzione ai conti. Parlando in attesa della lettera che arriverà da Bruxelles, il presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi ha ricordato che “da quando ci siamo noi ci sono state solo manovre per diminuire le tasse, non per aumentarle”. Poi ha smorzato le preoccupazioni per il documento di Bruxelles: “Quando l’opinione pubblica capirà che le richieste che vengono fatte puntualmente a tutti i Paesi non sono dichiarazioni di guerra, sarà un fatto positivo”.
Germania nel mirino. Nel mirino della Commissione europea sono finiti anche gli squilibri di Finlandia, Germania, Irlanda, Olanda, Spagna, Svezia e Slovenia. Austria ed Estonia, che l’anno scorso erano state sottoposte ad analisi approfondita, hanno superato l’esame e non presentano squilibri macroeconomici, come Belgio, Ungheria, Romania e Regno Unito. La novità del 2016 è che nei confronti di tutti i Paesi sotto esame verrà rafforzata la sorveglianza delle loro risposte alla situazione di squilibrio, intensificando il dialogo tra Bruxelles e la autorità nazionali. In questo quadro, per la prima volta, anche la Germania si troverà sotto monitoraggio specifico: dopo i ripetuti richiami caduti nel vuoto, la Commissione infatti ha stabilito che Berlino l’enorme surplus della bilancia commerciale rappresenta uno squilibrio macroeconomico.
Fisco. Dall’Ecofin è arrivato un altro passetto in avanti nella lotta all’elusione fiscale, che si basa sulle regole dettate dall’Ocse in tema di tassazione, multinazionali e accordi con le autorità fiscali. Si tratta di un accordo politico e di principio sullo scambio automatico di informazioni fiscali delle aziende multinazionali, conosciuto come “country-by-country reporting”. Solo la Gran Bretagna, d’accordo con il testo, non ha potuto firmare perché aspetta il via libera del Parlamento che dovrebbe comunque essere scontato. Le nuove regole si applicano alle multinazionali che operano in più Paesi Ue, e prevede che tutti gli stati membri abbiano le informazioni necessarie per affrontare con efficacia le aziende che cercano di eludere il Fisco spostando profitti o sfruttando le diverse legislazioni. Si tratta di un via libera a un provvedimento che la Commissione aveva inserito in un più ampio pacchetto di contrasto all’elusione, che per la sola Eurozona vale tra i 50 e i 70 miliardi l’anno, presentato a inizio anno.
Saranno chiamate a riportare i dati Paese per Paese le multinazionali con almeno 750 milioni di fatturato. Un limite criticato dagli attivisti della trasparenza, ma l’Ecofin ritiene che così cada nella rete dell’obbligo il 90% del gettito dalle aziende. A questa critica, la Financial Transparency Coalition (che tra gli altri riunisce Transparency International e Oxfam), aggiunge il fatto che i dati saranno trasmessi solo alle autorità fiscali e non verranno realmente resi pubblici. “E’ un passo enorme verso la trasparenza fiscale. Lo scambio automatico di informazioni darà alle autorità nazionali i dati giusti per combattere la pianificazione fiscale aggressiva”, ha detto in ogni caso il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici. A metà aprile si prevede la definizione degli interventi concreti da parte della stessa Commissione e la rendicontazione fiscale dettagliata dovrebbe avvenire già dall’esercizio 2016.

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